Italia

La storia dell’integrazione europea entri nei programmi scolastici. Un appello

Oltre le (sterili) polemiche sul Manifesto di Ventotene. I giovani devono conoscere per difendere la pace, la libertà e il progresso. E un coraggioso progetto politico

21 Marzo 2025

L’Europa è una materia viva. Da insegnare nelle scuole. In un’epoca in cui la memoria storica viene svilita da tweet velenosi e polemiche sterili, serve un antidoto. Forte, strutturale, educativo. Perché se oggi un ragazzo pensa che l’Europa sia solo burocrazia e regolamenti sui cetrioli, il problema non è suo: è nostro. L’Unione Europea non è un algoritmo di Bruxelles. È il frutto di una scelta politica epocale, nata sulle macerie di due guerre mondiali e cresciuta tra compromessi, visioni e battaglie culturali. La pace che viviamo non è un’abitudine: è un progetto politico. E i progetti, se non li conosci, non li difendi. Per questo l’insegnamento della storia dell’integrazione europea deve entrare con forza nei programmi scolastici. Non come nota a piè di pagina. Ma come materia viva, obbligatoria. Come educazione alla cittadinanza europea. Un vaccino contro sovranismi vuoti, retoriche anti-sistema e nostalgie pericolose. O la storia dell’Europa la insegniamo noi. O la riscriveranno altri. E non sarà una bella versione. Ecco perché.

Europa: questa sconosciuta. In un’Italia dove persino il Manifesto di Ventotene, documento simbolo della rinascita democratica europea, diventa terreno di sterili polemiche politiche, emerge con urgenza la necessità di riportare al centro del dibattito pubblico la storia e il valore dell’integrazione europea. Le prime pagine dei soliti quotidiani che, dopo aver espresso posizioni no-vax e pro-Putin, attaccano anche l’Europa sono la conferma della brutta aria che tira nel nostro Paese e della necessità di avviare una nuova fase di vera educazione civica nella scuole, modificando i programmi.

Punto primo: la pace che viviamo oggi in Europa non è frutto del caso, ma risultato di un complesso e unico esperimento politico. Il processo d’integrazione europea, che ha permesso di superare secoli di conflitti, è un patrimonio che va conosciuto, valorizzato e trasmesso alle nuove generazioni. Insegnare nelle scuole questa storia significa dare strumenti di consapevolezza e cittadinanza responsabile ai giovani. Un’azione per il futuro. Nostro e della democrazia.

La storia dell’Europa unita è complessa e ricca di sfumature: si intrecciano ideali, interessi nazionali, dinamiche economiche. C’è l’approccio federalista, animato da Altiero Spinelli e dal Manifesto di Ventotene, che sognava istituzioni sovranazionali capaci di superare egoismi nazionali per costruire un futuro di pace. Poi c’è la lettura intergovernativa, sottolineata da studiosi come Andrew Moravcsik, secondo cui sono stati soprattutto gli interessi economici e politici degli Stati a plasmare l’Europa che conosciamo. E ancora il neofunzionalismo, teorizzato da Ernst Haas, che vede nell’integrazione economica un motore capace di generare una continua spinta verso ulteriori forme di collaborazione politica e sociale.

Portare questi temi nelle aule significa offrire agli studenti strumenti per comprendere il valore e la complessità di ciò che oggi appare scontato: vivere in un continente senza guerre. Significa mostrare loro che l’Europa unita non è solo un’astratta bandiera blu a stelle dorate, ma il risultato tangibile di scelte, sacrifici, visioni, coraggio, interessi.

È tempo che le istituzioni italiane facciano un passo avanti deciso, introducendo l’insegnamento obbligatorio della storia dell’integrazione europea nelle scuole. Un appello urgente, per formare generazioni consapevoli, capaci di difendere la pace e affrontare con intelligenza e responsabilità le sfide del futuro. Non conoscere questo percorso significa lasciare spazio all’ignoranza, alle divisioni e al rischio di perdere il bene più prezioso che l’Europa abbia mai conquistato: la pace.

L’appello è già stato sottoscritto da alcuni docenti universitari: Antonio De Rossi (Politecnico di Torino), Giulio Buciuni (Trinity College di Dublino), Giuseppe Lupo (Università Cattolica di Milano), Andrea Membretti (Università di Pavia), Giancarlo Corò (Università Ca’ Foscari di Venezia). Per aderire basta firmare in calce nei commenti o scrivere a aferrazzi22@gmail.com 

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