Governo
Dopo le manifestazioni per la libertà, le leggi che la restringono
Passato lo shock immediato, è già svanita la smisurata passione per la libertà. Così, a una settimana dall’attentato alla redazione Charlie Hebdo, rispunta il fantasma del Patriot Act, nome di un provvedimento – tuttora in vigore negli Stati Uniti – che non combacia proprio con il principio di libertà.
Spiego in breve di cosa si tratta. Il Patriot Act, acronimo di Providing appropriate tools required to intercept and obstruct terrorism Act, fu varato nell’ottobre del 2001 dall’amministrazione Bush: in tempi record, tre giorni in tutto (24-25-26 ottobre), passò l’esame della Camera dei Rappresentanti e del Senato, per essere firmato dall’allora presidente. Il contenuto prevede, tra le tante cose, norme invasive sulle libertà personali, come intercettare i cittadini in odor di terrorismo e archiviare quei dati senza alcuna forma di tutela.
Se fosse usato in caso eccezionali, potrebbe anche essere uno strumento utile a combattere il terrorismo. Ma i dati dicono altro: nel 2013, su oltre 11mila casi di richieste di applicazione del Patriot Act solo 51 erano per terrorismo. Appare evidente che la normativa abbia generato alcuni abusi e molti analisti ritengono che lo scandalo della National security agency (Nsa), rivelato da Edward Snowden, sia l’effetto di un approccio piuttosto disinvolto nei confronti della segretezza delle conversazioni.
Eppure in Francia, Le Monde ha rivelato la possibilità che il presidente Hollande proponga un Patriot Act in salsa francese, o comunque un pacchetto di “leggi speciali” contro la minaccia terroristica. Peraltro, sull’onda della paura, l’opinione pubblica è disposta ad accettare misure straordinarie e una parte addirittura le chiede.
Nel Regno Unito è andata ancora peggio: il premier Cameron, in concorrenza con il super falco nazionalista Farage, ha annunciato di voler preparare un provvedimento per mettere al bando gli strumenti di comunicazione che consentono di comunicare in maniera criptata. In pratica Whatsapp e altre applicazioni di messaggistica rischierebbero di essere dichiarate illegali in caso di mancato adeguamento alla (eventuale) normativa. Attualmente – ha lamentato il primo ministro britannico – è impossibile risalire alla conversazioni su questi servizi, spesso usati dai terroristi per comunicare. Un fatto è certo: Cameron vuole portare il Regno Unito sui livelli di Arabia Saudita, Corea del Nord e Kazakistan.
Qualche domanda, inoltre, è legittima: ma non c’erano già le leggi post 11 settembre? A cosa sono servite? Peraltro, a testimonianza del fatto che la legislazione restrittiva non basti contro il terrorismo, è opportuno ricordare che gli attentati avvengono anche in Paesi dove l’invasività dello Stato è massima come in Cina, alle prese con attacchi nella regione dello Xinjiang.
E infine, qualsiasi intervento sulle libertà personali – ammesso che ce ne sia bisogno – non può assumere come modello il Patriot Act made in Usa, che non è il massimo esempio di tutela della libertà. Oppure per libertà – difesa in piazza – si intende solo quella di espressione, ma non quella personale?
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