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Italia
Michele Serra, il ruggito del topo
2 Marzo 2025
Il melodrammatico appello di Michele Serra per una grande manifestazione a favore dell’Europa riflette natura e ampiezza del milieu sociale a cui è rivolto e ne segna il destino: “Basta un amico al bar per sapere che si guarda al presente con sconcerto e al futuro con apprensione”. E tra gli amici al bar, la quantità “impressionante” di mail e di messaggi “traducibili in ‘io ci sto, io ci sarò, ditemi solo dove e quando’” e l’ “affacciarsi alle due finestrelle di cui dispongo per vedere se giù in strada c’era qualcuno con cui scambiare due chiacchiere” e “trovare una piazza piena”, il passo è breve, soprattutto se, come riconosce candidamente il portavoce del Partito di Repubblica, non si ha idea di come si organizzi una manifestazione. Dunque tutti a Milano e Roma, “sperando in un contagio continentale”. La speranza, si sa, è l’ultima a morire.
Dopo la chat di Giannini anche l’appello di Serra ribadisce la disperata ambizione di progressisti sconcertati e intellettuali leccapiedi: contare qualcosa avvolgendosi nella bandiera europea, agitando lo spauracchio della democrazia minacciata da Trump e da Putin – quella, per intenderci, che finanzia Erdogan, Almasri, monarchi marocchini e RSF sudanesi, per tenere i migranti lontani dalle nostre coste – e proclamarsi eredi e nuova incarnazione del “concetto politico-strategico di Occidente”. Prevedibile corollario: l’immancabile invocazione dell’esercito europeo e un altro po’ di miliardi tolti ai servizi e regalati all’industria della difesa, inclusi gli editori di Serra, convertiti tardivamente alla causa ucraina, dopo aver continuato a vendere blindati Iveco ai russi anche dopo l’annessione della Crimea e le sanzioni a Putin.
Se la borghesia liberale per tentare di salvare il progetto di un polo politico-strategico europeo – un imperialismo di stazza continentale che non si faccia schiacciare tra Stati Uniti e potenze orientali – ha bisogno di Serra e dei vari mozart05, WANDA2457, Ernesto 42, delle cui entusiastiche adesioni Repubblica ha pubblicato un ampio resoconto, o degli endorsement di leader politici pronti a correre dietro a qualunque cosa appaia più vitale dei loro partiti (e ci vuol poco), o, addirittura, di personaggi del calibro di Ernesto Maria Ruffini, vuol proprio dire che “l’europeismo” ormai è lì lì per tirare le cuoia.
Al vituperato Trump le anime belle del progressismo europeista devono quest’ultimo sussulto di vita e anche, ironia della sorte, lo slogan perfetto per lo striscione d’apertura: “Make Europe Great Again”. E alla fine, una volta che i numeri avranno ricondotto il mondo visto dalle finestrelle di Serra a quello reale, Serra potrà sempre fare come Giannini, che, dopo aver annunciato in pompa magna la sua chat su Whatsapp dalla Gruber, pare ne sia uscito lasciando i fan orfani della sua preziosa guida. Perché qui più che parafrasare Garibaldi – “qui si fa l’Europa o si muore” – conviene citare Marx: “La storia si ripete sempre due volte, la prima come tragedia, la seconda come farsa”.
Immagine: Wikicommons media
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