Immigrazione
Remigrazione: raduno estremista a Milano. Ne parliamo con Truppo e Bertolè
Il 17 maggio Milano potrebbe ospitare il “Remigration Summit”, un raduno internazionale dell’estrema destra sulla “Remigrazione”. Ma cos’è la remigrazione? E che cosa ne pensa la politica milanese? Ne abbiamo parlato con Riccardo Truppo (FdI) e Lamberto Bertolè (Pd).
Il 17 maggio prossimo Milano potrebbe ritrovarsi ad essere la sede del “Remigration Summit“, un raduno internazionale dell’estrema destra che ha come argomento centrale la cosiddetta “Remigrazione”. Ma cos’è la remigrazione? E che cosa ne pensa la politica milanese? Ne abbiamo parlato con Riccardo Truppo, capogruppo di Fratelli d’Italia in Consiglio comunale, e con Lamberto Bertolè, Assessore al Welfare e Salute ed esponente di punta del Pd.
La Remigrazione
“Remigrazione” è un neologismo che l’enciclopedia Treccani definisce così:”eufemismo per ritorno forzato di persone immigrate nel loro Paese d’origine“.
Insomma un concetto che fa il paio con il sottotitolo che Casapound sta utilizzando e distribuendo questi giorni tramite manifesti e volantini: “Inverti la rotta“. Una sorta di “migrazione di ritorno” ancora più radicale della richiesta che l’estrema destra ha posto sino ad ora, limitandosi a chiedere di “fermare l’invasione”.
L’evento vede come protagonista l’austriaco Martin Sellner, capo storico del Movimento austriaco degli identitari, noto per le sue teorie estremiste contraddistinte da razzismo, ultranazionalismo e antisemitismo, e al quale è stato imposto il divieto di ingresso in Germania, ma anche il divieto di tenere conferenze in alcuni Paesi europei.
In Italia però l’organizzazione, per quanto riservatissima e senza dettagli sulla location, è gestita economicamente attraverso una campagna di crowdfunding che pare essere stata lanciata da un diciottenne ex militante di Gioventù Nazionale, l’organizzazione giovanile di Fratelli d’Italia, che ha fondato Azione Cultura Tradizione.
Le reazioni politiche
Dopo la denuncia dei Sentinelli di Milano, non si sono fatte attendere le reazioni della sinistra, che in Comune è maggioranza, con la dura reazione dei Giovani Democratici che hanno lanciato una petizione su change.org per impedire l’evento.
Il sindaco Beppe Sala ha dichiarato:
È una cosa terribile su cui tutta la città si deve esprimere in modo molto deciso. Nessuno di noi immagina di poter vivere in una realtà in cui, anche rispetto ai fenomeni di immigrazione, non ci siano forme di controllo o non ci siano modalità per rimanere nel mondo delle regole. Ma queste espressioni fanno veramente spavento. Stiamo vedendo se il Comune può fare qualcosa per impedire che si tenga questa manifestazione.
Queste invece le parole di Alessandro Capelli, segretario metropolitano del Pd:
Stiamo lavorando insieme ad altre organizzazioni per costruire una grande piazza. Una piazza aperta, costruita insieme a tutte le forze democratiche e a tutte le persone, organizzazioni e associazioni che ogni giorno lavorano concretamente perché Milano sia una città umana per tutti e tutte. Una piazza che ricordi chiaramente chi siamo, in che direzione stiamo guardando e soprattutto dove Milano e l’Europa non vogliono tornare.
Questo raduno di razzisti, suprematisti e neonazisti in doppiopetto o meno venga vietato e si inizi una mobilitazione per impedire che possa avere luogo in qualsiasi caso, anche in sedi private.
Opposta la reazione di Alessandro Corbetta, capogruppo della Lega di Salvini nel Consiglio regionale della Lombardia, che ha dichiarato:
La sinistra grida allo scandalo contro una iniziativa ancora indefinita ma resta in un imbarazzante silenzio di fronte alle intollerabili violenze e prevaricazioni di alcune bande di africani che stanno minando la sicurezza e la convivenza civile a Milano.
L’intervista a Riccardo Truppo
Dottor Truppo, sulla manifestazione del 17 maggio e sul tema della remigrazione si sono espressi gli esponenti della maggioranza comunale, ma anche la Lega. Qual è invece l’opinione sua e di Fratelli d’Italia, il partito che guida in Consiglio Comunale?
Dell’evento io so poco perché non sono personalmente coinvolto, ma che credo che non ci siano argomenti che meritino di essere considerati tabù. Quando si parla in maniera civile e con un confronto ponderato di idee si arricchisce il panorama e il dibattito politico e cittadino.
Sul tema della remigrazione credo che, nelle dovute forme, sia una politica legittima nell’ottica in cui si gestiscono determinati flussi migratori, soprattutto quelli legati ad una emigrazione di carattere economico, quindi volta al miglioramento della propria vita che distinguiamo nettamente da chi scappa dalle guerre e da chi ha problemi di asilo, per cui è chiaro e legittimo che ci debbano essere delle regole con cui lo Stato possa disciplinare gli accessi e i flussi.
Va messo quindi in conto che laddove non si sono rispettati questi criteri di accesso si venga anche riaccompagnati allo stato d’origine. Una collaborazione internazionale serve a fare in modo che non si possano sfruttare le falle del sistema.
Il tema proposto dagli organizzatori va però oltre quello che dice Lei. I rimpatri forzati di cui si parla, spingendosi persino alle generazioni precedenti, poco hanno a che fare con la gestione dei flussi. Parliamo di un fenomeno più estremo e di organizzatori che sono stati dichiarati persone non gradite in altri paesi. Ci sono delle differenze tra le vostre idee e quelle degli organizzatori?
Il cardine dell’impostazione politica di Fratelli d’Italia è un cardine identitario, ma riteniamo naturale che una persona che arriva da un posto lontano rispetto all’Italia possa integrarsi felicemente sul nostro territorio, che possa avere dei figli che sono assolutamente italiani, e avere dei nipoti che lo sono altrettanto. Pensare di rimpatriare chi si è radicato felicemente sul territorio e si è integrato perfettamente è assolutamente impensabile.
Devo però allarmare il dibattito perchè le eccessive falle del sistema, insieme ai buonismi fini a se stessi e a raccattare voti, hanno contribuito a creare questi cortocircuiti di ragionamento che ovviamente sono irricevibili.
Per quanto riguarda invece la situazione legata all’ordine pubblico, lei teme che ci possa essere un coinvolgimento di frange estreme che possano provocare disordini?
Io non considero determinate persone come incapaci di esprimersi, perché è proprio di quel buonismo di facciata di cui parlavo prima dire “tu non puoi parlare devi essere filtrato o censurato” senza poi collegarlo a nessuna azione concreta.
Un convegno del genere, seppur ripeto io so poco perché non sono coinvolto in prima persona, è chiaro che non si collegherà ad una proposta politica cittadina, perché in consiglio comunale siedono dei gruppi che conosciamo, e non c’è un partito politico nuovo che sta nascendo che possa mettere a rischio la democrazia. Tentare di bloccare comunque la libera espressione di pensiero credo possa creare delle delle potenziali vittime che si sentono martiri e che poi contribuiscono ulteriormente alla circolazione di questi ragionamenti irricevibili.
Le dico per paradosso che io stesso mi sono lamentato che durante il Giorno del Ricordo si siano organizzate delle iniziative con l’ANPI e con dei noti riduzionisti e negazionisti. Ecco quello magari potrebbe essere un limite che andrebbe colto, ma ho visto che il Comune, nonostante il nostro appello, non ha fatto assolutamente nulla per fermare questa iniziativa che è stata organizzata in un luogo comunale.
A questo punto la nostra risposta migliore come democrazia, anche in una lettura costituzionale dell’articolo 21, deve essere quella di una libera espressione. Poi è chiaro che laddove ci fossero dei reati potrebbero essere puniti solo dopo che si sono verificati, senza censurare preventivamente un pensiero.
Il timore è legato al clima già caldo dopo i fatti di Corvetto.
Sì ma ci sono tante iniziative che si fanno a chiacchiere e poi nei fatti non si arriva a qualcosa di concreto.
Faccio un’altro esempio: via Padova. Adesso sta per far nascere la nuova moschea, ma noi abbiamo chiesto che prima di far nascere la nuova moschea del Comune ci si adoperi per chiudere tutte le moschee che non hanno il permesso, affinché si dia l’esempio e si dia il concetto delle regole. Quel famoso buonismo lo ha impedito e il rischio è quello di creare un ghetto che diventa incontrollabile.
Per favorire l’integrazione deve essere chiaro che ci possono essere mille sottoculture, ma devono essere tali, mentre la cultura dominante deve essere quella riconosciuta dalla comunità.
Un’altra cosa che mi sta a cuore è la situazione dell’Africa, un continente dalle grandi potenzialità. In Consiglio comunale abbiamo ascoltato il Direttore dell’Ispi Paolo Magri, che ha fatto un’audizione esponendo un approfondimento che evidenzia il fatto che la migrazione africana è solamente per l’8% indirizzata verso l’Europa, ma per il restante 92% le migrazioni africane sono interne al continente. Con questo voglio dire che se fosse come dice la sinistra, spesso in una lettura assolutamente banale e superficiale, un’immigrazione tutta di fuga dall’inferno (una lettura che io aborro completamente) avremo allora delle percentuali nettamente superiori. Queste realtà vanno comprese e il rapporto dell’Ispi è uno strumento utilissimo.
Quindi per concludere possiamo dire che Fratelli d’Italia, nonostante la presenza di almeno uno dei suoi ex tesserati, non è parte interessata nell’organizzazione di questo evento, ma non ha niente da opporre al suo svolgimento?
Io parlo a nome del gruppo consiliare, ma no non siamo coinvolti. Non abbiamo niente da opporre perchè non vogliamo bloccare l’espressione delle opinioni altrui, a meno che non si parli di reati riconosciuti in Italia. Ad esempio per la “fiera della maternità surrogata”, noi come Fratelli d’Italia, facemmo un presidio semplicemente perché la divulgazione e la diffusione di quel materiale già infrangeva una legge.
L’intervista a Lamberto Bertolè
Assessore Bertolè, lei ha tra le sue deleghe anche quella sull’immigrazione. L’appuntamento del 17 maggio sulla remigrazione la riguarda quindi in prima persona. Cosa pensa della remigrazione e dell’appoggio che ha raccolto da alcuni esponenti della destra?
Dobbiamo smetterla, ma davvero rapidamente, di soffiare sul fuoco e di strumentalizzare un fenomeno strutturale come quello dell’immigrazione. Dobbiamo occuparci dei percorsi di integrazione e di inclusione delle 300.000 cittadine e cittadini milanesi di origine non italiana.
L’unica forma di rimpatrio che abbiamo in mente è quello volontario, e su questo abbiamo un servizio che aiuta chi vuole tornare al proprio paese. Ma per chi è qua e ha una propria attività, ha la propria famiglia e lavora qua, noi dobbiamo lavorare all’integrazione, che è l’unico modo di ridurre i rischi e le problematiche legate alle politiche migratorie che generano marginalità.
Oggi abbiamo un dibattito pubblico che paradossalmente alimenta gli elementi di rischio e di insicurezza che vorrebbe contrastare. Se noi avessimo politiche migratorie più serie e meno propagandistiche e ideologiche, avremmo sicuramente percorsi di inclusione migliori.
Molto concretamente penso alla fatica che oggi hanno fanno le persone per attuare i ricongiungimenti familiari, per avere un percorso di regolarizzazione a fronte di un lavoro e di un presenza sul nostro territorio, alla fatica per i ragazzi più giovani di frequentare attività agonistiche sportive, perché ci sono ostacoli anche da quel punto di vista. Ecco io credo che abbiamo davvero il dovere di provare a non fare più propaganda e affrontare in modo pragmatico e concreto un fatto strutturale del nostro tempo.
Il concetto di remigrazione è portato avanti anche da individui che sono stati dichiarati persone non gradite in alcuni paesi, e poi ci sono esponenti della Lega e non solo che sono d’accordo.
La nostra risposta è che abbiamo inaugurato tre mesi fa il Milano Welcome Center che è un centro di 1800 metri quadrati con 65 persone che lavorano come mediatori linguistici, consulenti giuridici e assistenti sociali proprio per accompagnare le persone con un background migratorio a intraprendere percorsi di inclusione per affrontare anche le questioni concrete del loro permanere a Milano. Questo è il modo migliore per dare risposte anche ai cittadini della città.
Il problema della destra italiana è che non riesce a tagliare fino in fondo il legame con l’estrema destra.
Qui stiamo parlando di una deportazione, una cosa da non prendere neanche in considerazione, ma il punto è che anche questo linguaggio è un linguaggio d’odio che fomenta un sentimento negativo e mette i cittadini gli uni contro gli altri. Dobbiamo lavorare invece per la coesione sociale non per il conflitto.
Una delle preoccupazioni è quella che il 17 maggio possano succedere degli incidenti, in particolare dopo i fatti di Corvetto.
Io credo invece che la città risponderà con una festa, con un racconto completamente diverso. Diverse associazioni e forze politiche si sono attivate in questo senso perché Milano non è quella che questa iniziativa estremista propagandista vuole, Milano è tutt’altro, e quel giorno, se dovesse essere confermata quell’iniziativa, si vedrà che Milano va dall’altra parte.
Devi fare login per commentare
Accedi