Governo
Avanti, spiegateci la maternità
Con 185 sì, 115 no e 4 astenuti, i deputati della maggioranza hanno votato la fiducia che ha blindato il decreto Pnrr in cui è contenuto l’emendamento di Fd’I che apre la strada ai gruppi pro-life nei consultori. In attesa che il testo passi in Senato e venga approvato, si delinea la possibilità per i gruppi pro-vita o di “sostegno alla maternità” (mai che il soggetto di qualsivoglia sostegno siano le donne) di occupare spazi negli ospedali e nelle Asl e gestire fondi provenienti dal Pnrr.
Mentre nei dibattiti i deputati della destra si affannano a spiegare alle deputate che non hanno letto il testo della legge 194/78 e che non c’è nessun rischio che questa venga messa in discussione, la realtà è che la 194/78 è una legge che non ha mai trovato piena applicazione, con la conseguenza che le donne italiane sono soggetto di un diritto negato, il cui esercizio nei fatti è continuamente e violentemente ostacolato.
Con lo stesso zelo dei deputati che spiegano alle deputate in cosa consiste la legge, forse gli attivisti pro-vita vigileranno nelle loro stanzette dai colori pastello dei consultori e degli ospedali, impegnati strenuamente nello spiegare alle donne (che evidentemente non hanno capito) tutta la bellezza della maternità, donne che, chissà se per manifesta ignoranza, scarsità cognitiva o per superficialità, egoismo o altri vizi imperdonabili, vogliono colpevolmente ricorrere all’aborto. Le convinceranno sventolando i volantini con le foto dei feti morti o promettendo aiuti economici, oppure faranno leva sui loro sensi di colpa o sulla loro disperazione? Le inviteranno ad ascoltare il battito fetale o le faranno sentire parte di una felice comunità di persone che difendono i “diritti naturali” pronte ad accoglierle e a risolvere i loro problemi? Chissà in che modo potranno essere utili a quelle donne che, arrivate a compiere una scelta, sanno già tutto e di tutto hanno bisogno tranne che della polizia morale che vuole spiegare loro cosa significhi essere madri, ritenendole a conti fatti non in grado di intendere e di volere.
Ecco, invece di questo discorso paternalistico credo che sarebbe invece utile che ci venisse raccontato qualcos’altro, qualcosa di molto più concreto e prosaico, ovvero qual è lo scenario reale del diritto all’aborto in Italia. Mentre in Francia viene inserito nella Costituzione e il Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione non vincolante che prevede che il diritto all’aborto venga inserito nella Carta dei diritti fondamentali dell’Ue, l’Italia sceglie una strada in aperta antitesi con le direttive europee e l’OMS, attestandosi tra i paesi di retroguardia nel panorama dell’Unione.
Nel comunicato del Parlamento Europeo, si legge anche “I deputati condannano il fatto che, in alcuni Stati membri, l’aborto sia negato dai medici, e in alcuni casi da intere istituzioni mediche, sulla base di una clausola di “coscienza”, spesso in situazioni in cui un eventuale ritardo metterà in pericolo la vita o la salute del paziente. In particolare, il Parlamento sottolinea che in Italia l’accesso all’assistenza all’aborto sta subendo erosioni, e che un’ampia maggioranza di medici si dichiara obiettore di coscienza, cosa che rende estremamente difficile de facto l’assistenza all’aborto in alcune regioni.”
A oggi, non sono disponibili dati chiari riguardanti l’obiezione di coscienza: la relazione pubblicata dal Ministero nel 2022 contiene dati aggregati risalenti al 2020 i cui si riporta un totale di 64,6% di ginecologi obiettori, il 44,6% di anestesisti e il 36,2% del personale non medico. Non ci sono dati chiari sulle singole strutture ospedaliere, né su dove sia possibile abortire medicalmente o dopo il terzo mese, né si può sapere quanti e dove siano i medici obiettori. Inoltre, non esiste un osservatorio permanente che monitori la situazione nazionale. L’indagine Mai dati del 2021, realizzata da Chiara Lalli e Sonia Montegiove per l’Associazione Luca Coscioni, sopperisce a questa grave lacuna ed è la fonte più utile per avere una fotografia della situazione attuale: per quanto non completa (ma in aggiornamento) fornisce informazioni importanti sugli ospedali nazionali dove ad esempio gli obiettori sono il 100% del personale sanitario (22 ospedali e 4 consultori) e quelli dove la percentuale dei medici obiettori supera l’80% (46), con casi tragici come quello del Molise dove è attivo un solo medico non obiettore a tempo pieno e uno a tempo parziale in tutta la regione.
Chiunque abbia fatto un’esperienza che riguarda l’interruzione di gravidanza sa qual è l’impatto reale, pesantissimo dell’obiezione di coscienza sul servizio sanitario nazionale e quanto sia fondamentale avere informazioni chiare e assistenza sanitaria adeguata nel percorso di scelta verso l’igv, mentre ciò che avviene ogni giorno è che l’autonomia decisionale delle donne viene sistematicamente ostacolata, con conseguenze gravi riguardo alla salute riproduttiva e ricadute più ampie che affliggono il raggiungimento di una reale parità di genere.
Nel romanzo “L’evento”, Annie Ernaux racconta l’esperienza lacerante di un aborto clandestino, vissuto nel 1963. Nelle pagine prive di enfasi, in cui rievoca il dolore fisico e psichico di una studentessa che scopre di essere incinta e deve ricorrere all’aiuto di una donna che pratica aborti clandestini, a un certo punto scrive:
“quelle donne, mai incontrate, morte o vive, reali o immaginarie, con le quali, malgrado tutte le differenze, sento di avere qualcosa in comune. Formano in me una catena invisibile in cui stanno fianco a fianco artiste, scrittrici, eroine dei romanzi, donne della mia infanzia. Ho l’impressione che la mia storia sia in loro.”
Assistendo ai sistematici attacchi al diritto all’aborto penso ancora una volta che la storia di tutte le donne sia la mia e che la mia storia sia in loro. E che non ci servono spiegazioni inutili, non ci sono mai servite. Parlare dei fatti, pubblicare i numeri, demolire il meccanismo che porta i medici non obiettori a non fare carriera (lo spiega bene Annalisa Camilli qui), dare le mappe con gli ospedali e i consultori dove è possibile praticare l’ivg senza perdere tempo prezioso e senza subire ostracismi. Questo è quello che ci serve, insieme al pieno rispetto dei nostri diritti e alla possibilità di autodeterminarci. Tutto il resto è propaganda fatta sul corpo delle donne.
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