Clima

Verde sovranista

23 Giugno 2024

Trent’anni fa (nella primavera del 1994) “Democrazia e diritto” dedicava un numero monografico al tema delle destre, (peraltro da leggere insieme a un testo di Franco Livorsi sulle tendenze politiche e religiose dell’arcipelago verde, pubblicato su “Belfagor” nel l’autunno 1995).

In quel numero che aveva molti contributi interessanti (per esempio uno di Zeev Sternhell sulle due destre) Franco Giovannini dedicava uno studio al tema della destra e dell’ambiente.

Tema rimasto a lungo sottotraccia, spesso considerato eccentrico. Ora opportunamente Francesca Santolini con il suo Ecofascisti (Einaudi) lo rimette ora al centro della riflessione pubblica in una stagione politica certamente diversa.

Tradizionalmente la cultura e la politica a destra hanno avuto un rapporto ambiguo con le questioni proposte dal tema ambiente. Spesso rispetto alle sollecitazioni che hanno mosso l’agenda intorno alla trasformazione del clima, a destra è stato risposto, ironizzando o rispolverando discorsi consumati intorno al complottismo

Francesca Santolini sottolinea come al fondo quel dato essenzialmente scettico non sia venuto meno, ma sottolinea come, il cambiamento climatico, divenuto tema ineludibile abbia trovato orecchie politiche a destra, attraverso una lettura strumentale che legge la crisi ambientale come risultato dei flussi migratori dal Sud del mondo e torna a proporre in forma nuova il suo violento armamentario ideologico fatto di teorie della cospirazione, xenofobia, razzismo.

La tesi, che Santolini rilancia è quella proposta nel 2022 da due giovani studiosi britannici – Joe Turner e Dan Bailey – è che a destra si opererebbe una torsione di pensiero: riconoscimento del tema del clima ma assumendo la lotta per l’ambiente in una difesa dei confini e dell’identità di un popolo. Profilo che i due denominano Ecobordering. Termine che concentra l’attenzione su un profilo della propaganda delle nuove destre che individua i migranti climatici, come «sradicati» che non sono in grado di proteggere la propria casa, emigrano e finiscono per saccheggiare le nostre risorse e minacciare l’identità culturale del territorio custodito dai “nativi”, che saremmo appunto noi occidentali.

Ecobordering, un termine che faremo bene a non sottovalutare, perché per quanto ancora in Italia sia un fenomeno marginale, in altri contesti – per esempio nella generazione dei giovani emergenti nel Rassemblement national di Marine Le Pen – quel termine è uno dei motivi del successo politico di quella formazione.

L’Ecobordering è ben sintetizzato nelle parole di Marine Le Pen, leader del Rassemblement national francese, che dice: “L’ambientalismo è il figlio naturale del patriottismo, che è il figlio naturale del radicamento. La migliore salvaguardia dell’ambiente è la difesa dei confini”.

Una posizione che non  abbandona il precedente negazionismo climatico -che ancora caratterizza il sottotesto del discorso politico e del senso comune a destra, ma che lo riscrive perché, sottolinea opportunamente Santolini, confonde le cause con gli effetti, capovolge la realtà, ottenendo due risultati: da una parte viene politicizzato il presunto impatto climatico dei migranti e dall’altra si depoliticizza il nostro stile di vita, che è la vera causa del riscaldamento globale.

Fenomeno che peraltro riprende due temi cari alla cultura della destra tra ‘800 e ‘900.

Per la precisione:

1)      un vecchio filone del naturalismo della destra e soprattutto del culto della natura proprio del discorso politico nazista laddove il culto dell’ambiente, l’alimentazione biologica e il vegetarianesimo erano componenti essenziali di quella cultura.

2)      La riproposizione di un vecchio registro, (un’eco del pensiero di Thomas Robert Malthus) intorno alla crescita della popolazione mondiale: da una parte l’esaltazione della famiglia tradizionale, in questa parte del mondo, dall’altra le politiche volte al contenimento (con una ripresa di politiche neomalthusiane) della crescita demografica nei Paesi in via di sviluppo o nel Sud globale.

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