Economia

Perché Salvini vuole immigrati clandestini, e non regolari

18 Giugno 2018

Nell’estate del 2000, studente liceale, andai a lavorare in un agriturismo non lontano da casa, nella provincia lombarda, per pagarmi sigarette e benzina del motorino.

Il compito mio e di altri ragazzini era quello di raccogliere lamponi e mirtilli. Iniziavamo all’alba e smettevamo a mezzogiorno, quando diventava troppo caldo per continuare. Il mestiere non era certamente dei migliori: gli insetti ci massacravano le gambe, sole e pioggia erano fastidiosi ciascuno a modo suo, e la paga era a cottimo: duemila e cinquecento lire per ogni chilo di lamponi. Tiràteli su, un chilo di lamponi.

Ogni mattina all’alba il padrone ci aspettava sotto un’enorme bandiera del sole delle alpi – quella della Lega, per capirci – e ci smistava. Quando arrivavamo ai filari c’era già qualcuno al lavoro. Si trattava di qualche ragazzo africano, separato da noi e messo ad occuparsi dei lavori più pesanti. Dopo qualche settimana riuscii a fare conoscenza con uno di loro . Mi raccontò che erano tutti senza documenti, e per questo alloggiavano in una baracca di lamiera nei campi. Il padrone dava loro da mangiare due volte al giorno: mattina e sera.

A mezzogiorno, stanchi, sudati e affamati, noi ragazzi tornavamo a casa per pranzo. E i pomeriggi li passavamo in sala prove a suonare, o con la fidanzata. Loro invece mangiavano del pane avanzato a colazione e si rimettevano al lavoro. Il ragazzo africano mi disse di non conoscere nessuno in zona, di non parlare italiano e di non sapere dove sarebbe potuto andare in autunno. Insomma, da lì non se ne poteva andare.

Nel dibattito di questi giorni ci si confronta da posizioni contrapposte che non comunicano tra di loro. Da un lato “i buonisti”, dall’altro “i fascisti”. Ma non è insistendo sulla questione umanitaria, né mostrando dati grafici e tabelle, che giornalisti, militanti e politici della vasta area della sinistra avranno la meglio. Se avete provato a parlare con chi parteggia per il ministro dell’Interno, saprete che non attacca. Secondo loro gli immigrati non scappano dalle guerre, le ONG fanno il gioco degli scafisti e davanti all’”invasione” c’è poco da accogliere, bisogna pensare prima agli italiani.

Ciò che va fatto in questa situazione è scardinare il discorso salviniano. Smetterla di subire l’agenda leghista, e passare al contrattacco. Per farlo è necessario introdurre un elemento importante, che a mio avviso è assente dal dibattito di questi giorni. Bisogna parlare della cosiddetta “constituency” della Lega. Al di là del suo elettorato, che è probabilmente più vario e diversificato di un tempo, di chi fa gli interessi la Lega? Perché, e mi sembra che ce ne dimentichiamo colpevolmente ogni giorno, bisogna ricordarsi sempre che la politica è innanzitutto rappresentanza, è rappresentazione di interessi.

Al piccolo industriale veneto, all’agricoltore lombardo, ma anche al “latifondista” calabrese o siciliano, fa comodo avere un “esercito industriale di riserva”. Fa comodo avere degli schiavi tenuti nell’illegalità, da poter tenere costantemente sotto ricatto, da sfruttare, sottopagare, minacciare. Chi rompe le palle resta a casa. Sei incinta? Cazzi tuoi. Vuoi l’aumento? Ti caccio. Non è vero che la Lega non vuole gli immigrati. La Lega non vuole dare loro potere contrattuale.

Diciamo la verità. Le persone che emigrano continueranno ad emigrare. E in Europa, in Italia continueranno ad arrivare come negli ultimi decenni. Il punto sta nel come arriveranno. Legalmente, come decine di migliaia di italiani negli ultimi anni in Gran Bretagna, in Germania, in Francia? Cercando lavoro ma in regola, con stipendi decenti, ferie pagate, contributi e malattia? Oppure illegalmente, in balia degli scafisti prima, e degli sfruttatori in gran parte italiani, e talvolta perfino leghisti poi?

In fondo la domanda è sempre la stessa. È meglio legalizzare, regolamentare, controllare e gestire, oppure lasciare i fenomeni (in questo caso, quello dell’immigrazione) nelle mani della criminalità più o meno organizzata? La risposta delle destre è di solito la seconda. Per una questione di campagna elettorale permanente, certo.  Ma anche per una questione di elettorato e dei suoi interessi.

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