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Mondo
La “stupidità” non è gratis e ha un costo travestito da mappe tra “globalomics” e “localomics”
La domanda da cui partire per guardare agli assetti geopolitici globali è la seguente: la stupidità ha un costo e se si quale e per chi? Qualche giorno fa il Wall Street Journal la più importante e ascoltata voce delle elite economico-finanziarie del pianeta usava questo termine “inconsueto” nelle analisi di politica globale bollando la politica commerciale di Trump come “stupida”. Che andrebbe tradotta con “controproducente, insensata, contraddittoria” anche e forse soprattutto nel ridisegnare quelle mappe (commerciali, migratorie, tecnologiche, militari, sportive) che hanno condotto alla supremazia americana in meno di 150 anni. Varie le cause note conoscendo una lunga storia di “guerre tariffarie” negli ultimi 300 anni e che ritroviamo ben descritte con dovizia di impatti e relativi costi economici (deficit commerciali) e sociali (disoccupazione) nei manuali di politica economica del primo anno delle facoltà di economia di tutto il mondo, compreso il nostro. Stime che ora ritornano riflettendo sui dazi trumpiani a Messico, Canada, Europa che per quanto riguarda il “Bel Paese” potrebbero tradursi in 8-10 miliardi di euro e tra 50 e 70000 disoccupati, per il momento e all’anno si intende. Se con l’obiettivo strategico di “colpire” la Cina rallentandone corsa tecnologica e dominio sui mari e nelle mappe, la traiettoria è sbagliata per reazioni uguali e contrarie che quanto meno genereranno stallo del commercio internazionale. Che tuttavia un segnale pur limitato nella risposta di DeepSeek a Open AI sembra confermare: Davide contro Golia ma con il primo senza fionda. Passando a considerare altri campi dei “tagli draconiani” trumpiani – orizzontali e sulle mappe – come quelli al Programma Usaid il tasso di “stupidita” direbbe il WSJ supera le soglie già rilevanti segnalate dalle politiche tariffarie. Infatti, il taglio feroce e immediato a questi aiuti esteri statunitensi che coprono molti Stati asiatici e in particolare quelli bombardati nel 1971 e anche prima negli anni ’50. Riduzione o dimezzamento non bastavano? Gli effetti sono già evidenti: popolazioni abbandonate, gruppi di ricerca e operativi sul campo sciolti, trattamenti sanitari e di sicurezza per centinaia di milioni di persone e bambini bloccati. Dalla Cambogia al Laos programmi decennali di sminamento sono stati interrotti compresi servizi sociali e sanitari vitali per le popolazioni coinvolte. La Thailandia ha visto chiudere cliniche per i campi profughi che si trovano senza protezione, per esempio centinaia di migliaia di sfollati birmani in bilico su confini pericolosissimi e spazzati da bande. Cosi come in Nepal sospeso il programma di nutrizione infantile. In Pakistan vediamo il blocco di programmi per infrastrutture, energia, acqua. Iniziative improvvide che hanno peggiorato in poche settimane le relazioni tra USA e questi paesi e creato mercati “interdetti” agli USA. Con un ritiro così repentino da questi programmi de facto si fa deragliare il treno degli aiuti in materia di sviluppo dell’Indo-pacifico che coinvolge circa 1 miliardo di persone. Ma lo si fa “scassando” anche i rapporti con alleati come il Giappone e la Sud Corea fondamentali per gli equilibri strategici nell’indo-Pacifico e che collaborano a questi programmi per consolidare l’influenza occidentale nell’area. Con un consenso che anche qui non rimarrà immacolato. Influenza americana che crolla dunque proprio in quell’ area di mappe e mari dove si doveva contrastare la forza cinese, forse pensando di compensarla in quella dello spazio? Rimanendo con i piedi ben piantati sulla Terra, infatti, si rileva già un crollo del consenso verso gli USA nelle opinioni pubbliche rispetto al 2019 (indagine Iseas-Yusof Ishak) e spostandolo massicciamente a favore della Cina che è già presente da tempo soprattutto in Cambogia e Laos per le attività di sminamento e già in orbita commerciale cinese. Cina che sta entrando con investimenti e supporti vari anche in Pakistan visto il disimpegno USA anche con il rifinanziamento del debito. È chiara la strategia cinese di andare a coprire gli spazi lasciati irresponsabilmente vuoti da Trump. Perché in politica – come noto – non esistono vuoti e conta più la pazienza del decisionismo truculento e muscoloso. Qui sta allora la “stupidita” perché del tutto controintuitiva rispetto agli obiettivi di limitare l’influenza cinese nell’area di fatto “regalando” un posizionamento strategico alle emergenti (da tempo) mosse della Cina. Ma la Cina stessa deve fare attenzione a non scivolare sulle “contraddizioni globali delle mappe” da bulimia geopolitica: pretendere da una parte di acquisire il controllo di regioni del pianeta con risorse preziose (terre rare e minerali strategici per i mondi digitali) e contemporaneamente dichiararsi aperta a commercio e collaborazioni internazionali. Anche Xi Jinping dovrà domandarsi che fare se vuole concorrere a “governare il mondo delle mappe”, se con il bastone (di armi e finanza) o la carota della collaborazione. Ma un’ultima domanda – sempre sulla presunta “stupidità strategica” del “trumpismo delle mappe cancellate/ridisegnate” – potrebbe condurci agli usi che Trump potrà/vorrà fare di questi “imponenti (e apparenti) risparmi” che contrastano con il declino dell’influenza americana oltre che tradurli in “servizi MAGA” di breve termine e spegnendo mercati esteri nel medio-lungo termine. Per esempio co-finanziando i faraonici piani di Musk per lanciarsi verso Marte? Perché se così fosse c’è da chiedersi se effettivamente esista un Pianeta B sul quale rifugiarsi in caso di “guerra nucleare” o di “esplosione climatica” e – quantomeno – se Marte sia quello giusto? Vista la sua atmosfera gassosa e irrespirabile per l’uomo o rafforzando muscoli tecnologici con effetti diffusi però che vedremo tra 20 o 30 anni? Le traiettorie della “stupidità” allora – come già sapevamo – sono infinite e i suoi costi pure, ma per tutto il pianeta e all’Europa il compito di resistere con lucidità nel rafforzamento dell’Unione (con un esercito e difesa comuni) visto che l’ombrello atlantico si è chiuso anche a ovest e difesa democratica e liberale delle mappe con il Diritto Internazionale e lo Stato di Diritto a partire da Ucraina e Palestina e salvaguardando i commerci globali con nuovi Accordi Globali nei 5 continenti ma guardando all’equilibrio tra (new) “globalomics” e “localomics” (ruolo delle regioni) tra de-globalizzazione e ri-globalizzazione, purchè sotto il faro di equità e giustizia!
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