Medio Oriente

Le speranze di pace in Siria? Sono nelle mani di Al Qaeda

11 Dicembre 2015

C’è Al Qaeda che provoca ulteriore instabilità nello Yemen. E sostanzialmente non c’è nulla di nuovo. Ma al mondo esiste anche una Al Qaeda che diventa un ipotetico alleato, in ottica anti-Isis, nella guerra in Siria, trasformandosi addirittura in un possibile strumento per siglare la pace tra le varie fazioni in guerra, perché in grado di rappresentare l’ala più religiosa. Certo, prima di tracciare un bilancio occorre comprendere effettivamente l’approccio di Jabhat (Fronte) al Nusra, da sempre nota come l’emanazione qaedista sul territorio siriano. Tuttavia, già da mesi è in corso una mutazione genetica con la maggiore indipendenza dalla centrale, comandata dall’erede di Osama Bin Laden, Ayman al Zawahiri. Una netta testimonianza di questo procedimento in atto arriva dalla formazione dell’alleanza Jaish al-Fatah, l’Esercito della Conquista, che ha unito in Siria varie sigle islamiste – tra cui le fazioni riconducibili ai Fratelli Musulmani – avversarie sul campo dell’Isis.

Il leader del gruppo, Abu Mohamed al Julani (o al-Golani), si è fatto intervistare da alcuni giornalisti arabi in una sorta di conferenza stampa organizzata per raccontare il progetto della organizzazione che guida. Un gesto inedito per uno dei capi del terrorismo jihadista, a cui appartiene il Fronte al Nusra. E del resto non è la prima volta che al Julani si rivolge ai media tradizionali, senza affidarsi ai canali legati all’estremismo islamico come per esempio continua a fare l’Isis, che ha addirittura costruito un proprio network di comunicazione. In passato aveva dichiarato di non voler colpire obiettivi occidentali, non esattamente la linea propugnata da al Zawahiri.

Da al Julani arriva quello che sembra essere un percorso di “normalizzazione” politica, tanto che da settimane è stato ipotizzato l’annuncio della rottura del legame con la struttura di Al Qaeda, anche alla luce del particolare contesto della Siria. Almeno fino a ora, però, non c’è stata alcuna conferma diretta della fine del patto che lega Jabhat al Nusra all’erede di Bin Laden.

Il processo di rebdranding, come lo ha definito Mehdi Hasan in un articolo pubblicato sul sito di Al Jazeera, è comunque in corso da qualche mese. Con un volto “più moderato”, o comunque concentrato sul duplice obiettivo dei qaedisti in Siria: l’abbattimento del regime di Bashar Assad e lo stop all’avanzata dei miliziani che combattono in nome dell’autoproclamato Califfo Abu Bakr al Baghdadi, nemico giurato di al Julani. Tuttavia, le affinità ideologiche con il gruppo Stato islamico sono molteplici, a cominciare dall’intolleranza verso le minoranze, come quella alawita del presidente siriano. Nel suo “vecchio” editoriale di giugno, Mehdi Hasan osserva che il leader del Fronte al Nusra:

Ha avvertito i membri della minoranza pro-Assad in Siria che sarebbero stati al sicuro dal fronte Nusra solo se abbandonano il regime, dopo aver giurato il pentimento delle loro azioni e, soprattutto, solo dopo il “ritorno alla vera fede islamica”.

Insomma, ci sono elementi che lasciano intuire un fatto: la metamorfosi potrebbe non essere reale, ma solo dettata dal pragmatismo e dall’obiettivo di raggiungere i propri risultati. Ed è lo stesso pragmatismo che potrebbe spingere l’Occidente a “credere” – magari senza dirlo troppo in giro – nell’Al Qaeda siriana per avvicinare almeno il processo di pace.

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