Questione islamica

La guerra proposta da Hollande è legittima?

17 Novembre 2015

Dopo quasi 150 anni dall’ultimo discorso a Camere riunite, il presidente della Repubblica Francese Francois Hollande ha dichiarato che la francia è entrata in guerra contro quello che vorrebbe essere uno stato ma non lo è: l‘Isis.

E infatti nelle scorse notti il Governo francese ha intensificato gli attacchi aerei in Siria, sganciando un totale di 16 bombe da 10 aerei cacciabombardieri che hanno distrutto un centro di comando e un campo di addestramento a Raqqa, considerata la capitale dello stato islamico. Secondo il ministro della Difesa francese, Jean-Yves Le Drian, i raid sono stati coordinati con le forze statunitensi e gli obbiettivi sono stati “identificati durante missioni di ricognizione effettuate precedentemente dalla Francia”.

Hollande dunque ha chiamato l’Europa, ed oggi con tutta probabilità gli risponderà l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune Federica Mogherini, ma intanto il Presidente francese ha fatto appello al comma 7 dell’articolo 42 del trattato costitutivo Ue (Trattato di Lisbona) che secondo le sue parole “prevede che quando uno Stato è aggredito tutti gli Stati membri devono apportare la loro solidarietà di fronte all’aggressione“.

Ma cosa dispone esattamente l’art.42?

Il comma 7 disciplina effettivamente l’ipotesi di un’aggressione armata contro uno stato Ue, prevedendo che “Qualora uno Stato membro subisca un’aggressione armata nel suo territorio, gli altri Stati membri sono tenuti a prestargli aiuto e assistenza con tutti i mezzi in loro possesso, in conformità dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite. Ciò non pregiudica il carattere specifico della politica di sicurezza e di difesa di taluni Stati membri.”

Da sottolineare è il riferimento al testo fondamentale dell’Onu, che all’art. 51 prevede la salvaguardia del diritto naturale di autotutela individuale o collettiva nel caso in cui abbia luogo un attacco armato contro uno stato membro delle Nazioni Unite, “fintantochè il Consiglio di Sicurezza non abbia preso le misure necessarie per mantenere la pace e la sicurezza internazionale. Le misure prese da Membri nell’ esercizio di questo diritto di autotutela sono immediatamente portate a conoscenza del Consiglio di Sicurezza e non pregiudicano in alcun modo il potere e il compito spettanti, secondo il presente Statuto, al Consiglio di Sicurezza, di intraprendere in qualsiasi momento quell’azione che esso ritenga necessaria per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale“.

L’articolo citato da Hollande si tratta di una parziale fotocopia dell’articolo 5 del trattato costitutivo della Nato, che impone ai membri dell’alleanza di rispondere con le armi se un paese membro viene attaccato militarmente. Ma se la ratio giuridica alla base può essere la stessa, la Nato è un’alleanza militare mentre l’Ue è entità politica non dotata di un esercito comune e, quasi sempre, nemmeno di una strategia di difesa comune. Ciò significa che al momento, il supporto che l’europa può dare alla francia si traduce in solidarietà.

La speranza francese è che la solidarietà si possa tramutare in forme operative più efficaci come una vera cooperazione tra le intelligence europee, ma molto dipenderà dal volere degli stati con più voce in capitolo nelle decisioni prese a Bruxelles. Il presidente francese però spera in qualcosa di più, e ieri nel discorso tenuto a Versailles lo ha detto forte e chiaro: serve un’unica e grande coalizione contro l’Isis, concetto peraltro espresso anche da Putin nei mesi scorsi, oltre che una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu che dia il segnale della comune volontà di intraprendere una guerra contro il terrorismo jihadista.

Con riferimento alle risoluzioni Onu, ne esistono già tre e sono operative da tempo: una sui foreign fighters, una sul commercio in nero del petrolio (col quale il Califfato si finanzia allegramente), una su qualsiasi tipo di operazione economica e finanziaria per bloccare i finanziamenti da parte di svariati paesi del Golfo e non solo. Forse, dato che tali risoluzioni sono state ampiamente disattese, sarebbe più opportuno richiedere la loro effettiva applicazione e non una quarta ulteriore risoluzione.

In quanto poi alla dichiarazione di guerra formale che Hollande ha compiuto ieri, appare evidente una contraddizione di fondo. Infatti  l’Isis non è uno stato, e così facendo sarebbe come riconoscere ad un gruppo di fondamentalisti criminali, la dignità e anche i diritti di cui godono i nemici in tempo di guerra grazie al diritto internazionale consuetudinario. Inoltre, lo scenario che potrebbe aprirsi esporrebbe tutto l’occidente a rischi non da poco: si tratterebbe di un intervento massiccio con forze occidentali, russe ed arabe che su mandato Onu distruggono qualsiasi entità riconducibile al Califfato esponendo tutti i paesi partecipanti all’alto rischio di doversi cimentare con la guerriglia jihadista sostenuta da tribù e clan, oltre che a potenziali nuovi attentati terroristici.

Nelle prossime ore capiremo se l’Eliseo deciderà di invocare l’articolo 5 del Trattato della Nato, che avrebbe il dovere di organizzare la difesa collettiva in risposta all’aggressione subita da un paese membro, oppure di optare per il diritto all’autodifesa sancito dalla Carta Onu, chiedere il via libera al Consiglio di Sicurezza e creare una coalizione militare sotto l’egida del Palazzo di Vetro. In entrambi i casi, la scelta spetta a lui. Il silenzio delle ultime ore suggerisce che una seria riflessione è ancora in corso.

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