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Francesco: un uomo giusto ci lascia nei giorni profetici della Resurrezione di Cristo
I simboli concatenati di una tragedia sembrano saldarsi in un'”illuminante sequenza” di speranza e ripartono dal Lunedi dell’Angelo. Francesco ci lascia nel giorno della Resurrezione e il suo sorriso ci mancherà
I simboli concatenati di una tragedia che sembrano saldarsi in una “illuminante sequenza di speranza” ripartono dal Lunedi dell’Angelo, giorno della morte di Papa Francesco, quando San Pietro diceva il Figlio di Dio è risorto. Nel giorno centrale dell’Anno Liturgico Francesco ci ha lasciato ed è salito alla destra del Padre dopo che ieri nel Giorno della Pasqua Cristiana e Giubilare ci aveva mandato l’ultimo saluto di speranza con una benedizione forse “premonitrice”. Dopo 12 anni di papato complesso per l’ultimo decennio a 88 anni e con un ultimo gesto benedicente ci ha salutato dopo il calvario di questo ultimo mese. Un Uomo che ha accompagnato il suo gregge fino all’ultimo.
Un papato iniziato con l’omaggio agli ultimi andando a Lampedusa criticando i guasti della globalizzazione. 10 anni passati nella “coabitazione” con il Papa Emerito Benedetto XVI il primo e inedito storico di due papi a pregare insieme nella Cappella di Santa Marta. Papa Francesco si è battuto per la vita e per l’ambiente per un capitalismo e una economia più giusti nel segno della speranza come parola chiave del suo pontificato a favore dei poveri e poi contro tutte le guerre. Un Papa “rivoluzionario e riformista” che è stato tale già a partire dalla scelta di assunzione del nome di Francesco, il piccolo e immenso frate di Assisi dedito alla povertà che denunciava le degenerazioni della Chiesa. Un Papa che ha scelto un linguaggio coraggioso spesso anche ruvido rivolto alla politica, per esempio con il richiamo alla “guerra mondiale a pezzi” e contro la competizione e il neoliberismo turbo capitalista. Si scagliò anche contro la corruzione intesa come diniego della parola al popolo da parte di leadership incapaci di parole di verità. Un Papa dunque riformatore che ha rotto con tutti gli schemi e le pratiche ecclesiali che sarà ricordato come il primo che ha previsto un mondo diviso e frammentato che impone alle economie e agli Stati un decoupling tra modelli economici e crescita umana verso l’altro termine chiave del suo pontificato che è quello della compassione e comprensione di tutti. Con un messaggio che nella forte semplicità è del primato della Grazia sui beni materiali e certo per esempio nell’accoglienza dei migranti e nella protezione dei poveri e degli ultimi di tutte le periferie. Dunque con una grande apertura di umanità nell’epoca delle chiusure egoistiche, delle divisioni e dei muri con la salvazione dei “rifiuti umani” e ai quali riportare il racconto cristiano.
Al Congresso americano Papa Francesco disse che siamo tutti figli di migranti anche citando Bauman che non era cristiano ma che segnalava la “luce nello scarto” di questo mondo competitivo e concorrenziale. Un atto di accusa coraggioso contro una politica e politici del cinismo e senza visione a sola difesa dei “già garantiti e protetti“. Da qui la barca in San Pietro di migranti travolti e schiacciati esposta che si erge a simbolo del lascito di solidarietà umana che ci lascia questo papato di speranza, solidarietà, compassione e dunque di dialogo e di azione concreta di un fare accogliente sempre. Tra le encicliche forse più profonde e visionarie allora abbiamo quella di “Fratelli Tutti” di potente apertura profetica al dialogo interreligioso e interculturale, dentro e fuori dalle chiese. Aprendo anche agli omosessuali e ai divorziati che la Chiesa non può giudicare diceva Papa Francesco. Di fatto operando una forte apertura della Chiesa e di ogni cristiano verso tutti. Che ritroviamo anche nella scelta di essere tumulato in Santa Maria Maggiore (primo Papa sepolto fuori da San Pietro) come atto di “devozione affettiva” verso la Madonna e ritornando qui alla forza dei Gesuiti nel ricordo di S. Ignazio de Loyola. Il primo papa non europeo della storia della Chiesa ci lascia con una immensa eredità di apertura e inclusione nel rinnovamento radicale e un ritorno alle pratiche di umiltà e povertà già nella scelta del nome e di vivere nella Casa di Santa Marta o nell’uso della Panda per girare per Roma.
Quale nuovo Pontefice emergerà, con il 70% di cardinali nominati da Francesco? Come nel 1914 e 1939 appena prima delle due Grandi Guerre quando vennero eletti due cardinali “diplomatici” nei tempi delle prime due “scosse globali”. Se sarà così lo vedremo ma peserà l’attenzione di questa Chiesa di pace, concordia e fratellanza senza confini con un particolare sguardo alle periferie del mondo riunita al “todos, todos, todos“. Che con quel “Tutti sempre e insieme” diviene la vera guida del Vangelo di Papa Francesco che ne innerva la sua grande eredità nel dialogo con l’enciclica Laudato Si del 2015 con un ambiente sostenibile e con l’altra di “Fratelli Tutti” (cristiani e non) indicando la via per la resilienza. Ma anche facendo pulizia dagli abusi nascosti spesso dal catechismo a partire dal Giubileo degli Adolescenti che partirà tra poco dove Francesco voleva tornare ad essere prete di parrocchia e delle favelas che in Argentina aveva ben conosciuto. Avviando dall’altra parte anche la valutazione etica delle nuove tecnologie e delle sfide dell’AI da porre al servizio dell’umano nel “superamento” dei rischi del transumano. La maggioranza dei cardinali che’ è fatta di “francescani” con tutti gli altri allora come e cosa sceglieranno nel Cum Clave per identificare chi potrà farsi papa ora in un mondo turbolento, iniquo e ingiusto verso una maggiore sintonia evangelica con l’uomo?
Immagine di Copertina di Patrizia Tocci, licenza Creative Commons
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