Italia

The Fakes Progress

11 Novembre 2024

“Il progresso tecnologico diventa un’ascia nelle mani di un criminale patologico” diceva Albert Einstein, così come Alessandro Manzoni asseriva che “Non sempre ciò che viene dopo è progresso“.

Due grandi saggi.

Probabilmente dovremo abituarci a vivere in un mondo sempre più chiuso, a dispetto della tanto sbandierata globalizzazione che sarebbe l’esatto contrario o, almeno, l’illusione che viviamo e comunichiamo in tempo reale in ogni angolo dello stesso pianeta ormai senza più alcun segreto.

Roberto Vecchioni, un paio di sere fa, spiegava a Gramellini, nella trasmissione In altre parole, la differenza tra sviluppo e progresso, di quanto lo sviluppo fosse illusorio rispetto al progresso e chi ci andava fregato, alla fine.

Lo sviluppo è una delle ingannevoli facce del progresso che, se inteso alla lettera, è invece un avanzamento evolutivo. Qualcosa che progredisce indica un cambiamento di stato spesso radicale, con delle conquiste in più rispetto al passato.

Lo sviluppo, come s’intende comunemente in economia, è una crescita, possibilmente conseguente a un avanzamento della tecnologia che però porta con sé il consumo, non di per sé sempre negativo, e, la cosa più grave, le scorie.

Il progresso, nel suo significato principale, è la consapevolezza di un perfezionamento, di una metamorfosi verso un miglioramento.

L’insegnante dirà ai genitori dell’allieva “sua figlia ha fatto progressi, si vede che ha studiato”, non dirà “si è sviluppata”.

Si dice sempre “paesi in via di sviluppo” intendendo sviluppo economico, che non va necessariamente di pari passo col progresso. Ma sembra che la cosa che importi di più alla maggior parte dei paesi dominanti, e anche di quelli dominati, sia lo sviluppo piuttosto che il progresso. Lo sviluppo spesso distrugge, il progresso invece migliora la realtà.

Perché progresso significa consapevolezza e la consapevolezza significa libertà, almeno libertà del pensiero di ogni persona. Può esserci consapevolezza, di alcune persone, in un paese con sviluppo ma senza progresso e questo, ovviamente, può creare dolore, in molti.

Si dice di un paese che è sottosviluppato, intendendo che rispetto ad altri quel paese sia all’età della pietra. Ma si dice anche che un paese è regredito, utilizzando la parola opposta al progresso, il regresso, ossia un percorso all’indietro, verso la barbarie.

Ecco, il percorso che sta facendo l’Occidente attualmente è un percorso di regressione verso qualcosa di ancora non definito. Le notizie che ci giungono ogni giorno attraverso i media annunciano di persecuzioni, di risse tra fazioni politiche opposte, sia per strada che in Parlamento, di avvelenamenti di oppositori politici quando non bombardamenti a tappeto di interi quartieri di città fuori dai confini nazionali, come le due guerre principali in corso ci hanno mostrato facendoci inorridire, e queste sono manifestazioni di un brillante regresso. A parte l’epidemia quitidiana di omicidi e femminicidi, soprattutto tra giovani, sembrando la vita umana una cosa senza più tanto valore, almeno rispetto al punto in cui il progresso ci aveva fatto arrivare.

Il progresso che tanto aveva illuso l’umanità alla fine dell’Ottocento, parliamo di quella europea o afferente all’Europa, colle invenzioni, il positivismo, le esposizioni universali, si rivelò fragile davanti al principio di realtà che scatenò la Prima Guerra Mondiale, seguita a breve distanza dalla ancora più sanguinosa Seconda.

La Belle Époque durò poco, scontrandosi il progresso coll’egoismo delle singole nazioni progredite, o “in via di sviluppo”.

C’è stata una nazione sopra tutte le altre che si è cucita da sé la bandiera del progresso, nel Novecento, e sono gli Stati Uniti d’America. Avendo stravinto la Seconda Guerra Mondiale si sono imposti come il faro della civiltà e del progresso. In realtà si trattava di sviluppo economico e non di progresso perché in un paese realmente progredito non ci sarebbe stato l’apartheid fino alla fine degli anni Sessanta del Novecento (e l’attuale nuovo presidente, un selvaggio prepotente e senza un briciolo di cultura, cioè di consapevolezza). Questo passato imbarazzante mostra ferite ancora aperte, non risolte, in conflitto col progresso vero e proprio, tant’è che si sente l’esigenza di una revisione della Storia, manipolata, secondo alcune categorie di persone, da una mentalità esclusivamente wasp. Per chi non lo sapesse W.A.S.P è l’acronimo per White Anglo-Saxon Protestant (in italiano bianchi anglosassoni protestanti) che, per definizione, esclude tutte le altre “razze” e religioni.

Anche gli italiani cattolici, emigrati negli Stati Uniti dalla fine dell’Ottocento in poi, erano visti inizialmente come gente selvatica, rissosa, malavitosa, cosa che si dimentica troppo spesso. Un paese, gli USA, che non è mai stato veramente progredito, sebbene sviluppatissimo.

Non lo è stato perché la maggior parte dei suoi abitanti, quasi tutti importati da altrove ma immediatamente convertiti alla “coscienza” di vivere nel paese dove ognuno può fare quello che vuole in nome della propria felicità, non hanno veramente preso “coscienza” di cos’è il rispetto reciproco. Né possono avercelo perché nella loro Storia non ne hanno avuto per i veri americani, ossia la gente che abitava in quel continente prima dell’invasione di popoli provenienti dall’Europa, principalmente inglesi, olandesi, francesi, spagnoli. Nessuno di questi ha avuto rispetto per i nativi americani, tutto distrutto.

Ne parla abbondantemente, in una forma narrativa favolistica, Eduardo Galeano nella sua Trilogia del fuego. Da rileggere assolutamente.

Se non si capisce questa differenza tra sviluppo e progresso non si può afferrare bene il significato dell’epoca in cui viviamo e del pericolo che il progresso corre.

Il progresso non è la tecnologia selvaggia alla Musk o alla Zuckerberg o a migliaia di altri magnati. Quella è solo la facciata economica, il travestimento che coloro usano per il termine, l’arma a doppio taglio per abbindolare il consumatore. La falsità delle loro intenzioni però non viene percepita, soprattutto dai giovani, che invece restano abbagliati dalla tecnologia senza riuscire a intravederne i tranelli.

Probabilmente è anche l’entusiasmo della gioventù, il proiettarsi nel futuro supportati da tecnologie da fantascienza che ti fanno credere di essere onnipotente mentre invece non è così. La tecnologia, come dico sempre, amplifica l’esistente, e se l’esistente è mediocre, amplificherà la mediocrità. Ma chi è mediocre e usa la tecnologia si sentirà appunto onnipotente e non potrà fare altro che danni.

In Svezia pare che si siano resi conto dell’eccessiva apertura alla tecnologia nella scuola, diventata ingovernabile, e stiano tornando ai libri stampati, ai quaderni e all’inchiostro.

Bene, finalmente, perché l’attività manuale della scrittura, accanto alla tecnologia, può solo migliorare le cose, e quindi andare in direzione di un nuovo progresso. Ma quanti altri paesi capiranno il messaggio svedese? Quanti, soprattutto negli USA, dove la cultura e l’alfabetizzazione, soprattutto col nuovo presidente, saranno in pericolo, coglieranno l’esigenza di un ripensamento della diffusione dell’istruzione e dei mezzi per farlo?

Io credo che il periodo che ci attende sarà un regresso culturale e sociale, inevitabile con queste premesse. Forse economico fino a un certo punto, perché la società dei consumi andrà ancora avanti per un bel po’, ma alla lunga i rifiuti ci ricopriranno, senza alcun riguardo nei nostri confronti. E per rifiuti intendo anche rifiuti umani, persone che non saranno degne di essere chiamate tali.

Sarebbe opportuno che chiunque si fermasse e riflettesse bene su ciò che compra e si chiedesse da dove venga quel prodotto, qual è il suo ciclo vitale e chi fa guadagnare.

Leggevo che un acquirente di datteri bio, da Natura più, si lamentava coll’azienda che quei datteri avessero origine israeliana, e quindi fossero macchiati di sangue palestinese, concludendo che non avrebbe comprato più niente da Natura più fino a quando non fossereo stati esclusi prodotti israeliani. Questo è naturalmente un pregiudizio e un’analisi estremamente superficiale.

La risposta dell’azienda è stata, più o meno, questa: noi compriamo merce bio solo da certi coltivatori, i quali non sono allineati colle scelte governative israeliane e, al contrario, si operano per la pace e la convivenza tra i vari popoli, per come possono. Se non aiutiamo queste piccole realtà e ci fasciamo gli occhi nel nome dell’odio e del boicottaggio generalizzato facciamo esattamente ciò che vuole l’establishment ufficiale conservatore israeliano.

Sarebbe come dire che tutti gli italiani sono tendenzialmente fascisti perché il governo attuale è psicofascista e quindi i prodotti italiani, tutti, sono da boicottare.

Ecco, la risposta di Natura più si chiama progresso.

 

 

 

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