Asia
Identità culturale prima risposta ai fanatismi
Papa Francesco l’ha definita la ‘guerra mondiale a pezzi’. Le tessere del dolore, della morte e della crudeltà compongono un puzzle che prende forma con gli attacchi di Parigi e Bruxelles, gli attentati quotidiani in Siria e Iraq, l’ultimo raccapricciante massacro perpetrato dagli estremisti islamici in un ristorante di Dacca.
Davanti a queste nefandezze l’Europa, patria delle libertà e del pluralismo, dovrebbe essere capofila del contrasto all’estremismo islamico e all’intolleranza religiosa. Invece dimostra di essere atrofizzata, di non possedere la forza per reagire all’avanzata dell’estremismo islamico più brutale.
Tutelando la libertà religiosa e i cristiani oppressi, l’Europa difende sé stessa e i propri valori. Ma il Vecchio continente è chiuso in una bolla. L’Europa non sa che ruolo giocare e come agire perché ha smarrito le proprie radici identitarie. Ha abbandonato la propria natura. Certo, il fondo di valori europei resta ancora cristiano, ma non esiste una consapevolezza radicata, e non c’è nessuno movimento in seno all’Europa che rivendichi questa forza identitaria. L’identità è consapevolezza e noi ci difendiamo solo se sappiamo che cosa ci origina. Invece chiudiamo gli occhi davanti a chi calpesta le libertà e la democrazia. Nell’Europa che si proclama baluardo dei diritti e delle libertà di tutti, patria della democrazia pluralista e liberale, tutto questo non è stato ancora compreso. Indietreggiamo e rinunciamo ai nostri valori. Pochi mesi fa in un distretto di Amsterdam una circolare imponeva alle dipendenti comunali di non mettersi le minigonne: una concessione pericolosa al radicalismo musulmano. Mi hanno molto colpito anche le dichiarazioni ufficiali delle istituzioni italiane che, esprimendo il loro cordoglio per la strage di Dacca, si sono affidate alla generica definizione di “terrorismo” senza mai citare il termine “islamico”. E’ un evidente segnale di debolezza perché è il “terrorismo islamico” a ispirare chi semina morte tra gli “infedeli”.
Il massacro nella capitale del Bangladesh che è costata la vita anche a nove italiani ci è piovuto addosso come una sciagura improvvisa. Non è così. Nel piccolo paese asiatico è in corso da anni una strage quotidiana e silenziosa. Uccisioni e violenze contro i cristiani e le altre minoranze religiose compiute in nome del fanatismo nei paesi del Asia meridionale passano sotto silenzio. Il Bangladesh sta assistendo a un’ondata crescente di violenze di matrice islamica. Le vittime sono quasi sempre persone appartenenti a minoranze religiose, scrittori, blogger, giornalisti, attivisti per i diritti civili ‘colpevoli’ di blasfemia. Il 1 luglio un sacerdote indù è stato ucciso a colpi di machete, ma sono soprattutto i cristiani a essere nel mirino. Lo Stato islamico ha rivendicato la responsabilità di molte di queste aggressioni.
L’integralismo islamico ci ha dichiarato guerra. Lo abbiamo sentito sulla nostra pelle quando sono state attaccate le nostre città, i nostri luoghi di lavoro e vacanza a Bruxelles, Parigi, Orlando. Ma l’Europa e l’Occidente sono sotto attacco anche quando Asia Bibi viene condannata in Pakistan, mentre un kamikaze si fa esplodere in un mercato affollato di Baghdad, quando si uccidono 20 persone a Dacca perché non conoscevano i versetti del Corano.
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