Questioni di genere
Amati follemente violando taboo e pregiudizi
Quarant’anni che ti amo e non è finita qui. (Georges Wolinski)
Una frase che è preludio di una promessa, a volte di una minaccia.
Il 25 Novembre ricorre la Giornata Internazionale per il contrasto e la lotta contro la violenza sulle donne. L’emersione crescente del fenomeno, la media di una vittima ogni tre giorni trasversale sia per ceto sociale, età, livello di istruzione che riguarda sia italiane sia straniere, rende sempre più urgente la promozione di iniziative di sensibilizzazione sul problema che deve investire tanto le donne, per convincerle che l’atto della denuncia equivale al riscatto della dignità femminile, che gli uomini perché comprendano che il valore della vita umana va sempre tutelata.
Donne sopraffatte, abusate, violate, colpite, tramortite, straziate senza alcun ritegno nel corpo e nell’anima, salme putride su cui il freddo e altri agenti atmosferici hanno agito talvolta in concomitanza con animali selvatici. Corpi carbonizzati, donne tizzone che bruciano eppure ardono di vita, alla ricerca di un riscatto, di una giustizia che si traduca in pene severe affinché possano scegliere di rifiutare le avances di un uomo non gradito, anche se l’uomo in questione è stato il loro fidanzato o se è ancora, secondo la legge, il padre dei propri figli. Le aggressioni attraverso gli acidi, inoltre, cambia loro identità, obbligandole ad accettare un volto nuovo che parla di sofferenze che non possono essere zittite perché hanno deturpato lo strato più vulnerabile, quello che le pone per primo in contatto con il mondo.
Gessica Notaro, l’ex reginetta di bellezza aveva partecipato a Miss Italia dopo essere stata incoronata Miss Romagna. Lucia Annibali avvocato di Urbino, quando viene aggredita sul pianerottolo di casa da un uomo incappucciato che le getta addosso dell’acido solforico, aveva 35 anni. Lesioni al collo e al viso, rischio di perdere la vista, diversi interventi chirurgici di ricostruzione a cui sottoporsi, questo è stato l’atroce destino che ha accomunato anche queste due donne. Senza poi dimenticare le tante piccole Yara Gambirasio morte di sevizie e di freddo.
Di fatti come questi l’attualità italiana è scandalosamente satura. Storie atroci, che in comune hanno la brutalità di padri, mariti, compagni, killer, mentitori. Assassini. Le donne non sono bambole, non si ricostruiscono defraudate dei loro prezzi, così come l’amore non è orrore, possesso, dominio.
Per contro mi piacerebbe definire cos’è l’amore, ma sarebbe impresa ardua perché ognuno ne ha un’idea propria. Il denominatore comune che non può né deve prescindere dal sentimento dell’amore, però, è il rispetto, la cura, la comprensione, l’affetto.
A tale proposito, contro le barbarie di un sentimento che altro non è che la negazione dell’amore, mi viene in mente quanto Maryse, vedova di Georges Wolinski tra le vittime della strage di Charlie Hebdo, racconta di suo marito: ogni giorno della sua vita, per 47 anni, le ricordava quanto la amasse con un gesto semplice ma commovente. Messaggi tenerissimi che consegnava ai suoi post-it attaccati negli angoli della casa e con i quali lei ha tappezzato, poi, i muri delle stanze che li hanno visti in scene di tenera intimità familiare.
Mi piace allora ricordare cosa vuol dire l’amore rifacendomi proprio a Georges Wolinski e ho immaginato un suo ultimo disegno lasciato alla moglie insieme a una poesia che avrebbe trascritto su un post-it più lungo del solito. Magari l’avrebbe attaccata alla cornice di una vecchia foto e avrebbe provato anche a recitarla. Chissà come l’avrebbe recitata Georges Wolinski, sicuramente col suo humor che gli consentiva di dissimulare la sua delicata costanza amorosa. Sicuramente l’avrebbe declamata col cuore.
Oltremai
Oltremai ti ho amata
quando mi hai consentito di esplorare terre e mondi sconosciuti
che mi risiedevano dentro,
quando mi hai accompagnato
in maniera libera, affrancato da tempo e spazio,
con le tue narrazioni che sono divenute vivide immagini di noi.
Oltremai ti ho amata quando nella fonte eri immersa,
nascosta nel mistero di un giardino che ho scoperto,
ti ho amata fusa col paesaggio
mentre il fogliame ti ornava la chioma,
quando imprevedibile come carezza hai pronunciato il mio nome.
Oltremai ti ho amata quando con racconti muti
mi parlavi in mille idiomi.
Occorre costanza per affinare il silenzio
un buon pretesto per affilarlo
per riportare in memoria lo stupore.
Oltremai ti ho amata
oltremai il reale amai
dove coincidenze e sguardi confusi
come scintille si innescano,
incontrandosi.
Quarant’anni che ti amo e non è finita qui.
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