Medio Oriente

“E soprattutto niente zelo”

10 Gennaio 2015

Era la battuta di Talleyrand che col tempo ho imparato ad apprezzare. In tema di religione è una questione spinosa. In una società prevalentemente secolarizzata come la nostra è difficile – a meno che non si abbia una speciale curiosità a proposito e si viva a stretto gomito come nei piccoli borghi -, conoscere la misura dell’intensità religiosa di un altro. Nel mondo musulmano invece sì; c’è un modo infallibile per sapere se un musulmano è un buon musulmano, ossia se è osservante, se pratica i precetti religiosi, soprattutto quello delle cinque  preghiere al giorno. Basta guardarlo in faccia. Ha la zebiba o no? La zebiba è quella specie di callo o bernoccolo che si forma sulla fronte del fedele musulmano a furia di prostrarsi per terra, gesto già di per se stesso che la dice tutta sulla “sottomissione” (islam, in arabo) alla divinità rispetto alla sobrietà delle mani giunte e alla genuflessione che probabilmente i cristiani hanno preso da riti antichissimi dell’estremo oriente.

La zebiba porta alla surenchère, al rilancio, alla rincorsa  costante dello zelo, a chi ha la zebiba più prominente, più visibile. “La mia zebiba è più grossa della tua” è la sfida segreta fra gli zelanti.

Non ci avevo mai fatto caso, ma qualcuno me lo fece notare. La nostra guida in Egitto, un ragazzo molto sveglio e bravissimo in piramidologia, educato a Roma, aveva la zebiba. Era lì stampata in fronte. Discreta, ma ben visibile. Si entrò in confidenza come sempre accade in queste gite organizzate che sono i tour in Egitto (indimenticabile regione del mondo, dove davvero “tutto è iniziato”).  Una volta lo indussi a entrare con garbo e  astuzia in una discussione religiosa. Un semplice scambio di battute in verità. L’occasione fu data dalla mia garrula attestazione di incredulità –  tipica del gitante in bermuda con reflex a tracolla – davanti alla prima forma di monoteismo che appare nel mondo antico (Aton) e dalla quale i prigionieri ebrei presero ispirazione per il loro monoteismo (importando anche la rescissione del prepuzio, o circoncisione, ma c’è qualche vangelo apocrifo il quale suggerisce che lo stesso Gesù nella sua fuga in Egitto abbia appreso le arti teurgiche dei maghi egizi). Comunque sia,  davanti al mio garbato scetticismo la guida ebbe una risata gelida e una battuta che ancora mi porto appresso: “Siete spacciati. Perché non credete a nulla”.

Sono sicuro che molti miei amici sul web che so essere buoni cattolici  – quelli di CL che leggono con amore Dostoevskij come se fosse una sorta di Charles Péguy russo perché in fondo “è uno dei nostri” e dimenticano le sue tirate insopportabili contro il cattolicesimo e il Vaticano ne  I fratelli Karamazov  –  o quelli della vecchia scuola di destra, più schierati ideologicamente e oltranzisti che hanno apprezzato quella indigesta tirata sulla Tradizione, sul Sacro, contro il Deismo massonico e illuminista americano che è il libello Cabaret Voltaire di Pietrangelo Buttafuoco -, dicevo, sono sicuro che i cattolici ferventi  in questi giorni in cui “Je suis Charlie” obbliga a un riconoscimento o disconoscimento identitario inducendoli a simpatizzare segretamente per i musulmani, proprio sulla base del comune anti-illuminismo e a contestare quella stagione di pensiero – studiata peraltro malissimo nella scuola italiana –  ove “tutto è iniziato” nel mondo in cui viviamo,  stiano per prendere una sonora cantonata.

Il reciproco riconoscimento, lo scambio di credenziali di fede, il patto di non belligeranza tra credenti, li espone  forse a un calcolo rischioso: i “sottomessi” sono più forti di loro. Alla lunga l’avranno vinta. Hanno più zelo. Hanno la zebiba.

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