Questione islamica

Charlie Hebdo: riflessioni di un giovane italo-occidentale

8 Gennaio 2015

Quanto è successo presso la redazione di  Charlie Hebdo rappresenta il tragico epilogo di un’Europa in crisi e un pò “italiana”, in cui tutto è a posto e niente è in ordine.

In crisi culturalmente e politicamente, tende a rifugiarsi in un razzismo ed in una xenofobia di bassissimo livello, entrambi crescenti e veicolati dai vari partiti di estrema destra che in tutta Europa li fomentano: Il Front Nacional in Francia, Alba Dorata in Grecia,  NPD e Pegida in Germania, Jobbik in Ungheria, Casapound in Italia ecc… Partiti e politici che, tra le altre cose, accusano i musulmani di essere terroristi o, quantomeno, di esserne simpatizzanti e costituire una minaccia. Che vedono nell’Islam ( e anche nel giudaismo) il nemico pubblico numero uno, definendo questa religione priva di ogni sentimento umano propenso al dialogo e alla convivenza.  Che rivendicano la laicità a periodi alterni, appellandosi ad un’identità giudaico-cristiana che, solo quando attaccata, riacquista orgoglio e valore.  Identità e nazionalità per cui alcuni di essi combatterebbero addirittura una guerra, in un fetore di razzismo e xenofobia che ha attecchito sugli stessi satiristi di Charlie Hebdo, che con tutta la loro buona volontà e seppur in nome della libertà di espressione e d’informazione, sono purtroppo finiti a fare il gioco (spero ingenuamente e proprio per la loro nota irriverenza) di tizi come Calderoli, Borghezio o Marine Le Pin, che ieri (08/01/15) ha proposto di reintrodurre la pena di morte in Francia.

Un’Europa che ancora una volta pretende che più di un miliardo di musulmani si dissoci da ciò e da chi non li rappresenta affatto, dimenticando, solo per fare un esempio, la vicenda di Utoya, in nome di una correttezza etica e politica invocata a piacere e che porta in sé quel senso di superiorità culturale che è stato alla base del colonialismo. Un’Europa e un Occidente che si professano esportatori di democrazia e che allo stesso tempo appoggiano dittatori e guerrafondai, chiudendo non uno, ma ben due occhi davanti a migliaia di crimini. Un’Europa vittima e allo stesso tempo artefice di interessi più grandi, che ruotano intorno al mantenimento della bilancia di potere in Medio Oriente e per i quali ha già dato abbastanza, ricevendo in cambio poco e niente. Un Occidente, tutto, che inizia a scontare solo alcuni degli errori commessi in passato.

Un’Europa un po’ “italiana” nel senso negativo che questo aggettivo ha acquisito nel nostro linguaggio comune. Quando sentiamo parlare di corruzione, mafia, criminali che commettono reati e il giorno dopo sono già liberi, immigrazione incontrollata e servizi che non funzionano, infatti, finiamo sempre per dire «eh…questa è l’Italia», «siamo in Italia». Ma i fatti di Charlie Hebdo, purtroppo e per fortuna, ci hanno dimostrato che il nostro non è l’unico paese in cui le cose non funzionano bene. Il processo di integrazione non funziona, la gestione dell’immigrazione non funziona, le periferie sono abbandonate e le carceri sovraffollate, anche fuori dai nostri confini. Oltre ai fatti di Charlie Hebdo, che ci mostrano una Francia logisticamente e militarmente impreparata, che impiega 88.000 persone tra poliziotti e forze di sicurezza varie per scovare i terrorisiti Said e Cherif Kouachi e contemporaneamente subisce altri tre attacchi, sono diversi e molteplici gli esempi che si potrebbero fare. Andando in ordine rispetto all’elenco fatto prima, vengono in mente proprio i foreign fighters, poi Lampedusa, Calais, Melilla, per giungere alle banlieues e alle periferie inglesi a cui si affiancano quelle di Milano, Roma e il “muro di Via Anelli” a Padova , finendo con le carceri greche, serbe, ungheresi ed italiane.

Un’Europa che fa parte dell’Occidente. Un Occidente su cui il terrorismo internazionale ha dimostrato di avere una strategia  ben precisa: mettere noi contro l’Islam, l’Islam contro di noi. Un Occidente che questa volta, si, deve reagire affidandosi ai lumi della ragione che lo hanno forgiato, resistendo alla pericolosa, e per molti sempre più attraente, tentazione di considerare troppo semplicisticamente i musulmani dei terroristi e l’Islam solo ed esclusivamente una minaccia.

E dovrà farlo, “semplicemente”, in nome dell’umanità e della salvaguardia della diversità.

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