Immigrazione

Se Laura Boldrini c’entra anche con l’attentato di Barcellona

18 Agosto 2017

C’è da chiedersi di che cosa parlino durante le riunioni di redazione del «Giornale», di quali battute sporche pronuncino, dandosi di gomito come adolescenti che sbirciano nel mondo degli adulti, questi personaggi così irriducibilmente aggrappati a un’epoca e a un modello di società che l’Occidente ha salutato da un pezzo. Chissà quante donne note e meno note saranno nei loro discorsi, oltre alla solita Laura Boldrini. E quante risate.

Poco dopo l’attentato a Barcellona, infatti, sia il direttore Alessandro Sallusti sia il giornalista Paolo Giordano hanno tenuto a far sapere ai loro lettori di Twitter che il loro primo pensiero non è stato alle vittime, né a un abbozzo di analisi, ma a Laura Boldrini. Forse si stanno preparando una carriera alternativa di intrattenitori sui social network, visto che quella sulla carta sembra in grave pericolo (quando Sallusti divenne direttore, nel 2010, «il Giornale» aveva una diffusione media di 180.000 copie, nel 2017 fatica a raggiungere le 60.000 – Dati ADS). Va da sé che molti altri utenti hanno seguito a ruota in modo ancora più volgare e diffamatorio, accusando Boldrini di avere in qualche modo a che fare con il terrorismo.

Pochi minuti dopo l’attentato, Matteo Salvini aveva già gettato in pasto ai suoi seguaci invasati una delle sue perle: «Chi saranno i criminali?». Tra i commenti si sprecavano gli insulti ai musulmani e ovviamente a Boldrini.

L’ossessione per Laura Boldrini, ormai sapientemente fatta radicare nell’elettorato leghista (Salvini la nomina ogni giorno come fonte dei mali dell’Italia) e tra i residui lettori di alcuni esemplari di carta stampata, ha aspetti inquietanti. Non solo per questo arbitrario collegamento con l’attentato di Barcellona: Boldrini è già stata collegata a diverse altre nefandezze, che continuano a girare in rete. E nemmeno solo per il sessismo che denuncia e che non è una novità: si pensi alle volgarità a cui furono sottoposte in passato molte politiche della prima repubblica, da Lina Merlin a Nilde Jotti a Tina Anselmi, ma anche politiche a noi più contemporanee, come Rosi Bindi e la stessa Giorgia Meloni (che però non osa dissociarsi da Salvini). Quanto per la possibilità, offerta da questo pessimo uso dei social network, di reiterare, alimentare e moltiplicare l’odio per un singolo soggetto. In molti gruppi chiusi di Facebook questo tiro al bersaglio ha un’intensità non quotidiana, ma oraria, in genere partendo da artefatte ricostruzioni di presunte dichiarazioni di Boldrini, riproposte nonostante sia già stato dimostrato che sono false. Molti commenti sono pervasi da un rancore che fa paura solo a leggerlo. In alcuni di quei commenti si ha l’impressione di leggere perfino un odio omicida. E’ un meccanismo pericoloso, e tanto potrebbero e dovrebbero fare le élite della politica e della cultura per fermarlo, cominciando loro stesse a contrastare le idee e non le persone, fermando gli odiatori, spiegando loro che potrebbero esprimere un dissenso senza augurare uno stupro o la morte. Una responsabilità ancora maggiore in questa epoca in cui il ruolo guida dei singoli leader è maggiore rispetto al passato. E credo che questa operazione di ritorno alla civiltà non costerebbe loro nessun voto.

 

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