Immigrazione

Prima gli italiani

14 Aprile 2024

Il Parlamento europeo ha approvato il nuovo Patto Migrazioni e Asilo, la riforma della politica migratoria. Secondo ONG e associazioni di tutela dei diritti umani questa riforma smantella il diritto di asilo e non risolve i problemi che avrebbe dovuto risolvere, prima di tutto il numero di persone che muoiono in mare mentre tentano di effettuare traversate pericolose. Dal 2014 ad oggi più di 29mila persone sono morte o scomparse nel Mediterraneo durante quelle traversate secondo l’Organizzazione mondiale per le migrazioni.

Ma per misurare le capacità dei nostri legulei e dei burocrati che poi devono applicare le norme basta questa meravigliosa [sic] storia che è venuta a galla contemporaneamente al successo parlamentare di questi giorni.

E’ la vicenda di un italiano, Michel Ivo Ceresoli, nato e vissuto in Guinea.

Per tornare in patria, in Italia, si è affidato ai trafficanti ed è salito su un barchino per Lampedusa.

«Non so neanche io quante volte ho ripetuto il mio nome, ho mostrato il documento di riconoscimento da parte di mio padre, italiano. La mia pelle è scura, come quella di mia madre, guineana, io parlo solo francese. Gli uffici diplomatici italiani mi hanno ignorato. E, alla fine, mi sono rassegnato al viaggio dei migranti, rischiando la vita pur di arrivare qui per cercare mio padre».

Per altri nove mesi è stato costretto a vivere nel centro di accoglienza di Isola Capo Rizzuto.

Nato nel 1990 in Guinea Conakry da padre italiano, il direttore dei lavori della multinazionale Astaldi che stava realizzando strade. Quattro anni dopo nacque suo fratello Abraham, ma quando aveva sei anni, suo padre lasciò il Paese.

Con l’aiuto della sola madre ha studiato e si è laureato in diritto internazionale alla ‘Nongo Conakry University.

«Per noi la vita è stata assai complicata. Questo sangue italiano nelle vene ci ha solo ostacolato. Non ci consideravano guineani puri e venivamo discriminati. Io sono stato tra i primi dieci laureati, gli altri nove sono stati subito assunti, io mai. A me chiedevano soldi per lavorare. Nel 2006, ho deciso che era l’ora di venire in Italia, ma a Conakry non c’era una rappresentanza diplomatica italiana. Io avevo il mio atto di nascita con il riconoscimento di paternità ufficiale, mi serviva un visto che nessuno mi poteva dare. Quattro anni dopo, tramite un’amica di mia madre che vive in Italia siamo riusciti a rintracciare mio padre. Lui, al telefono con il console onorario, prima negò di avere dei figli in Guinea. In Italia aveva una moglie, un altro figlio, ma poi richiamò il console e ammise la verità. Ci eravamo illusi di aver ritrovato un padre. Sparì di nuovo, a quel telefono non ha più risposto, il console onorario mi aveva promesso che ai miei 18 anni avrei avuto il passaporto italiano».

Passaporto mai arrivato. Nel frattempo, nel 2018 aveva aperto l’ambasciata. Un appuntamento dietro l’altro, sempre rinvii, mille scuse.

«In Guinea ci trattavano malissimo, con razzismo. Non potevo più restare lì. Era mio diritto venire in Italia legalmente, e invece mi hanno obbligato a viaggiare clandestinamente e a mettere a rischio la vita. Non ho detto nulla a mia madre e a febbraio del 2023 ho preso i miei risparmi e sono partito. Il viaggio è durato sei mesi. Terribili. In macchina fino al Mali e poi in taxi fino al Niger dando in cambio il mio cellulare. I soldati nigeriani mi hanno rubato il passaporto. Ero riuscito ad arrivare in Algeria ma mi hanno beccato, messo in carcere e riportato al confine con il Niger. Lì mi sono rifugiato con altri migranti in una casa diroccata nel deserto. Non avevamo viveri, pochissima acqua. Un ragazzo mi ha permesso di chiamare la mia famiglia e mia madre ha mandato i soldi ai trafficanti che mi hanno portato in Algeria. L’ultima tappa, fino in Tunisia, 400 chilometri, a piedi». E poi Lampedusa il 4 luglio 2023.

«Non immaginavo certo che all’hotspot non mi avrebbero creduto. “Mi chiamo Ceresoli, non ho i documenti ma sono italiano”, ho detto alla polizia. Ma non mi credevano: ho la pelle scura, non parlo italiano. Alla fine mi hanno chiesto da dove venivo e quando ho risposto Guinea hanno messo quel Paese nella mia scheda e mi hanno spedito in un centro di accoglienza in Calabria».

Ci sono voluti altri nove mesi per ottenere il documento ed essere libero.

Volevano fargli fare, a lui che è italiano, la richiesta di protezione internazionale per vivere nel suo paese….

Il 22 febbraio scorso ha conquistato il suo documento italiano.

«Sono uscito dal Cara e grazie all’associazione Sabir sono stato accolto da una famiglia che mi sta ospitando. Sono laureato, vorrei poter trovare un lavoro, ma soprattutto vorrei trovare le mie origini e conoscere mio padre».

Un sogno andato in frantumi domenica 14 aprile quando ha appreso della morte del padre. Non ce l’ha fatta Michel a causa di tutto il tempo perso.

Alla votazione del Nuovo patto in parlamento europeo, la Lega di Salvini ha votato contro. A pensarci bene tocca dargli ragione. Nuove regole e interpreti acuti non riusciranno a farcela. Non si vede all’orizzonte “prima gli italiani”.

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