Parigi
“Io, iraniana, sono ferita dall’Isis, non dalle vignette di Charlie Hebdo”
Riceviamo e volentieri pubblichiamo la lettera di una giovane iraniana, Sahar Kaghazi. Sahar rende in maniera piuttosto netta quale immagine della tragedia di Charlie Hebdo si sia diffusa in Iran, dove opinione pubblica e politici sembrano puntare il dito direttamente contro l’Isis.
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Sono musulmana e mi vergogno dell’Isis. O meglio, mi vergogno dell’Isis proprio perché sono musulmana. Vivo e studio in Italia da 2 anni, vengo dall’Iran, ma ormai ho paura anche a dirlo: perché essere musulmani oggi in Europa e Italia, per molti significa essere automaticamente dei terroristi dell’Isis o di Al Qaeda. Non sapendo che questi non sono solamente i nemici dell’Occidente, ma prima di tutto sono nemici dei musulmani e dell’Iran.
Sui giornali del mio paese, come nel resto del mondo, ieri non si parlava che dell’attentato al giornale satirico Charlie Hebdo. Nel condannare la strage, che “mina la libertà di pensiero”, si spiegava come nel 2011 proprio su Charlie Hebdo fosse comparsa una caricatura, ritenuta molto offensiva anche in Iran, del profeta Muhammad, per cui in tanti avevano da tempo giurato vendetta. E si raccontava, con grande preoccupazione, della vignetta su Al-Baghdadi il capo di Daesh (come nei paesi arabi viene chiamata l’Isis), alla base di questa violenza sanguinaria di oggi.
Sui siti della propaganda dell’Isis invece regnava aria di festa. Perché la Francia rappresenta un nemico per i guerriglieri dell’Isis per “il ruolo che ha avuto nella guerra contro i combattenti in nord Africa”, ma soprattutto perché era stata finalmente fatta giustizia nei confronti del profeta. “Allah akbar…Allah akbar…Allahom anzala alrob fi ghlubehem… va kaf an almoslemin sharurohom”. Al Dio che aveva guidato la mano dei terroristi si chiedeva una cosa semplice: “Di mettere orrore nella loro anima (dei giornalisti uccisi) e porre fine al dolore che infliggono ai musulmani’’. E questo solo perché dalle parti di Charlie Hebdo avevano osato prendersi gioco del loro leader. Il leader di uno stato che nessuno riconosce. Almeno fra i musulmani dell’Iran, forse il nemico numero 1 dell’Isis, che come primo obiettivo auspica il ripristino dei confini geografici antecedenti alla prima guerra mondiale e contestualmente la distruzione del santuario dell’Imam Reza a Mashad, il punto di riferimento dell’Islam sciita.
Per questo io, da musulmana, non mi sento ferita dalle vignette di Charlie Hebdo. Piuttosto mi sento ferita dall’idea di essere identificata con i fanatici dell’Isis solo perché provengo da un paese dove si nasce musulmani per legge. In fondo era questo l’obiettivo dell’Isis: riuscire a mettere i musulmani in guerra fra loro. La guida suprema Ali Khamenei ne è sempre stata convinta a talpunto che la pagina di Wikipedia persiana, fortemente governativa, non ha mai avuto dubbi sulle origini di questo movimento: “L’Isis è figlio della politica del colonialismo – sostiene Ali Khamenei – soprattutto inglese, ed è stato sviluppato per andare contro la Repubblica islamica e il risveglio islamico. E anche se oggi sono coinvolti anche loro contro questi terroristi, l’impegno dell’America e dei suoi alleati contro l’Isis, più che puntare a distruggerlo, mira a rafforzarlo per accentuare la divisione fra i musulmani’.
Io non so quanto ci sia di vero nelle parole di Ali Khamenei e nella sua lettura delle cose. Di certo da semplice studentessa non ho gli strumenti per verificarlo: la propaganda del regime teocratico non ha mai brillato per trasparenza e l’Iran non è certo un paese che si distingue per la libertà di stampa. Al tempo stesso però posso affermare per esperienza personale come molte delle “verità” sul Medioriente e sull’Isis date in pasto al pubblico “occidentale” siano errate, se non ridicole nella maggior parte dei casi. Per questo oggi ho ancora più paura. Perché viviamo in un mondo dove le notizie possono circolare alla velocità della luce, senza che nessuno si preoccupi della loro verità. E basta che l’informazione errata prenda il canale “giusto”, per ritrovarsi, come ieri, a piangere di fronte ai martiri di Charlie Hebdo. Le ultime vittime in ordine cronologico di una strage di innocenti, spesso senza nome, che da mesi si protrae in Siria, Iraq e Afghanistan in una guerra sotterranea che vede anche la Francia in prima linea, senza che i francesi nemmeno lo sappiano.
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