America

L’ordine esecutivo di Biden sui migranti: tra giustizia e realpolitik

21 Giugno 2024

“L’unica cosa che importa a Biden è il potere. Ecco perché sta concedendo l’amnistia e la cittadinanza a centinaia di migliaia di illegali che alla fine voteranno per lui e il Partito Democratico”. Così Donald Trump dopo avere saputo del nuovo ordine esecutivo annunciato da Joe Biden che amplierà la sanatoria ai “dreamers”, giovani portati in America da genitori senza documenti. Questi individui non sanno quasi niente del Paese di origine e sono a tutti gli effetti americani poiché cresciuti e istruiti negli Usa.

Le parole di Trump hanno una vaga parentela con i fatti. L’ordine esecutivo di Biden non concederà la cittadinanza perché non lo può fare. I beneficiari del suo ordine esecutivo potranno divenire cittadini ma dovranno aspettare un minimo di cinque anni e quindi non potranno votare per l’attuale presidente. Ciononostante l’azione di Biden potrebbe avere qualche effetto di realpolitik ma in realtà include anche una buona dose di giustizia e umanità.

L’ordine di Biden si rifà al Deferred Action on Childhood Arrivals (DACA) approvato da Barack Obama nel 2012 quando Biden era il suo vice. DACA ha offerto benefici ai giovani “dreamers”, (sognatori) che desiderano vivere nell’unico Paese che li ha visti crescere e formarsi. Gli ha permesso di ottenere permessi di soggiorno temporanei e lavorare negli Usa legalmente. Il recente ordine di Biden aprirebbe le porte alla residenza legale agli individui senza documenti legali sposati con cittadini americani. Fino ad oggi questi individui erano costretti ad uscire dal Paese per potere iniziare le procedure di regolarizzazione. Una volta fuori dagli Usa non c’era nessuna garanzia che sarebbero potuti rientrare. Biden permetterebbe loro di rimanere negli Usa mentre il loro iter immigratorio procede. L’ordine esecutivo favorisce anche i figli di queste famiglie “miste”, ossia quelle che includono individui con diritto di residenza legale e altri senza. Si calcola che 500 mila di adulti potranno beneficiare come pure 50 mila bambini.

I “dreamers”, sognatori, sono giovani senza documenti legali portati dai loro genitori negli Usa. Sono cresciuti negli Usa e in effetti cittadini americani a tutti gli effetti eccetto in senso legale. L’ordine esecutivo di Barack Obama (Deferred Action on Childhood Arrivals) approvato nel 2012 gli ha permesso di evitare la deportazione e integrarsi nel loro Paese ma in maniera limitata. Biden lo ha modificato fornendo a quelli con lauree o diplomi di studi avanzati un iter per ottenere la residenza legale. Eventualmente potrebbero ottenere la cittadinanza Usa.

L’ordine esecutivo di Biden amplia anche i diritti dei beneficiari di DACA. Quelli con possesso di una laurea o diploma universitario avranno strade più aperte alla regolarizzazione e non dovranno richiedere rinnovi ogni due anni. In effetti Biden continua a fare quello che fece Obama con DACA, ossia usare i suoi poteri per risolvere alcune problematiche dell’immigrazione che il Congresso non ha risolto con nuove leggi.

L’ordine esecutivo di Biden sarà ovviamente sfidato dai repubblicani come è avvenuto con il DACA di Obama. Nonostante tutto però continua a essere in vigore offrendo una cordata ai giovani senza documenti legali di rimanere nel Paese e contribuire all’economia. Allo stesso tempo contribuisce a mantenere famiglie unite, come ha reiterato Biden. Questi “dreamers” sono ben voluti da tutti gli americani e sorprende che nessuna legge sia stata approvata per regolarizzare completamente la loro situazione.

La mossa umanitaria di Biden sull’immigrazione include anche un aspetto politico. Il supporto dei latinos e afro-americani, secondo recenti sondaggi, si era affievolito per il candidato del Partito Democratico. L’ordine esecutivo potrebbe però apportare benefici politici a novembre specialmente in alcuni Stati con folti numeri di latinos come il Nevada e l’Arizona. Secondo alcuni sondaggi in questi due Stati la mossa di Biden potrebbe aumentargli i consensi con i latinos di 9 punti. Si prevede un’elezione combattuta e alla fine decisa dagli Stati in bilico e persino poche migliaia di voti potrebbero determinare il risultato finale.

Trump ha sempre usato gli attacchi ai migranti per ottenere consensi elettorali. Nella campagna elettorale ha accusato il Messico di inviare i peggiori elementi agli Stati Uniti. Ha anche promesso di costruire il muro al confine sud asserendo falsamente che il Messico avrebbe pagato le spese. Negli ultimi mesi ha amplificato i suoi attacchi ai migranti accusandoli di essere non altro che “animali”.

Se Biden ha mostrato una certa sensibilità verso i migranti Trump invece ha promesso deportazioni di massa degli stimati 11 milioni di residenti senza permesso di residenza legale negli Usa. Ovviamente l’ex presidente le spara molto grosse come quando nella campagna elettorale del 2016 promise di costruire il muro alla frontiera al sud del Paese asserendo che Messico lo avrebbe pagato. Promesse che alcuni hanno dimenticato. Non si sono dimenticate le sue aspre dichiarazioni verso i migranti che in non pochi casi ha etichettato di “animali”, descrivendoli esclusivamente come responsabili di droghe e tutti i reati immaginabili.

La American Civil Liberties Union (ACLU), l’organizzazione non governativa che difende i diritti civili e la libertà individuale, ha promesso che difenderà l’ordine esecutivo di Biden. Allo stesso tempo la ACLU ha indicato che sfideranno l’altro ordine esecutivo lanciato da Biden che limiterà il numero dei richiedenti asilo a 2500 al giorno. Appena questo numero sarà raggiunto gli ingressi saranno bloccati fino a quando i numeri scenderanno a una media di 1500. Secondo la ACLU questa mossa viola il diritto di richiedere asilo sancito dalla legge internazionale e quella americana.

Con i suoi due ordini esecutivi Biden ha cercato di mettere a tacere le preoccupazioni sull’immigrazione non autorizzata ma allo stesso tempo ha usato i suoi poteri per migliorare la situazione di individui già negli Usa. Il bastone e la carota dunque. Il fatto che queste due mosse lo potrebbero aiutare a conquistarsi un secondo mandato non gli dispiacerà nemmeno.

 

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Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della  National Association of Hispanic Publications.

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