Immigrazione

Palermo, tra storia ed educazione civica

17 Maggio 2019

Uno dei problemi dei docenti di storia delle scuole secondarie è proprio quello di rendere la materia significativa per la vita dei ragazzi, adolescenti con altro per la testa. In genere è quasi impossibile, non per difficoltà dei ragazzi, ma perché il programma è densissimo (e anche i lavori di approfondimento non possono prescindere da un nozionismo di base), le ore sempre di meno, le incombenze dei docenti fuori dall’orario di lavoro sempre maggiori. E poi non tutti i docenti hanno la passione per la storia o l’hanno studiata bene: i docenti di liceo sono in gran parte laureati in filosofia, quelli degli istituti tecnici e professionali in lettere e per tutti la storia è una materia affrontata in pochi esami.

Ultimamente la Giornata della Memoria ha reso possibile l’uso di questa ricorrenza per svolgere attività didattiche che rendano agli studenti il senso di quel che studiano. Che è utile non tanto per impedire nel presente la ripetizione di vicende passate – di solito le cose non accadono sempre uguali – quanto per comprendere la complessità del presente e aprirsi a riflessioni critiche e mature sul mondo in cui dovranno vivere.

La Shoah si presta a molti usi, non sempre ortodossi e a volte offensivi, proprio perché la consideriamo il paradigma del male, un punto di riferimento con cui dobbiamo confrontarci per interpretare le varie forme con cui l’uomo ha procurato morte e dolore.

I ragazzi dell’Istituto Vittorio Emanuele III di Palermo hanno fatto quello che ogni studente dovrebbe fare: si sono fatti interrogare su quel che i libri (ma anche immagini, film e testimonianze) potevano dire loro del tempo presente. L’accostamento tra leggi razziste e decreto sicurezza è grossolano (soprattutto nella slide in cui si parla del rastrellamento del ghetto di Roma). Ma la docente, che si pretende che intervenga sulla libertà di pensiero dei ragazzi, ha fatto qualcosa di prezioso, che dà significato alla scuola: ha stimolato senso critico e fervore civico in ragazzi che hanno dedicato i loro pomeriggi a fare ricerche e a preparare una presentazione di storia invece di andare in spiaggia a Mondello o spararsi con gli avatar nei videogiochi. Non è questa una conquista in una terra che associamo a cose negative come la mafia, la corruzione e i selfie con gli arancini? Non è un segnale di una terra viva, che non si rassegna a reiterare quel che è sempre stato?

Nelle loro ricerche, gli studenti devono essere stati colpiti da quelle che possiamo definire assonanze (non analogie, né identità) tra l’immenso corpus legislativo che dal 1938 al 1945 ha determinato il declassamento di alcuni cittadini italiani e stranieri da un lato e certe misure gratuitamente persecutorie contenute nel decreto sicurezza dall’altro (in qualche misura critiche analoghe sono state rivolte da molti anche a Minniti). Che queste ultime ci siano non lo dicono degli adolescenti, ma lo sostengono fior di giuristi (si legga l’autorevole opinione dell’ASGI). Ad ascoltare tutta la presentazione, però, si scopre che i ragazzi mettono sul banco degli imputati anche l’Unione Europea e i cittadini indifferenti. E ricordano infine la proposta di “censimento dei rom”, aberrazione contro la quale i primi a protestare sono stati, non casualmente, proprio gli ebrei italiani. Insomma, il loro sguardo è stato più ampio della critica al decreto sicurezza e quella che emerge dalla presentazione è la voce di giovani cittadini preoccupati per il futuro piuttosto cupo che gli adulti stanno loro riservando.

Ai ragazzi, invece di punirli privandoli di una brava insegnante nelle due settimane cruciali di fine anno scolastico, andrebbe suggerito di fare un passo ulteriore in questo loro percorso di impegno civico: la naturale conseguenza del lavoro svolto è la richiesta di cambiare intitolazione alla scuola, dato che Vittorio Emanuele III fu tra i responsabili di quelle terribili vicende (e di molte altre) e non merita che gli sia dedicato un luogo di educazione dei giovani.

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