Governo

L’isola che non c’è. Nuove proposte

20 Settembre 2023

La vicenda delle migrazioni prende un po’ tutti, a livelli diversi, e fa scaturire le ipotesi più bizzarre per suggerire soluzioni, blasonate, ossia da politici di professione, o più originali, da uomo della strada, per lo più padani, seguaci del Capitano senza macchia e senza paura.

Credo che, visto il livello dei partecipanti al quiz, sia, appunto, quelli blasonati, sia i miseri mortali, fare un’incursione nei celebri loci argumentorum dell’arte retorica (quis, quid, ubi, per quos, quoties, cur, quomodo, quando), declinati variamente secondo i vari intellettuali nelle loro epoche fin dall’antichità, sia un’impresa inutile. Coloro, i partecipanti al quiz, mi guarderebbero come una mucca che guarda passare il treno, senza capire alcunché. Beh, non è che possano capire molto altro, va detto, ma non credo che siano capaci nemmeno di arrivare a un quesito fondamentale tra i cinque della regola delle cinque W, della quale forse potrebbero aver sentito parlare, visto che siamo tutti immersi in questo debordante mondo anglosassone che ci fa sputare sentenze con termini anglici spesso a sproposito.

Cinque W, ossia le cinque domande che si dovrebbe fare un giornalista, o chiunque voglia fare un discorso sensato, rispetto a un fatto di cui si vuol parlare: Who? What? When? Where? Why? Cioè chi, cosa, quando, dove e soprattutto perché, come rimarcherebbe Marco Liorni, conduttore della Reazione a catena ogni giorno su RAI1.

La regola delle cinque W è in effetti una regola che ognuno di noi dovrebbe tenere cara, bisognerebbe insegnarla fin dalla scuola primaria per cercare di far ragionare i ragazzini e far fare ginnastica ai neuroni, spesso anestetizzati dai telefonini, per iniettare un po’ di logica. Dubito che venga fatto tutto ciò, perfino nei quiz d’esame a cui l’esaminando di turno dovrà metter una x sulla data della battaglia di Waterloo, scegliendo tra 212 a.C. , 1066, 1789, 1815, 1943. La domanda successiva sarà probabilmente chi fu sconfitto in quella battaglia: Marco Claudio Marcello, Papa Innocenzo III, il Re Sole, Napoleone, Francesco Giuseppe. Lasciamo stare.

Torniamo alle cinque W. Una delle domande che nessuno, ti giuro, nessuno, si fa mai, ma proprio mai, quando quelli dell’inizio di quest’articolo hanno voglia di aprire la bocca per parlare d’immigrazione, è una di quelle che ci si dovrebbe porre per prime: perché?

Perché tutta questa gente di tutti i colori, di tutte le etnie, di tutte le età, fugge da un posto per cercarne uno nuovo in Europa? O negli Stati Uniti, per i migranti latinoamericani. Perché lo fanno? Per sport? Per scommessa cogli amici al bar? Per capriccio? Per turismo? Voglio prendere un taxi del mare, domani, ti faccio vedere che ci arrivo.

Nessuno, ti giuro, nessuno si pone la domanda fondamentale ma tutti, ti giuro, tutti riescono a dire delle solenni minchiate al proposito.

Cominciamo con Michaela Biancofiore che se ne esce bellamente con la proposta di costruire un’isola artificiale in mezzo al mare (in acque internazionali) dove far approdare i barchini, i barconi, le barchette cariche di negri – mi si perdoni la g ma in padano lombardo si dice l’è negher, anche riferito a parti anatomiche di solito al buio. Proprio così, un’isoletta con un centro di accoglienza dove si esaminano tutti i nuovi venuti, documenti alla mano, e si controlla chi ha il diritto di approdare in Europa e chi invece va rispedito indietro. I documenti, sì, come no. Probabilmente nella sua testa ci saranno anche le file ordinate, le petunie alle finestre delll’hub, e tutti gli accessori necessari, forse anche un centro commerciale dove i viaggiatori possano fare acquisti, un bingo e un casinò. Poveretta, proprio vive in un mondo tutto suo, ’sta Biancofiore, perché ha visto che a Dubai costruiscono isole in mezzo al mare, assai accessoriate, e danno loro pure forma del mappamondo o di palme o di altre cose. Non contenta, la tapina spiega che Dubai, monarchia assoluta dove esistono gli schiavi (i quali saranno stati utilizzati per costruire le isolette così ammirate da colei), è un faro di civiltà. Potrebbe anche proporre la forma di quest’isoletta, magari farne un frattale dell’Europa e chiamarla Europa I o Europa II, casomai una non bastasse per l’accoglienza. Così si darebbe anche l’illusione di far approdare i naviganti in Europa. Biancofiò, ma perché non ti occupi di ricamo e l’isoletta te la ricami al tombolo? Così te fai contenta. L’Italia non riesce manco a ricostruire sulle rovine di Amatrice e figuriamoci se si mette a costruire isole artificiali dotate di hub e di quant’altro è necessario. Forse Biancofiore ha preso un prodotto per dormire e ha fatto sogni visionari. Coraggio, Italia! nel senso che ci vuole veramente coraggio ad esprimere pubblicamente idee così strampalate senza rendersi conto. Ricordiamo che la senatrice Biancofiore riceve uno stipendione pagato da noi per illuminarci con codeste idee geniali. Dimostrazione che non è dimezzando il numero dei parlamentari che si riducono gli sprechi.

Magari, una volta finiti i flussi migratori, l’isoletta artificiale si potrebbe anche riciclare come hub turistico o farla diventare un’Isola dei Famosi in un nuovo gioco televisivo intitolato Profugo all’ultimo sangue. Non si butta via niente, anche perché la nuova isola è costata soldi dei contribuenti, eh! Almeno recuperiamo i soldi coll’affitto al produttore dello spettacolo e la offriamo ai telespettatori. Immaginiamo i vip nelle vesti di profughi, la Saint in what, per esempio, che prima o poi dovrà dimettersi da questo governo viste le cose che stanno emergendo dalle indagini che la riguardano, oppure le varie starlette passeggere, di tutti i generi, magari riciclando le Ruby Rubacuori che, ormai passato a miglior vita il datore di lavoro, sono realmente profughe da un glorioso passato e disoccupate. O, perché no, la stessa Biancofiore che così si misurerebbe colla sua creatura.

Ma andiamo a sentire le proposte dei partecipanti alla kermesse di Pontida, luogo d’incontro delle menti più eccelse del Paese. Coloro hanno ben altra proposta e la espongono perfino sulle magliette. Probabilmente vogliono scimmiottare le maglie e le felpe del Capitan Ruspone, che, a seconda di dove andava a portare il suo Verbo, cambiava ogni giorno i soggetti e gli slogan stampati sulle sue felpe, finché in Polonia il suo Verbo non è andato a buon fine: aveva la faccia di Putin stampata, essendone un fan, e gli hanno fatto notare, ed erano pure amici, che lì Putin era il nemico numero 1. Un viaggiatore disinformato, come sempre. Nostalgia della Bestia?

Fatto sta che questi suoi seguaci hanno manifestato la brillante idea: cedere, nemmeno vendere, cedere Lampedusa all’Africa. Proprio così, all’Africa. Ma, ci si chiede, a quale paese dell’Africa, ce ne sono tanti e ognuno ha lingue e comunità diverse. Ma, per il leghista propugnatore della cessione di Lampedusa, l’Africa è una cosa sola, evidentemente. Fa quasi tenerezza.

Così se vogliono arrivare se la colonizzano e restano lì.

E gli abitanti di Lampedusa? Chiede sconvolto l’intervistatore da tanto acume.

Gli abitanti di Lampedusa, che saranno seimila, abiteranno in seimila villette che si faranno prontamente costruire in Sicilia. Risposta olimpica dell’intervistato, il quale continua nel suo altrettanto olimpico delirio asserendo con convinzione che l’Istria e le sue isole furono cedute alla Yugoslavia: perché, quindi, non si può cedere Lampedusa all’Africa?

Gli fanno notare che quello fu il risultato di una guerra persa, ma il leghista va avanti ingrassando la sua teoria.

Perché, non è una guerra questa, non è un’invasione? Quando i nostri nonni italiani sparavano agli invasori austriaci non facevano bene?

Gli fanno notare che la Prima Guerra Mondiale era un’altra cosa e che se proprio si doveva cercare il pelo nell’uovo, gli invasori erano proprio gli italiani e non gli austriaci. Tempo perso. La Storia non è proprio il forte del leghista ruspante, e manco di quello in cima alla classifica. E, oltre la Storia, manco la Geografia. Ma tant’è, in democrazia bisogna anche misurarsi con questi mentecatti, purtroppo.

Il signor Giorgia, che ha gatte da pelare una dopo l’altra – Hai voluto la bicicletta? Adesso pedala -, proponeva, in una campagna elettorale che sembra lontanissima e invece è solo dell’anno scorso, di difendere le coste con un blocco navale perpetuo. Chissà con quali mezzi, una nave ogni cento metri, ogni mille, ogni tremila? Da dove a dove? E chi li pagherebbe? E cosa farebbero tutte codeste navi in mezzo al mare? Salverebbero le persone sui barconi o le farebbero affogare? Li silurerebbero? Metterebbero le mine? Non è chiaro. Questa del blocco navale non l’abbiamo più sentita, ma la gente meno attrezzata di materia grigia l’ha bevuta e l’ha ripetuta, in quelle orge d’ignoranza e banalità che sono i comizi del signor Giorgia e fratelli.

Quell’altro, oggi suo vice, che si permette di sfoggiare, invitandola, Marine Le Pen proprio nel giorno in cui von der Leyen va a Lampedusa col suo premier per fare il punto della situazione, sapendo che Marine Le Pen è nemica acerrima della Presidente della Commissione Europea, pur di destra, sosteneva che bisognasse chiudere i porti. Probabilmente con una catena, come si faceva anticamente. Clic, e il porto è chiuso. Immagini semplici per decerebrati. Ma i decerebrati di quelle altre orge padane di Pontida dimostrano che riescono ad andare oltre.

E, siccome nessuno, ti giuro, nessuno, anche tra le persone che ragionano un po’ meglio, si pone la famosa domanda, ossia perché?, nessuno riesce a formulare una vera soluzione.

Quando si ha una malattia, perché comunque l’emigrazione, o più propriamente LA FUGA, è il sintomo che qualcosa non funziona proprio bene nel paese d’origine del migrante, i medici cercano di fare delle indagini sulle cause di quella malattia, in modo da identificarla e cercare di curarla, se si può. L’indagine è fondamentale per capire come la malattia si è fatta strada nel corpo, quando è cominciata, da dove può essere venuta, ed ecco che le cinque W trovano immediatamente applicazione, anche nel campo medico. Si chiama metodo.

Nel campo politico, almeno in quello attuale, un metodo sembra non esistere. A meno che, per metodo, non si intendano la superficialità e la demagogia, monarche assolute, che sono malattie ben più gravi, in quanto producono solo disastri, proprio perché manca l’indagine mentre il problema, sconosciuto o ignorato, si espande a macchia d’olio. E già, da quando sono al governo questi qui gli sbarchi si sono moltiplicati, a dispetto dei blocchi navali e dei porti chiusi millantati in campagna elettorale. Vogliono perfino pagare il dittatore tunisino perché rimandi indietro i negri e perché controlli la guardia costiera, ma il dittatore vuole i soldi non offrendo alcuna garanzia, proprio così, voglio i soldi e basta. Cu è chiù fissa carnevale o cu ci va d’appressu? Si dice in Sicilia.  E chi ci va d’appressu sembra essere lampante chi sia.

Soldi, soldi, soldi, tanti soldi, i beneamati soldi, la chiave sembra essere lì, probabilmente alimentata dall’idea che se hai i soldi puoi comprare quansiasi cosa e chiunque, Massimiliano I d’Asburgo i lanzichenecchi, Putin i suoi mercenari, Meloni e von der Leyen Saïed e pure Erdogan, altro grande pirata della Storia.

Quest’idea bizzarra, formulata soprattutto da due donne, seppure di potere, rende l’affare ancora più grottesco per un mondo maschile, islamico, dove la donna praticamente non esiste e quindi non è degna nemmeno di rispetto.  E, naturalmente, non risolve il problema fondamentale: perché le persone fuggono dai loro paesi d’origine, al punto da mettere in forse la propria vita e quella delle famiglie con cui partono alla ricerca di un mondo più sicuro dove possano, almeno, sopravvivere?

Solo agendo sul perché si potranno trovare delle risposte e lavorare su quelle, altrimenti è e sarà sempre aria fritta. Anche se il perché, chi sta al governo, credo che lo sappia bene. Ma non sta bene dirlo in pubblico e rendere noto agli elettori i veri motivi e quindi il frutto avvelenato della loro smania consumatrice. Ormai il famoso “aiutiamoli a casa loro”, a parte essere una delle frasi più demagogiche in assoluto, si è visto che non funziona. Begli ingrati che scappano anche se li aiuti in casa loro.

E io pago.

P.S. Ah, sì, ecco, tra isole artificiali e isole regalate all’Africa, ci sarebbe una modesta proposta, abbastanza perfida ma adatta alla perfidia del signor Meloni e dei suoi altrettanto perfidi fratelli: dare immediatamente il passaporto italiano a chiunque arrivi a Lampedusa. Con questo documento, visti gli accordi tra i fratelli d’Europa, senza confini, i nuovi cittadini italiani potrebbero circolare, andando dove più loro aggradi. Tanto si sa che i migranti che vengono dall’Africa, francofoni o anglofoni, non è qui che vogliono stare ma in Francia, in Germania e nel Regno Unito. Così il signor Meloni starebbe a guardare la faccia delle guardie di frontiera del suo caro amico Macron a Ventimiglia, vedendo passare i negri senza colpo ferire, massaggiandosi le doppie punte della sua chioma bionda con soddisfazione. Certo, dovrebbe risolvere i problemi coi suoi alleati che invece vorrebbero silurare le barchette, perché è un’invasione, oppure fare pace col cervello di suo cognato che è preoccupato dalla sostituzione etnica, ma tant’è, qualche contrasto in famiglia c’è sempre, mica siamo nel paese dei balocchi. Melò, mettete a lavorà, oppure tra qualche mese farai ciao ciao e te ne tornerai all’opposizione, dove tutto era più facile.

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