Questione islamica
Al Qaeda è viva e lotta in Yemen: per l’Occidente non è una buona notizia
Lontano dagli occhi e dal cuore occidentale, nello Yemen, accadono tanti eventi. Che, senza saperlo, alla fine coinvolgono proprio l’Occidente, perché il terrorismo jihadista sta trovando un altro territorio su cui proliferare, sfruttando tra l’altro la povertà in crescita esponenziale con oltre 14 milioni a cui mancano i beni di prima necessità. E in questo quadro torna addirittura attuale il nome di Al Qaeda, organizzazione che – almeno mediaticamente – sembrava inglobata dall’Isis. Proprio i miliziani qaedisti, sotto la sigla di Aqap (Al Qaeda nella Penisola araba) che ha rivendicato gli attentati alla redazione di Charlie Hebdo, stanno avanzando a sud trovando il al sostegno di altre fazioni islamiste (in particolare Ansar al-Sharia) e costringendo quindi alla ritirata le truppe del governo che preferiscono concentrarsi nello scontro con gli Houthi.
Il Paese arabo è teatro di una guerra civile che va avanti da oltre un anno (qui sotto c’è la mappa della situazione più recente). La caduta del regime di Saleh, avvenuta nell’ambito della Primavera Araba, ha fatto precipitare nel caos lo Yemen. Dal settembre 2014, infatti, i combattenti sciiti degli Houthi, sostenuti dall’Iran, hanno assunto il controllo di varie città e sostanzialmente anche della capitale Sana’a. A gennaio hanno poi cacciato il presidente Abd Rabbuh Mansur Hadi, costringendolo alla fuga ad Aden, facendo leva anche sulle competenze di molti militari che erano stati fedeli di Saleh. E che oggi hanno abbracciato la causa degli sciiti.
L’intervento dell’Arabia Saudita, iniziato nel marzo 2015, non ha cambiato di molto la situazione. Anzi, ha solo peggiorato l’emergenza umanitaria. Così il quadro si è scomposto ulteriormente con l’irruzione sulla scena dell’Isis, che ha organizzato alcuni attentati come quello recente in cui è stato ucciso il governatore di Aden, nonostante nello Yemen gli uomini del Califfo non siano ancora molto radicati. D’altra parte c’è una forte presenza di Al Qaeda nelle aree meridionali. L’uccisione del leader di Aqap, Nasir al-Wuhayshi , non ha indebolito il gruppo, che ha saputo sfruttare lo scontro tra il governo sunnita e gli sciiti degli Houthi, incuneandosi con abilità. Una strategia simile a quella del sedicente Stato islamico. E ciò testimonia come Al Qaeda sia viva e lotti per raggiungere il progetto jihadista.
Così in quello Yemen così lontano dall’Occidente e dai riflettori del confronto internazionale, il seme dell’estremismo trova un terreno fertile. Perché il Paese arabo è geograficamente molto vicino all’Africa dove ci sono organizzazioni jiahadiste molto attive e temibili. Il network islamista, per quanto frammentato, riesce a consolidarsi, avendo a disposizioni fette di territorio dove addestrare combattenti, utili per almeno due cause: per la guerra in Yemen (o altrove) oppure per realizzare attentati in Occidente, come è accaduto a Parigi sia gennaio che a novembre. Del resto l’indigenza di gran parte della popolazione è una “miniera d’oro” per chi cerca persone pronte a tutto.
Insomma, la guerra yemenita non è solo un problema arabo. Nell’era della battaglia contro il terrorismo internazionale, un colpo di fucile in più a Sana’a può essere il preludio a qualche sanguinoso attacco alle città occidentali.
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