Immigrazione
Oltre il deficit, è ora di cambiare
Con la Legge n. 18 del 3 marzo 2009, il Parlamento italiano ha ratificato la Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità. Questa ratifica vincola l’Italia ad ampliare l’attenzione sulla persona con disabilità, accogliendo il principio basato sul modello sociale, la tutela dei diritti, la promozione dell’autonomia e l’elaborazione di nuovi principi di collaborazione con la famiglia e il territorio per una reale inclusione.
“Il bambino che si trova in una situazione di minorazione fisica, mentale o sociale, ha diritto di ricevere il trattamento, l’educazione e le cure speciali di cui ha bisogna per il suo stato o la sua condizione”, questa è stata la dichiarazione dei Diritti del bambino dell’ONU del 1959.
La Conferenza Mondiale sui diritti umani dell’ONU, cui esiti sono stati resi noti nel 1993, precisa che “tutti i diritti umani e le libertà fondamentali sono universali e includono senza riserve le persone disabili”.
Le Regole standard per il raggiungimento delle pari opportunità per i disabili, adottate dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 20 dicembre 1993, ricordano come “l’ignoranza, la negligenza, la superstizione e la paura sono fattori sociali che attraverso tutta la storia della disabilità hanno isolato le persone con disabilità e ritardato la loro evoluzione”.
Ciò che tuttavia caratterizza la Convenzione ONU in questione è l’aver decisamente superato un approccio focalizzato solamente sul deficit della persona con disabilità, accogliendo il “modello sociale della disabilità” e introducendo i principi di non discriminazione, parità di opportunità, autonomia e indipendenza, con l’obiettivo di conseguire la piena inclusione sociale, mediante il coinvolgimento delle stesse persone con disabilità e delle loro famiglie.
Essa infatti recepisce una concezione della disabilità che, oltre a ribadire il principio della dignità delle persone con disabilità, individua nel contesto culturale e sociale un fattore determinante per l’esperienza che la persona fa della propria condizione di salute. Il contesto è una risorsa potenziale che, qualora sia ricca di opportunità, consente di raggiungere livelli di realizzazione e autonomia delle persone con disabilità che, in condizioni contestuali meno favorevoli, sono invece difficilmente raggiungibili.
Il principio fondamentale della Convenzione sul diritto delle persone con disabilità del 30 Marzo 2007 è il principio di uguaglianza dei diritti tra bambini con disabilità e altri bambini, come viene riportato nel punto (r) del preambolo degli Stati Parti: “(…) i bambini con disabilità dovrebbero poter godere pienamente di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali su base di eguaglianza rispetto agli altri bambini (…)”. In tale punto si fa particolare riferimento alla Convenzione dei Diritti del Fanciullo, con richiamo agli obblighi assunti da parte di tutti i Paesi Parti.
“Nello sviluppo e nell’applicazione della legislazione e delle politiche ad attuare decisionali relativi a temi concernenti le persone con disabilità, gli Stati Parti si consulteranno con attenzione e coinvolgeranno attivamente le persone con disabilità, compresi i bambini con disabilità, attraverso le loro organizzazioni rappresentative ”, si legge nell’articolo 4, che fa riferimento agli obblighi generali degli Stati parti con l’impegno ad assicurare e promuovere la piena realizzazione di tutti i diritti umani.
L’articolo 7 della Convenzione sui Diritti del Fanciullo è rivolto particolarmente ai bambini con disabilità e ripropone nella sua completezza il principio di “superiore interesse del bambino“. Così afferma: “Gli Stati Parti prenderanno ogni misura necessaria ad assicurare il pieno godimento di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali da parte dei bambini con disabilità su base di eguaglianza con gli altri bambini.
In tutte le azioni concernenti i bambini con disabilità, il superiore interesse del bambino sarà tenuto prioritariamente in considerazione.
Gli Stati Parti garantiranno che i bambini con disabilità abbiano il diritto di esprimere le proprie opinioni liberamente in tutte le questioni che li riguardano, le loro opinioni saranno prese in opportuna considerazione in rapporto alla loro età e maturità, su base di eguaglianza con gli altri bambini, e che sia fornita adeguata assistenza in relazione alla disabilità e all’età allo scopo di realizzare tale diritto.”
Nell’articolo 23, intitolato “Rispetto del domicilio e della famiglia”, nel comma 3 gli Stati parti vengono posti di fronte al problema dell’occultamento, dell’abbandono e della segregazione dei bambini con disabilità, si legge che: “Gli Stati Parti devono assicurare che i bambini con disabilità abbiano pari diritti per quanto riguarda la vita in famiglia. Nell’ottica della realizzazione di tali diritti e per prevenire l’occultamento, l’abbandono, il maltrattamento e la segregazione di bambini con disabilità, gli Stati Parti si impegneranno a fornire informazioni, servizi e sostegni precoci e completi ai bambini con disabilità e alle loro famiglie”.
Nei comma 4 e 5 si richiama invece l’attenzione sull’intollerabile problematica della separazione del bambino con disabilità dai suoi genitori : “(…) In nessun caso un bambino deve essere separato dai genitori sulla base della propria disabilità o di quella di uno o di entrambi i genitori”.
Nel comma 5, in particolare, viene riportato: “ Gli Stati Parti si impegnano, qualora la famiglia di appartenenza non sia in condizioni di prendersi cura di un bambino con disabilità, a non trascurare alcuno sforzo per fornire cure alternative all’interno della famiglia allargata e, ove ciò non sia possibile, all’interno della comunità in un ambiente familiare.”
Nell’Articolo 24 si pone al centro il diritto all’istruzione prevedendo l’integrazione scolastica quale sistema educativo “(…) allo scopo di realizzare questo diritto senza discriminazioni e su una base di eguaglianza di opportunità, gli Stati Parti faranno in modo che il sistema educativo preveda la loro integrazione scolastica a tutti i livelli e offra, nel corso dell’intera vita, possibilità di istruzione finalizzate”.
Nell’articolo 25, dove si fa riferimento specificatamente alla salute, la Convenzione parla chiaramente e chiama gli Stati Parti a riconoscere che le persone con disabilità godono di “(…) diritto di godere del più alto standard conseguibile di salute, senza discriminazioni sulla base della disabilità. Gli Stati Parti devono prendere tutte le misure appropriate per assicurare alle persone con disabilità l’accesso ai servizi sanitari che tengano conto delle specifiche differenze di genere, inclusi i servizi di riabilitazione collegati alla sanità.”
Il punto b del art.25 richiama l’attenzione al diritto del bambino alla diagnosi precoce: “Fornire specificamente servizi sanitari necessari alle persone con disabilità proprio a causa delle loro disabilità, compresi la diagnosi precoce e l’intervento appropriato, e i servizi destinati a ridurre al minimo ed a prevenire ulteriori disabilità (…)”.
Nell’art.26 viene scritto che: “Gli Stati Parti adottano misure efficaci e adeguate, in particolare facendo ricorso a forme di mutuo sostegno, al fine di permettere alle persone con disabilità di ottenere e conservare la massima autonomia, la piena abilità fisica, mentale, sociale e professionale, e di giungere alla piena inclusione e partecipazione in tutti gli ambiti della vita.”
È molto significativa anche la seconda parte dell’art.26, dove vengono sottolineati i concetti di “intervento precoce” e “valutazione ” formulati sui “bisogni individuali” della persona con disabilità. Nel punto (a) si sottolinea l’importanza che i servizi e programmi complessivi per l’abilitazione e la riabilitazione “ abbiano inizio nelle fasi più precoci possibili e siano basati su una valutazione multidisciplinare dei bisogni e dei punti di forza dell’individuo”.
Nell’Articolo 30 viene enunciato il diritto di tutti i bambini alla partecipazione alla vita culturale, alla ricreazione, allo sport e al tempo libero. Al punto (d) troviamo: “Assicurare che i bambini con disabilità abbiano eguale accesso rispetto agli altri bambini alla partecipazione ad attività ludiche, ricreative, di tempo libero e sportive, incluse le attività comprese nel sistema scolastico”.
Alla fine della Convenzione troviamo le parole chiave come comunicazione; linguaggio; discriminazioni legate alla disabilità ; accomodamento ragionevole e progettazione universale. Vediamo come vengono definite dalla Convenzione.
-per “comunicazione” si intendono le lingue, la visualizzazione di testi, il Braille, la comunicazione tattile, la stampa a grandi caratteri, i supporti multimediali accessibili nonché i sistemi, gli strumenti ed i formati di comunicazione migliorativa ed alternativa scritta, sonora, semplificata, con ausilio di lettori umani, comprese le tecnologie dell’informazione e della comunicazione accessibili;
-per “linguaggio” si intendono le lingue parlate e la lingua dei segni, come pure altre forme di
espressione non verbale;
-per “discriminazione fondata sulla disabilità” si intende qualsivoglia distinzione, esclusione o restrizione sulla base della disabilità che abbia lo scopo o l’effetto di pregiudicare o annullare il riconoscimento, il godimento e l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale, civile o in qualsiasi altro campo. Essa include ogni forma di discriminazione, compreso il rifiuto di un accomodamento ragionevole;
-per “accomodamento ragionevole” si intendono le modifiche e gli adattamenti necessari ed appropriati che non impongano un onere sproporzionato o eccessivo adottati, ove ve ne sia necessità in casi particolari, per garantire alle persone con disabilità il godimento e l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali;
-per “progettazione universale” si intende la progettazione di prodotti, strutture, programmi e servizi utilizzabili da tutte le persone, nella misura più estesa possibile, senza il bisogno di adattamenti o di progettazioni specializzate. La “progettazione universale” non esclude dispositivi di sostegno per particolari gruppi di persone con disabilità dove siano necessari. In conclusione il nuovo approccio impone una sfida per le persone con disabilità stessi e per il resto della società. Una sfida complessa ma non impossibile da affrontare. Un’adozione, pur parziale, del nuovo modello porterebbe portare benefici alla società nel suo complesso, andando a sostituire un graduale pietismo della qualità di vita con l’attiva partecipazione delle persone con disabilità alla vita sociale. Ciò dovrebbe avvenire generalmente attraverso i canali dell’istruzione, nel suo senso più ampio, e dell’impiego, in un mercato del lavoro aperto a tutti .Agire per la tutela dei diritti umani delle persone con BES significa considerare il deficit non come un modello medico , ma come un rapporto sociale tra le caratteristiche delle persone e l’ambiente attraverso il modello bio-psico-sociale. Un modo di pensare sancito prima dall’OMS e poi dall’ONU nell’ art. 3 della Convenzione, dove tra i principi generali viene posta “la piena ed effettiva partecipazione e inclusione nella società” (Immigration Inclusive Centre of Venice ,Italy )
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