Italia
Militari o cortigiani?
“Avanti Savoia!”, altrimenti si viene cacciati. Come è successo nei giorni scorsi al generale di brigata in congedo Francesco Cosimato, curriculum che spazia da responsabilità in ambito Nato all’Intelligence e a varie missioni all’estero. Oggi Cosimato è presidente del Centro Studi Sinergie, un osservatorio sulla cultura italiana e internazionale, con un occhio di riguardo per la geopolitica, le scienze sociali, l’informazione e l’economia. Ma procediamo per ordine.
“Ma si rende conto? Con la pretesa del signor Emanuele Filiberto di Savoia di trasferire al Pantheon le salme dei suoi nonni re Umberto II e della regina Maria José si mescola la storia d’Italia con faccende dinastiche, faccende quindi private dei Savoia”. Tra i membri della Guardia d’Onore alle Tombe Reali del Pantheon (il nome completo è Istituto Nazionale per la Guardia d’Onore alle Reali Tombe del Pantheon) il malcontento è palpabile. Delegazioni in varie città italiane, la loro sede centrale è a Roma in via della Minerva 20, a pochi metri dal Pantheon. Esistono anche il sito Internet dell’Istituto[1] e il suo gruppo Facebook[2]. Entrambi mettono in contatto sia con la sede centrale che con tutte le varie delegazioni”.
Ma che significa essere una Guardia d’Onore alle tombe del Pantheon?
“Oltre a partecipare alla vita associativa, regolata dallo statuto, impegnata nelle singole delegazioni a mantenere viva la memoria risorgimentale e unitaria dell’Italia, essere Guardia d’Onore significa in particolare poter montare di guardia davanti alle tombe dei due Savoia. Lo si fa stando fermi e immobili, in atteggiamento dignitoso, senza farsi distrarre dalla curiosità dei turisti, su una pedana indossando un mantello. Lo si può fare in qualunque momento, eccetto quando è officiata la messa dall’apposito altare. Spesso si tratta di singole Guardie che vengono apposta a Roma dalle loro città, dove poi fanno rientro dopo poche ore”.
Un gruppetto di Guardie nell’accompagnarmi a visitare il Pantheon comincia a raccontarmi e a sfogarsi a turno:
“Al Pantheon sono sepolti due re e una regina della dinastia dei Savoia. Uno è Vittorio Emanuele II, che ha il merito dell’unificazione d’Italia, della quale è stato il sovrano dal 1861 al 1878. Alla sua morte il Pantheon fu scelto quale dimora delle salme dei Reali d’Italia e nacque l’Istituto per la Guardia d’Onore alle loro tombe, allo scopo anche di mantenere viva la memoria legata alla dinastia Savoia, al Risorgimento e alle tradizioni militari nazionali. Associazione, dunque, anche combattentistica”.
“L’altro sovrano sepolto al Pantheon è Umberto I, secondo re d’Italia, in carica dal 1878 al 1900, anno in cui venne assassinato a Monza. La regina è Margherita, moglie di Umberto I. I due sovrani hanno regnato, per anni e non per un mesetto come Umberto II, re d’Italia dal 9 maggio al 18 giugno 1946. Diventato re per abdicazione di suo padre Vittorio Emanuele III, troppo coinvolto col fascismo dato che è stato lui a nominare Benito Mussolini capo del governo, con tutte le tragedie che ne sono conseguite, tutte da lui avallate, dalla feroce dittatura alla Seconda guerra mondiale. Un’abdicazione, si noti bene, che faceva di Umberto II la foglia di fico per nascondere le vergogne del padre e sperare così di farla franca conservando ai Savoia il trono d’Italia”.
A mettere in allarme un gruppo di Guardie d’Onore e a far perdere le staffe a più d’una è stata l’assemblea dello scorso 18 gennaio e un episodio del giorno dopo. L’assemblea ha approvato il bilancio, eletto a scrutinio segreto il presidente – il capitano di vascello in congedo Ugo d’Atri – e approvato la proposta di un nuovo statuto. Statuto che afferma la devozione dell’Istituto a casa Savoia, oggi una famiglia come qualunque altra, anche se molto più ricca, e che l’Istituto deve occuparsi del rientro in Italia delle salme dei Savoia, attualmente sepolte in Francia nell’abazia di Hautecombe (in italiano Altacombe), e della loro sistemazione nel Pantheon. Su un centinaio di delegati, in rappresentanza delle 3mila Guardie d’Onore, 20 hanno votato contro.
Il cahier de doleances continua:
“All’assemblea, tenuta in un albergo romano, era presente Emanuele Filiberto di Savoia, cosa assolutamente scorretta perché non ha nessun titolo per parteciparvi. In Italia il titolo di principe senza far parte di una famiglia regnante in qualche monarchia del vasto mondo o senza averlo ricevuto da un monarca regnante non ha nessun valore, non significa nulla. Anzi, dato che l’Italia è una repubblica lo si può considerare anche illegittimo. È come sostenere di essere avvocato o ingegnere senza avere conseguito la laurea. Come se non bastasse, in quell’occasione Emanuele Filiberto ha insignito con una decorazione la bandiera sabauda. Sabauda, non italiana”.
L’indebita presenza di Emanuele Filiberto all’assemblea ha spinto una Guardia d’Onore a fare un esposto al ministro della Difesa e al prefetto di Roma.
Il racconto prosegue: “Il 19 gennaio, cioè il giorno successivo all’assemblea, Emanuele Filiberto è andato in visita al Pantheon e ne è uscito scortato dalle Guardie d’Onore, come fosse un Capo di Stato. Noi abbiamo giurato fedeltà alla repubblica, perciò la deriva monarchica presa dal nostro Istituto non ci piace neppure un po’. Inoltre lo statuto e la legge impongono che sia apolitico, mentre invece è chiaro che Emanuele Filiberto e chi nell’Istituto gli dà corda fanno politica. Il che è un fatto sciagurato.
Un’altra cosa inammissibile è che sul sito dell’Istituto il signor Emanuele Filiberto viene presentato e omaggiato come principe e S. A. R., acronimo di Sua Altezza Reale. Siamo cioè alle comiche. Teniamo presente che la nostra è anche un’associazione combattentistica, mentre Emanuele Filiberto oltre a non essere un militare, né in servizio né in congedo, non risulta neppure che abbia fatto almeno il servizio militare di leva. Quindi con il nostro Istituto che ci azzecca? Siamo un’associazione combattentistica o un’associazione cortigiana?”.
Risponde un’altra Guardia d’Onore: “Ormai è di pubblico dominio che il sito e l’intera comunicazione sociale del nostro Istituto hanno preso una deriva monarchica. L’attività principale è diventata il pubblicizzare e l’omaggiare Casa Savoia considerata ipso facto Casa Reale tout court, confondendo così la Storia con le faccende dinastiche”.
Ma Emanuele Filiberto è molto sicuro di sé, tanto da criticare in una intervista al Corriere della Sera[3] perfino la nostra Costituzione accusandola di contenere anche norme “bolsceviche”:
“Confido in un gesto di umanità, rispetto e pace storica. La presidenza del Consiglio, i vari ministri e il Vaticano hanno dato parere favorevole, manca il sì del presidente Sergio Mattarella, in cui ho fiducia: fu lui, nel 2017, a far rientrare la salma di Vittorio Emanuele III da Alessandria d’Egitto. Sarebbe una riappacificazione importante con la storia, sebbene nella Costituzione persistano norme arcaiche, bolsceviche”.
L’interesse di Giorgia Meloni e della sua destra per una tale “pace storica” è evidente: si creerebbe una continuità priva di recriminazioni tra il ventennio mussoliniano, alleanza con la Germania nazista e annessa guerra mondiale comprese, e la successiva democrazia del dopoguerra. Insomma: “Volemose bene”. O anche: “Chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato, scurdàmmoce ‘o passato….”.
La sicurezza di Emanuela Filiberto è dovuta anche all’appoggio senza se e senza ma accordatogli dallo stesso sodalizio delle Guardie d’Onore, il cui Istituto oltre ad avere preso una deriva monarchica e cortigiana mostra anche insofferenza per le critiche e una deriva autoritaria. Il presidente Ugo d’Atria il 25 marzo ha infatti comunicato per iscritto al generale in congedo Cosimato la radiazione dall’Istituto, comminata per “indisciplina sociale” con tanto di “parere favorevole della commissione di disciplina”.
Nella lettera, raccomandata con ricevuta di ritorno, i capi d’accusa sono quattro, elencati nei rispettivi paragrafi a, b, c, d. In soldoni, il generale ha eccepito e protestato “ben oltre una legittima espressione di legittimo e civile dissenso” e ha perfino “promosso, anche con soggetti esterni all’Istituto, assemblee per provocare una sorta di chiamata a raccolta che non avrebbe potuto che minare la coesione dell’Istituto e indebolirlo”.
Strano e significativo che il presidente d’Atri sorvoli sul fatto che l’assemblea del 18 gennaio è stata fatta con un “soggetto esterno all’Istituto”, qual è Emanuele Filiberto, e ha provocato “una sorta di chiamata a raccolta” cortigiana che di fatto sta minando “la coesione dell’Istituto”.
Insomma, come dice il proverbio, si vede e si denuncia la pagliuzza nell’occhio altrui e si tace sulla trave nel proprio.
[1] https://www.guardiadonorealpantheon.it/
[2] https://www.facebook.com/groups/40796623859
[3] il-si-di-meloni-e-del-vaticano-per-mio-padre-in-privato-ho-7f9f992b-29bb-4a2c-a7d5-dfb6e4e45xlk.shtml?refresh_ce
Un’osservazione rapida. Condivido quanto scritto da Pino Nicotri. E aggiungo: non sarebbe anzi il caso di spostare altrove anche le tombe di Vittorio Emanuele II, di Umberto I e della regina Margherita? Potrebbero essere collocate a Torino, nella basilica di Superga. Fare insomma del Pantheon un tempio laico della Repubblica, destituirlo della funzione di chiesa, come hanno fatto i francesi a Parigi con il loro Pantheon? Diventerebbe un tempio della cultura italiana, come è già a Firenze Santa Croce. Magari anche restando una chiesa, come appunto Santa Croce. Già ci sono le tombe di Raffaello e di Arcangelo Corelli. Vi si potrebbero collocare anche le tombe di Ariosto e Tasso, ma senza andare contro la volontà dei ferraresi che amano il grandissimo poeta sepolto proprio a Ferrara, in fondo la sua città. Quella del Tasso invece è già a Roma. In ogni caso, lo confesso, vedrei volentieri l’estromissione dei Savoia dal Pantheon, soprattutto oggi dopo le insulse e inopportune rivendicazioni di Emanuele Filiberto.