Questione islamica

Parigi ci ha ricordato che non abbiamo più la certezza della serenità

14 Novembre 2015

Non ci sono parole per raccontare, ma aggettivi per descrivere. La notte del 13 novembre 2015 va ricordata, punto. Perché è un’azione giusta. Perché è necessario rispettare la morte e dare peso alla vita. Ricordare è doveroso, fuori dalla retorica e dai sofismi.

Ci hanno avvertito, di nuovo. Ancora una volta con le bombe e i proiettili dei kalashnikov. Ci hanno detto che il mondo è cambiato e lo hanno fatto con le raffiche dei fucili e con le onde d’urto dei kamikaze. La lezione del terrore è stata ripetuta, questa volta nella notte di Parigi. Il concetto è chiaro: i punti di vista e l’ordine di misura con cui si valutava il terrore non sono più gli stessi. Apriamo gli occhi -e se qualcuno lo fa ancora, smetta di fingere-. Tutto quello che ci ostiniamo ancora a chiamare  civiltà è crollato l’11 settembre, insieme alle Torri Gemelle. Simbolo dell’America e del suo sogno di rivalsa, ma in fondo dell’Occidente, della sua voglia di emularla e di tutto quello che ne faceva parte.

SGOMENTO E TURBAMENTO

Un messaggio ti avverte e pensi sia solo un isolato fatto di cronaca, come tanti che succedono, ogni ora, ogni giorno, in ogni parte del mondo. Poi apri il giornale e ti accorgi che è qualcosa di più. Il delirio è in atto, l’orrore in scena. Morti, feriti, esecuzioni, spari, ma soprattutto notizie che si rincorrono su tutti i canali che ci siamo inventati nel delirio di sapere. Eccovi serviti, prego, il terrore è in diretta mondiale. E dall’altra parte del mondo fanno lo stesso, il loro punto di vista è diverso però: “In fiamme Parigi”– scrivono- mentre noi qui “preghiamo per Parigi”. Ma noi chi? Quelli dell’Occidente? O quelli della pace?

Sgomento e turbamento si affiancano in una corsa parallela, alla stessa velocità dei tweet dei testimoni, delle rettifiche e degli aggiornamenti delle agenzie di stampa e degli status su Facebook, che non sono mai abbastanza nelle messe in scena del terrore.

PREOCCUPAZIONE E PAURA

Che fine ha fatto l’umanità? Dove si è andato a nascondere il senso di civiltà che cerchiamo di guadagnarci a fatica tutti i santi giorni. Tutto quello che chiamiamo tolleranza è solo un pretesto per dormire sereni, pensando che non succederà più nulla, oppure esiste e la stiamo conquistando davvero? Civiltà e tolleranza sono indirettamente proporzionali al tempo che avanza. Ogni decade indietreggiamo, come specie, come cultura, con le ideologie e rasentiamo nuovamente le stesse da cui siamo partiti. All’epoca però lottavamo per tenere acceso il fuoco, nelle caverne.

E’ la guerra signori, è il terrore gente. E non è solo l’Isis o i terroristi,  è questo maledetto status quo della supremazia, della pace che si conquista con la sete di vendetta. Preoccupazione per quello che sarà, che potrebbe essere. Paura che tutto questo non cambi o che non sia sufficiente, paura che non si riuscirà mai a trovare una soluzione.

SMEMORATEZZA E ILLUSIONE

E nel flusso interminabile delle notizie, che fine farà questa? Non ne possiamo più, stiamo collezionando simboli, metafore, immagini, che ormai ingombrano l’immaginario collettivo così tanto che non c’è più posto per niente. E di questa notte cosa ne sarà. E delle ore in cui Parigi ha tremato per aver perso la certezza della serenità? Perché in fondo è questo che abbiamo paura ad ammettere, la morale imparata l’altra notte è semplice. Stiamo perdendo la tranquillità, che a tarda sera vogliamo solo goderci come banali persone che vivono il quotidiano, dopo aver tirato avanti un altro giorno. La scorsa notte i parigini, gli occidentali, gli uomini e le donne qualunque, si sono accorti che quella latente speranza che tutto vada per il verso giusto, probabilmente non esiste più o non è mai esistita.

Ma, chi vuole sperare, lo faccia pure.

 

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