Mondo

Se il mondo veramente si desse una mano

Nuove panoplie nella bandiera dell’Europa? La direzione sembra questa.

14 Marzo 2025

I venti di riarmo che soffiano sull’Europa, stimolati dall’uragano Donald oltre l’Atlantico da una parte e dall’altra dal gelido burian che soffia dagli Urali ci riportano a una questione assai controversa che dilania le coscienze di un continente che si è disabituato alla guerra sul suo territorio.

Cioè, diciamo, meglio, sul territorio di un’Europa incompleta, perché i terribili conflitti che hanno insanguinato l’ex-Yugoslavia e, adesso, l’Ucraina, sono indiscutibilmente parti di un’Europa maggiore, che però non sono ancora state incluse nell’Unione.

Che poi è un’unione tanto per dire, visti i dispetti che i vari stati si fanno uno coll’altro, come bambini dell’asilo.

Il problema dell’Europa, o, almeno, uno dei problemi fondamentali è che ha una difficile identificazione al suo interno. Nonostante ci siano stati matrimoni misti e ormai le frontiere non siano più un ostacolo in realtà gli europei conoscono sé stessi attraverso stereotipi, per cui gli italiani sono simpatici ma fannulloni, i tedeschi sono duri e intransigenti, i francesi si sentono un cavolo e mezzo, i portoghesi dormono, gli austriaci sono tutti intenti a ballare il valzer, e così via. Difficilmente e controvoglia gli stati cedono pezzi di sovranità, anche culturale, in favore della causa comune. E spesso chi decide nel parlamento europeo e poi fa le leggi comuni non conosce i territori di cui è composta l’Europa, ognuno con caratteristiche morfologiche e culturali diverse, quindi con problemi differenziati. E anche il livello di preparazione dei deputati europei non sappiamo quale sia veramente. Non dimentichiamo che Salvini è stato anche deputato europeo, chissà che avrà capito dell’Europa uno così. Ma ora i patridioti d’Europa, che dubito sappiano che cosa significhi veramente la parola patria, metteranno le cose a posto.

Per ricordare che l’Europa è un’unione ci vuole la provocazione di un mentecatto, o una cooperativa di mentecatti, che incita dall’oltremare col suo slogan sul berrettino pirlissimo, subito adottato da Salvini, grande passerelliere di magliette, felpe, cappellini istoriati da bimbominkia (preciso, glielo hanno scritto i suoi alleati Fratelli d’Italia sulla chat, anche se lo pensano ormai tutti) nonché di rosari, MEGA Make Europe Great Again e divulgatore seriale di selfie vari. Non più ampolle colla sacra acqua del Po, bensì del Po(tomac), fiume che accarezza Washington D.C.

In effetti l’Europa non sembra in ottima salute, c’è anche chi ha abbandonato la nave non perché stesse affondando ma perché era convinto di essere meglio. Ora si ritrova con un bel po’ di problemi da gestire, li aveva anche prima ma ora sono più evidenti. Si sa, la Britannia ha sempre avuto un’anima indipendentista senza sopportare gli indipendentismi all’interno del suo regno, non sia mai. Un bel po’ di schizofrenia ce l’hanno pure nelle molli campagne inglesi, ben annaffiata dall’ipocrisia e dalla superbia aiutate da fiumi di birra.

Ma torniamo all’Europa e alla sua voglia di riarmo.

Madame Ursula senza tema afferma che ci vuole, ma senza saper spiegare veramente di cosa si tratti, anche perché l’Europa degli stati, senza una comune Costituzione, una legge comune ovunque, un regime fiscale, degli ordinamenti statali unificati, non monarchie e repubbliche, di cui alcune presidenziali, altre parlamentari, e con all’interno enclavi ridicole come Monaco, San Marino, Andorra, la Svizzera, dove i traffici più loschi hanno luogo, eccetera, mostra proprio che è più un’Arlecchino (in questo caso servitore di più padroni) che un’Unione.

Ci si potrebbe arrivare a una Costituzione comune, ma certamente non basata sui famosi valori cristiani (che sono quelli di diopatriaeffamiglia, non dimentichiamocelo), che, infatti, alla Francia non andarono molto giù, e giustamente. Ma sono processi lenti, perché nelle democrazie si è soliti discutere e, se le democrazie sono così diverse, le discussioni spesso finiscono nel nulla di fatto.

Certamente il momento sembra pericoloso perché l’insaziabile Putin ha delle mire imperiali di vecchia data e il suo passato sovietico, quello più torvo, poliziesco, repressivo, è un imprinting che fa parte del personaggio, che ha pure i suoi lati istrionici, come quando strimpellava due note sul pianoforte (lo zar suona il piano!) o girava insieme all’amico Berlusconi, altro inarrivabile istrione circense.

Sull’Ucraina se ne sono dette d’ogni colore, con propagande da tutte le parti, che erano nazisti (vero in parte, perché ci sono stati momenti in cui è emersa una componente governativa neonazista) e che quindi andavano rimessi in riga, che non sono stati invasi (che non è vero), che il suo presidente è un dittatore non eletto (ultime sparate di Trump), che il referendum crimeo era una farsa (effettivamente), che la Russia voleva riconquistare il suo posto al sole sul Mar Nero, dopo aver preteso indietro, molti anni fa, le testate nucleari ucraine. Per mangiarti meglio, avrebbe detto il lupo a Cappuccetto Rosso.

Ma la questione russo-ucraina è un problema secolare, che noi europei d’occidente non possiamo veramente capire fino in fondo. Anche perché ucraini e russi sono entrambi popoli un po’ primitivi con una chiesa ortodossa assai primitiva anch’essa, con forti passioni, con forti violenze, con forti tabù, con forti orgogli, con rapporti sociali bizzarri. È un po’ uno stile di vita dell’Est. Né la Russia né l’Ucraina hanno fatto i conti colla modernità e soprattutto coll’idea europea di democrazia ma, inevitabilmente, rientrano nell’area culturale europea, perché il passato culturale russo è, senza alcun dubbio, europeo, pur caratterizzato da regionalismi spinti e arcaismi sociali. Diciamolo chiaramente: fuori tempo massimo.

Ciakovskij, Tolstoi, Pushkin, Nureyev, Prokofiev, Rachmaninov, Rubinstein, Richter, Horowitz, non possono essere che europei perché la loro formazione culturale è stata fertilizzata dall’immensa mole di letteratura, musica, scienza, costume prodotta nei vari stati europei senza ancora essere uniti in un’istituzione perfettibile e pacifica: come si fa a non considerarli europei?

Però, per capire la Russia di oggi, bisognerebbe leggere almeno un po’ ciò che ha scritto Anna Politkovskaja, assassinata da Putin qualche tempo dopo i suoi libri critici. La giornalista, che si batteva per divulgare quanto Putin se ne sbattesse dei diritti umani e dello Stato di Diritto, offre nei suoi scritti una chiara immagine di ciò che sono i russi di oggi. Insuperbiti dal nuovo zar, credono di vivere un secolo prima e di poter fare ciò che vogliono della gente, del territorio, del mondo. Basta vedere la reazione piccata e offensiva della portavoce del ministero degli esteri russo, Maria Zacharova, verso Sergio Mattarella, il nostro presidente della Repubblica, il quale, in un suo discorso, paragonava l’attuale regime russo al Terzo Reich: “Fenomeni di carattere autoritario presero il sopravvento in alcuni Paesi, attratti dalla favola che regimi dispotici e illiberali fossero più efficaci nella tutela degli interessi nazionali. Il risultato fu l’accentuarsi di un clima di conflitto, anziché di cooperazione, pur nella consapevolezza di dover affrontare e risolvere i problemi a una scala più ampia. Ma, anziché cooperazione, a prevalere fu il criterio della dominazione. E furono guerre di conquista. Fu questo il progetto del Terzo Reich in Europa. L’odierna aggressione russa all’Ucraina è di questa natura”. Brucia alla Russia un paragone del genere ma di fatto si comporta così.

Non è che dall’altra parte dell’Atlantico sia poi così meglio, e infatti The Donald è il frutto di questa mentalità tossica imperialista comune: io voglio la Groenlandia, e il Canada e questo e quello, e l’Europa è nata per fottere gli USA, eccetera. E i russi, nell’immaginario usoniano, come risulta da tutti i film polizieschi di matrice anglosassone sono o mafiosi, o spie o, comunque, delinquenti. Come gli italiani, che però possono anche essere cuochi, inventori o cantanti, per gentile concessione.

Gli USA sono il paese degli stereotipi per eccellenza, anche perché gli stereotipi aiutano quel Paese ad avere un brandello di Storia, essendone quasi totalmente privi, formata dalle storie (e leggende, e pregiudizi) di tutti quelli che provenivano da un altrove.

L’europa, colla e minuscola, si trova per la prima volta a capire chi è in questa nuova esibizione di identità e, purtroppo, sceglie il peggio di sé. Una difesa comune è d’uopo avercela, assolutamente d’accordo, ma in una forma coordinata, di cui si è sempre discusso tanto ma che poi non si è mai concretizzata, forse sempre rimandata perché si è contato fin troppo sull’ex-alleato usoniano che, dal secondo dopoguerra in poi ha dettato legge, soprattutto negli ex paesi dell’Asse: Italia, Germania e Giappone. L’imposizione culturale e consumistica è stata abbastanza forte, forse più in Germania che in Italia. In Germania hanno avuto una pesante revisione della formazione scolastica che da noi non è avvenuta, alla denazificazione non è corrisposta una defascistizzazione, e infatti adesso ci ritroviamo i nipotini dell’ancien régime a combinare i guai che vediamo ogni giorno, ignorando, nella maggior parte dei casi, cosa sia veramente stato il Fascismo, vagheggiando una mitologia mai veramente analizzata nel suo orrore ed estirpata. Oggi emergono (e tramontano presto) personaggi da operetta come Gennaro Sangiuliano, colla sua mostra sul Futurismo, funestata da mancanze, defezioni e pettegolezzi, oltre che da una superficialità imbarazzante, che credeva malamente di riabilitare il Ventennio, povero core. Non si può fare, Genny, è stato il periodo più buio della Storia d’Italia.

Ma dunque, l’Europa, che cazzo deve fare? Deve riarmarsi o no?

Certamente restare indifesa davanti a dei pazzi scriteriati come Putin e i suoi o, dall’altra parte, The Donald, non è il caso. Ma forse non è nemmeno il caso di spendere almeno 800 miliardi di euro per un riarmo scoordinato anziché riorganizzare gli eserciti dei vari stati, con ciò che c’è, senza spendere soldi in aggiunta, piuttosto che creare qualcosa di nuovo che, in momenti di difficoltà sociali ed economiche come questi, toglie risorse alla sanità, all’istruzione, all’ambiente e a tanti altri settori in costante pericolo, arrestando un progresso e facendo fare molti passi indietro al continente.

Frau Ursula sembra più fare gli interessi delle lobby delle armi che dei confini europei. O, forse, semplicemente, non è capace di capire come si fa, più preoccupata di trovare la lacca giusta per non far muovere il capello sempre uguale a sé stesso. Che sia parrucca?

I patridioti, che sembrano stare più dalla parte di Putin, essendo fascisti tali e quali, non vogliono armarsi per andare contro il loro modello russo. Nemmeno amarsi, se è per quello, perché non hanno l’amore e l’empatia nel loro DNA mitocondriale. Anche loro sono in qualche modo disorientati perché in perpetua contraddizione, i nazionalismi che hanno portato l’Europa alla catastrofe un secolo fa riemergono con forza e colla medesima tracotanza e superbia, perché, poi, sovranismo e nazionalismo significa io sono meglio di te e per questo devi sottostare a me. Pace addio e poi, quale patria. Problema annoso, eredità del Romanticismo distorto.

Walter Benjamin sarebbe doppiamente addolorato di questa nuova Europa che sta regredendo dopo l’iniziale entusiasmo.

Eppure io, e molti come me, continuiamo a sentirci discendenti di Bach, Rossini, Mozart, Newton, Leonardo, Balzac, Ravel, Stravinsky, Ortega y Gasset, Dürrenmatt, Pirandello, e anche di Ciakovskij, di Dostoevskij, e d’infiniti altri, senza frontiere, senza pregiudizi. Abolire la letteratura russa o vietare le opere russe nei teatri musicali è di una stupidità ciclopica.

Sì, signora mia, può significare che anche il suo nipote che studia pianoforte o dipinge così bene a un certo punto venga chiamato alle armi. Come durante le due guerre mondiali, dove generazioni di artisti furono decimate al fronte. La Storia ha delle drammatiche ripetizioni, sebbene mai uguali ma spesso aggravate dalla tecnologia e dalle sue nuove armi di sterminio.

Ma difendere le nostre democrazie da un tolitarismo imperialista in stile putiniano (o trumpiano) è doveroso. Questo va fatto e, purtroppo, non si possono mettere fiori nei cannoni perché lui andrebbe avanti a distruggere e uccidere, Elly dovrà farsene una ragione, così come quei tonti delle stelle cadute che non si rendono conto di niente. Senza una Resistenza il nazifascismo avrebbe avuto una vita più lunga, e lì le armi giravano, e c’erano anche cattolici a combattere. Lo ha dimostrato ampiamente, Putin, che non gl’importa niente dei propri sudditi mandati a morire al fronte per le sue voglie insane. Una generazione perduta, come in tutte le guerre.

Essere pacifisti non significa farsi sottomettere perché la democrazia spesso dev’essere difesa e bene. In tempi moderni, soprattutto tra giganti, si opta per la deterrenza piuttosto che per lo scontro aperto. E questa dovrebbe essere la chiave per il futuro dell’Europa, attualmente gigante bonsai, almeno potersi difendere nel momento in cui a qualche squinternato con delirio di onnipotenza venga il genio di fare un po’ di pirotecnia.

In Ucraina e a Gaza, così come ad Aleppo e a Bagdad, la distruzione ha polverizzato inestimabili millenni di Storia e Arte. Oltre alle già citate inestimabili vite. Ma se lo scontro aperto diventa inevitabile perché c’è sempre un più forte che spesso coincide anche col più prepotente, allora bisogna attrezzarsi. So che è orribile, so che va contro la pace a cui siamo abituati e anche se pensiamo che la diplomazia debba funzionare al posto delle armi, spesso con alcuni elementi psicopatici non può funzionare. Si provano le sanzioni, ma poi ci sono paesi amici che le sanzioni non le rispettano e il prepotente continua a prepotere.

Personaggi come Kim o Putin o Trump, ma ci mettiamo anche Netanyahu, i mullah, Erdogan, Milei e circo equestre al seguito, fanno a gara per essere la Regina di Cuori nel Paese delle ex meraviglie. Si dovrebbe trovare un modo per riunirli e metterli tutti insieme in un giardino zoologico con barriere elettrificate. O anche metterli tutti in fila mentre Milei aziona la sua stupenda sega elettrica (che pure Superarnold Schwarzenegger pubblicizza per Lidl!), tagliategli la testa!

Visto il disordine che ci circonda la tentazione di credere che tutto sia una realtà simulata è grande, anche perché potrebbe essere più consolatoria come soluzione, ma, d’altra parte, cose come la fisica quantistica e l’intelligenza artificiale, che facevano parte di un immaginario fantascientifico verso la metà del XX secolo, sono realtà, oggi. E il proliferare di mentecatti al potere che usano perversamente l’IA, come Elon Musk, potrebbe indurre a pensare a una simulazione, come in un film distopico. Ne parlavo nei miei articoli precedenti, pillola blu e pillola rossa.

C’era una canzone dei miei tempi, che vuol dire che io sono davvero un’anticaglia, che faceva così:

Se tutte le ragazze
Le ragazze del mondo
Si dessero la mano
Si dessero la mano

Allora ci sarebbe un girotondo
Intorno al mondo…

Ve la posto qui. Sentite quant’è bella, e quanto gli autori di poco più di mezzo secolo fa avessero le idee chiare e fossero inventori di grandi melodie, altro che i rutti di Tony F o le scoregge dei trapper che vanno tanto di moda oggi, che sputano suoni disarticolati e fantasmi di parole e la chiamano musica. Come quelli che continuano a chiamare pace questa tregua proposta da Trump a Zelensky mentre è una trappola che prelude a guerre future anche più intense ed estese. Lo abbiamo già visto nel Novecento, quando Hitler si annesse a poco a poco prima questo pezzo, poi quell’altro e infine tutta l’Europa. Non gli finì bene, ma costò la vita a decine di milioni di persone, anche quelli che ebbero fiducia in lui e che lo salutavano come il salvatore della Germania. Vi ricorda qualcuno col cappellino pirlesco che dagli USA ha incoraggiato i neonazisti tedeschi alle ultime elezioni?

Vogliamo ripulire un po’ le orecchie e la mente, per favore? Ragazzi, dico a voi, liberatevi di questi orpelli trappolistici e ascoltate Endrigo. Che, ricordiamolo, era un profugo istriano e che quindi aveva conosciuto la guerra e la fuga.

 

 

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