Immigrazione
Mi laureo, io, figlio d’immigrati arrivati clandestini in Italia
Ci ritorno con ciclica puntualità. È l’incontro tra impresa e studenti, tra un amministratore delegato o un presidente e un gruppo di giovani, in alcuni casi laureandi, in altri già laureati, in altri ancora senza laurea, che cercano d’imparare a capire come si entra nel mercato del lavoro.
È la Soft Skills Academy, l’idea rivoluzionaria di un giovane imprenditore, Massimo De Donno, il quale ha progettato e realizzato l’idea di far incontrare coloro i quali hanno creato e sviluppato aziende di successo; e giovani ragazzi che, in fase ancora di formazione, stanno ad ascoltare quali caratteristiche, quali attitudini debbono apprendere e fare loro, per diventare imprenditori di successo. Sono proprio queste le Soft Skills, cioè le qualità che un giovane deve imparare ad avere oltre alle hard Skills, ovvero la formazione base, per esercitare una qualunque professione.
L’incontro che vi offro, con le immagini che seguono, sono quelle tra un imprenditore, Michele Rossi, Presidente di TRM, ingegnere, e Gerson, ragazzo che dal Perù è venuto a vivere in Italia da bambino e che tra pochi giorni coronerà un sogno: diventare Dottore, laureandosi.
Gerson e Michele si sono conosciuti da pochi minuti e l’uno ringrazia l’altro per il tributo offerto.
Michele racconta delle proprie radici familiari. Della necessità di costruire un ambiente professionale in cui due siano le strade da percorrere quando si lavora in team: la competenza e la felicità. Se non ami la vita, se non coltivi te stesso perché non sai quello che vuoi, se non cogli le radici che ti rendono quello che sei, non potrai mai davvero fare un lavoro in modo efficiente. Michele offre ai ragazzi in aula il calore di un padre molto amato, lo smarrimento del giovane che fu, la determinazione di una laurea conquistata studiando, e la volontà di coltivare le persone: attraverso il volontariato in carcere e in strutture in cui s’è preso cura di bambini abbandonati dalle famiglie.
Gerson racconta come, dopo due bocciature, ha “scelto di essere libero in un Paese che offre la libertà di ‘essere’. Ed io ho scelto di essere un uomo che attraverso la laurea si dà una chance. Ed anche se al liceo sono stato bocciato due volte, non ho voluto finire al parco ad ubriacarmi, o saltare la scuola chiudendomi in qualche cantina. Di questo devo dire grazie a mio padre arrivato dal Perù in Italia, senza permesso di soggiorno nel 2001, poi regolarizzato, e che con sacrificio ha costruito una casa qui, in Italia; e una in Perù dove non ne aveva neanche una. Il suo spirito di sacrificio è stato importante ed oggi lo ringrazio.”
Gerson è un ragazzo italiano, a tutti gli effetti. Un giovane che ha scelto di non arrendersi ma di credere in sé stesso. Un esempio che racconta due cose su tutte: la prima è che la formazione degli studenti oggi, non può essere uguale a quella di fine ‘800.
La seconda è che la formazione non dipende solo dall’acquisizione di competenze tecniche, ma anche dalla consapevolezza che ciascuno deve imparare ad avere di sé. Il compito più difficile, forse. Creare lavoro e ricchezza, generare idee e prodotto interno lordo lo si deve anche alla capacità di coltivare le persone. Sarebbe bello che anche la scuola cominciasse a lavorare sulla formazione morale e personale dei propri studenti e non solo sulle competenze tecniche. Non possono esserci le prime senza che non vi siano anche le seconde.
Il segreto della vita, del lavoro, del successo, è dare. A noi stessi, anzitutto, il diritto di sognare.
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