Questione islamica
Quei colpi ad Al Qaeda che fanno piacere all’Isis
Mentre il leader di al Qaeda in Siria (Jabhat al-Nusra), Abu Mohammad al-Golani, mostra un volto quasi moderato, la galassia qaedista ha contato due vittime eccellenti: Mokhtar Belmokhtar, il terrorista-contrabbandiere algerino ribattezzato “l’imprendibile” o anche Mr. Marlboro per i suoi traffici illeciti, compresi quelle di sigarette (da cui deriva il soprannome), e soprattutto il “nuovo Osama Bin Laden”, lo yemenita Nasir al-Wuhayshi, leader di Aqap (la branca qaedista che opera nella Penisola araba) considerato alla stregua di un direttore generale” di al Qaeda e destinato a diventare l’erede di Ayman al-Zawahiri, attuale numero uno dl Al Qaeda.
Il suo obiettivo era quello di accrescere la rivalità con l’Isis, di cui non vengono condivisi i metodi di proclamazione del Califfato, avvenuta in maniera autoritaria e senza la consultazione con i leader religiosi. Lo scorso dicembre, attraverso un portavoce, fece smentire l’ipotesi di alleanza tra le due organizzazioni. Al massimo ci sarebbe stata una tregua.
Nasir al-Wuhayshi, dopo esser stato “il segretario” di Bin Laden prima dell’11 settembre 2001, aveva stabilito la sua base operativa nel suo Paese natio, lo Yemen, scosso da una complessa guerra civile che vede varie fazioni in campo, ma sostanzialmente contrappone gli sciit Houthi, sostenuti informalmente dall’Iran, e i sunniti del governo deposto, appoggiati ufficialmente dall’Arabia Saudita. In questo scontro, il numero uno di Aqap puntava ad ampliare il ruolo della sua rete terroristica, sfruttando la sua abilità a reclutare miliziani e a gestire le finanze dell’organizzazione.
Per questi motivi era ritenuto una sorta di manager ideale per il network terrorista. Un direttore generale, appunto. E in tal modo avrebbe evitato l’infiltrazione delle bandiere dell’Isis in Yemen, attendendo con pazienza il passaggio di consegne con il medico egiziano al-Zawahiri, rifugiato nelle zone tribali del Waziristan, tra Pakistan e Afghanistan. Un’investitura da leader in continuità con “il verbo” di Osama Bin Laden, più attento a colpire il “demonio occidentale” che a conquistare territorio, come invece preferisce fare l’Isis per ricostituire un Califfato in grado di unire in un’unica entità i musulmani di tutto il mondo.
Così, quasi senza volerlo, gli Stati Uniti hanno eliminato la “concorrenza interna” dell’autoproclamato Califfo Ibrahim, meglio noto come Abu Bakr al-Baghdadi. Che invece non teme l’uccisione dei suoi vice: la struttura di miliziani è talmente rodata che continua a combattere su più fronti, riportando anche vittorie importanti.
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