Questione islamica

Islam in Italia

30 Marzo 2019
  • I dati e i numeri segnalano un crescente fenomeno di crescita di un nuovo pluralismo religioso in Italia negli ultimi anni. Una rappresentazione univoca e ideologica dell’Italia come paese cattolico non regge più.

Accanto alle tradizionali presenze storiche di ebrei, valdesi, luterani e o ortodossi e più recentemente pentecostali, testimoni di Geova, mormoni, induisti e buddisti, in virtù di processi migratori significativi, si sono sviluppate comunità di fede poco o nulla presenti in Italia, come musulmani o sikh.

Sui musulmani grava il pregiudizio semplificatorio che gli immigrati “sono tutti musulmani”.

I numeri dicono che all’inizio del 2018 su circa 5.141.000 stranieri residenti in Italia la maggioranza assoluta è di fede cristiana (2.706.000 persone, pari al 52% del totale), poco meno di un terzo è musulmano (1.683.000, 32,7% del totale).

Quasi 3 musulmani su 10 (28,9%) sono europei per la quasi totalità provenienti dall’area balcanica e centro orientale (albanesi e subito dopo moldavi e kossovari); per oltre la metà (52,7%) africani, soprattutto dell’area settentrionale (37,8%), con i marocchini a primeggiare, seguiti da egiziani e tunisini; per l’area orientale (13,6 %) predominano senegalesi e nigeriani; e per poco meno di un quinto (18,5%) asiatici, soprattutto del sub continente indiano (bangladesi e pakistani in special modo).

L’anomalia più vistosa di questa pluralità religiosa che avanza in Italia è l’assenza di un’iniziativa legislativa adeguata.

E’ ancora in vigore la legislazione di epoca fascista sui “culti ammessi” e ad una comunità così significativa come quella musulmana è negata quell’Intesa che, ai sensi dell’articolo 8 della Costituzione, rivendica da anni.

Alcune confessioni religiose di modesta entità numerica ne possiedono una e quella musulmana si vede impedito un riconoscimento istituzionale.

Destino condiviso per altro dalla chiesa ortodossa (circa 1,5 milioni di fedeli) perché solo la chiesa ortodossa greca possiede un’intesa, e dai sikh (alcune fonti stimano in almeno 70.000 i suoi praticanti).

Vari governi, e con maggiore incisività Renzi e Gentiloni, hanno cercato di ovviare a questa anomalia avviando alcuni negoziati e aprendo un tavolo di confronto con la comunità islamica in Italia, favorito e facilitato dal tavolo di consulenza e mediazione di un “Consiglio per il dialogo con l’Islam italiano”. L’obiettivo era quello di lavorare per lo sviluppo di un’intesa e di aprire una nuova stagione del diritto in materia di libertà religiosa in Italia.

Con l’arrivo del nuovo governo Conte questo processo si è interrotto. Una politica del dialogo tra istituzioni e comunità di fede è stato abbandonato.

La svolta patrocinata dal nuovo ministro degli interni, Matteo Salvini, a cascata ha prodotto anche un’interruzione della prassi più “locale” di tavoli interreligiosi istituiti presso i comuni e le prefetture per promuovere l’incontro, la conoscenza e possibilmente la cooperazione tra diverse comunità di fede.

Il rischio più evidente di questa svolta è la cancellazione dei risultati prodotti sul piano delle relazioni intra-islamiche. Le maggiori associazioni nazionali hanno sottoscritto un Patto per l’islam.

Nel nuovo quadro politico potrebbe prendere piede una diaspora islamica in associazioni prive di un vincolo formale tra loro, marcate da un individualismo operativo che impedisce il risultato di una rappresentanza unitaria della presenza musulmana in Italia. Fatto che decreterebbe la fine di una possibilità per il riconoscimento pieno dell’Islam italiano.

 

Dati e percentuali sono ricavati da: Centro studi e ricerche IDOS in partenariato con il Centro Studi Confronti, DOSSIER STATISTICO IMMIGRAZIONE 2018 (progetto sostenuto con i fondi dell’ 8 per mille della chiesa valdese).

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