Questione islamica

L’attentato in Francia? Probabilmente non era un attentato

30 Giugno 2015

Il presunto attentato a Isère, in Francia, rischia di diventare un caso. Che mette in mostra i limiti del giornalismo e soprattutto espone il presidente Francois Hollande a una figuraccia, al pari del primo ministro Manuel Valls. Distratti da altre emergenze, come quella del default greco, sta passando sottotraccia un’altra notizia che non è del tutto secondaria: Yassin Sahli, l’uomo che ha decapitato il manager Hervé Cornara nello stabilimento Air Products, ha confessato di aver commesso il delitto per fini personali, ossia un litigio con il datore di lavoro unito a difficoltà familiari. Il suo non sarebbe stato attentato: il fatto non rientrerebbe nella casistica del terrorismo islamico, bensì in quella di notizie di cronaca nera.

La Procura sostiene il contrario e indaga su chi sia stato il destinatario del macabro selfie, fatto da Yassin Sahli, con la testa mozzata di Cornara. Insomma, restano ancora alcuni punti oscuri, ma sembrano ancora più fuori luogo le informazioni rilanciate subito dopo il fatto (vedi qui) additando l’Isis come mandante. Appare surreale che un’organizzazione terroristica compia un attentato senza rivendicarlo, anche solo per intestarsi l’azione di un “lupo solitario”. L’obiettivo del terrorismo, del resto, è proprio quello di diffondere la paura, seminando sangue, e sbandierare queste operazioni di morte. A distanza di giorni né l’Isis, né Al Qaeda né qualsiasi altra sigla jihadista ha sostenuto di aver ispirato l’attacco, a differenza di quanto avvenuto per l’attentato nella moschea in Kuwait e per la strage sulla spiaggia di Sousse, in Tunisia.

Peraltro, sembra ammainarsi sempre più anche quel “drappo nero” che era stato appeso ai cancelli della fabbrica e che alcuni giornali avevano interpretato come una firma dell’Isis. Pian piano, infatti, la bandiera è diventata un mistero, svuotandosi di significato. Nel quadro generale, poi, la notizia del presunto attentato è scivolata in secondo piano e sembra che nessuno abbia più interesse a sapere cosa sia realmente accaduto. Nell’immaginario collettivo è penetrata una credenza: è stato un attentato. O comunque un “mezzo” attentato, indipendentemente da quello che verrà accertato.

Il problema non attiene però solo al mondo del giornalismo. Anzi. Subito dopo la diffusione della notizia, il presidente Hollande e il primo ministro Valls hanno indicato con certezza la matrice islamista della tragedia. E, assolvendo in parte il sistema dell’informazione, hanno rappresentato una fonte autorevole: cosa c’è di più ‘affidabile’ di una dichiarazione pubblica delle massime autorità istituzionali?

Nel caso in cui dovesse ulteriormente prendere quota il movente personale, il numero uno dell’Eliseo e il capo del governo dovrebbero fornire qualche spiegazione. Beninteso, l’allarme terrorismo c’è ed è alto soprattutto in Francia, a prescindere dall’intento che ha mosso Yassin Sahli. Ma nemmeno è giusto parlare a cuor leggero su un fatto così drammatico, autorizzando il mondo a pensare che fosse terrorismo islamico; senza dimenticare le affermazioni che sono arrivate nel day after che hanno evocato lo scontro di civiltà. Suonerà strano, ma il terrorismo si combatte anche con la prudenza lessicale: i cittadini non devono essere spaventati a vanvera.

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