Questione islamica
Perché il terrorismo che arriva dall’Africa dovrebbe spaventarci di più
Non è per diffondere il panico, che servirebbe a poco. Ma è sorprendente come gli attentati in Costa d’Avorio, che hanno seguito una tecnica uguale alla strage di Sousse in Tunisia, non abbiano destato molto preoccupazione, nemmeno sui mezzi di comunicazione tradizionali. Inutile evocare il Je Suis Charlie o altre iniziative social mediatiche per manifestare la vicinanza a una tragedia. E il deficit di attenzione consolida una riflessione: un attentato, che non sia a “marchio Isis”, non è ritenuto ugualmente importante. Anche se colpisce un Paese che finora era rimasto immune dall’ondata jihadista. Come se la minaccia provenisse solo dallo spauracchio Abu Bakr al-Baghdadi e non da altre figure come Abdelmalek Droukdel o Mokhtar Belmokhtar.
Eppure i fatti sono più di un campanello di allarme. Un commando di uomini armati che arriva da mare, a Grand Bassam in Costa d’Avorio, per fare strage di turisti. Il bilancio è stato di 16 morti, tra cui due militari intervenuti sul posto per bloccare gli attentatori. Andando oltre la dolorosa cronaca, resta un dato: il terrorismo si sta propagando in Africa, dove può trovare il proprio humus. Gli attentati sono avvenuti prima in Mali, storica roccaforte per i miliziani legati in vario modo ad Al Qaeda, e poi in Burkina Faso, già scosso tra uno scontro politico interno molto forte che ha portato al rovesciamento di Blaise Compaoré e a una fase di assestamento, ma che finora non era stato interessato da azioni estremistiche. Adesso è toccato alla Costa d’Avorio, che a sua volta stava lentamente uscendo dall’instabilità che nell’ultimo decennio hanno messo a dura prova la tenuta del Paese. E in tale quadro l’attacco islamista rischia di alimentare nuove tensioni tra il nord a maggioranza musulmana e il sud per lo più abitato da cristiani.
L’escalation degli ultimi mesi conferma quindi un consolidamento delle formazioni jihadiste. Benché nel caso specifico l’azione sanguinosa sia stata realizzata da Al Qaeda nel Maghreb (Aqim), la branca africana dell’organizzazione fondata da Osama Bin Laden, guidata da Abdelmalek Droukdel, che di recente ha stipulato un’alleanza con il gruppo al-Mourabitounm comandato dal suo ex rivale, l’imprendibile Mokhtar Belmokhtar, più volte dato per morto. E che invece riesce a gestire traffici illeciti per finanziare operazioni terroristiche, visto che – secondo le prime informazioni – l’attacco a Grand Bassam è stato realizzato da alcuni suoi uomini.
Insomma, mentre l’attenzione occidentale è concentrata sull’Isis, Al Qaeda dimostra di essere ancora capace di spargere sangue, proseguendo nel reclutamento di nuovo combattenti, grazie all’immenso bacino del Sahel di cui dispone. La minaccia islamista, come evidenziano anche numerosi analisti, non giunge solo dal Medioriente, ma – sarebbe il caso di dire – principalmente dall’Africa. Perché oltre a Boko Haram in Nigeria e gli Shabaab in Somalia, ci sono altre sigle che si rafforzano, come Aqim. E possono avere anche un gioco relativamente facile infilandosi tra le pieghe delle tensioni interne di Paesi già instabili da tempo. Costruendo un trampolino di lancio per il consolidamento delle strutture terroristiche, da cui usare per la pianificazione di attentati contro i civili. E anche contro l’Occidente.
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