Immigrazione

Tragedie in mare? Ripensiamo il colonialismo europeo

21 Aprile 2015

Il secolo scorso, verso la metà degli anni settanta (nella maggior parte dei casi, però, già negli anni cinquanta e sessanta), sulla scia dell’impegno antimperialista di Stati Uniti e Unione Sovietica, e delle società europee, nonché dei vari movimenti di liberazione nazionale, finiva (per sempre?) il colonialismo europeo.

Da allora, per giustificare gli abusi e gli insuccessi dei nuovi governanti e dei nuovi stati, si è sempre fatto ricorso all’ideologizzato concetto di “neocolonialismo”. Tradotto, il concetto significa che, nonostante la fine dell’occupazione, le economie dei nuovi stati indipendenti sono in realtà rimaste dipendenti da Stati Uniti ed ex potenze coloniali europee (mai, però, il concetto è stato usato per indicare altri tipi di dipendenza, esercitati da Paesi al di fuori di queste aree, com’è ovvio). Forse oggi si possono vedere senza lenti ideologiche i tentativi della Cina e della Russia, per lo meno, di controllare aree prossime o vitali per i loro interessi economici, ma il punto è un altro.

Le ex colonie stanno oggi forse meglio? Se le loro popolazioni sono libere e benestanti perché scappano, rischiando la vita sulle carrette del mare in direzione dell’Europa?

Forse è giunto il momento di ripensare il colonialismo europeo. Forse, dopo decenni di autoimposto senso di colpa per le malefatte che abbiamo commesso (sì, le abbiamo commesse, e anche gli italiani, come ben sanno le nostre ex colonie e i paesi occupati dal regime fascista, sia detto per inciso), è giunto il momento di dire che non abbiamo solo fatto danni, e che, anzi, abbiamo diffuso, in alcuni casi, il senso della giustizia, la crescita economica, un certo modo di educare e di fare cultura (talvolta i legami sono sopravvissuti al disastro). E, aggiungiamo, sembra che gli abitanti delle ex colonie (e non solo) abbiano nostalgia dell’Europa.

E se, invece, fosse l’Europa a sbarcare in Africa, cominciando proprio dalla Libia, per aiutare i profughi, per garantire assistenza, per risollevare economia, vita civile, cultura, diritti, magari usando i fondi spariti per le missioni che hanno come fine quello di raccogliere i cadaveri in mare?

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