Immigrazione

Liliana Segre e la Svizzera, solo una nota in cronaca?

5 Dicembre 2023

“Bisogna respingere gli immigrati, ma non possiamo sparargli, almeno per ora” (Roberto Castelli, Viceministro alle Infrastrutture e ai Trasporti, 21 aprile 2011)

“So che questo compito spetterebbe alle autorità federali, ma è mio onore personale chiedere scusa a Liliana Segre. Chiedere scusa e sperare che quell’errore non si ripeta più. Che sia un errore che appartiene alla storia e al passato”. Sono scuse ufficiali quelle rivolte dal consigliere di Stato svizzero Manuele Bertoli a Liliana Segre lunedì 3 dicembre all‘USI di Lugano, durante un evento organizzato dalla Goren Monti Ferrari Foundation.

Davanti a una platea composta da rappresentanti istituzionali e studenti dei 6 licei cantonali, la Svizzera, tramite un suo rappresentante, ha pubblicamente chiesto scusa per la prima volta dopo 75 anni alla sopravvissuta alla Shoah e senatrice a vita per il rifiuto delle guardie che quel 7 dicembre 1943 rimandarono indietro lei, suo padre e due zii in Italia, dove furono arrestati e poi deportati ad Auschwitz. Centinaia i ragazzi presenti, che, mentre Liliana Segre entrava in sala, si sono alzati applaudendo.

Una nota in cronaca con qualche foto anche sui giornali italiani di quanto avvenuto in Svizzera.
Non ho letto riflessioni su questo evento.
Sicuramente perché sono stato distratto.
Allora provo io a ritornare su quanto accaduto a Liliana Segre 75 anni dopo, per chi vive sul suolo italico.
Lei stessa autorizza la possibilità di rendere questa memoria qualcosa che riguarda il nostro presente.

Scegliendo parole non casuali nel suo discorso, ha affermato: «Quando sono stata nominata senatrice a vita sono rimasta sorpresa: ho detto “io sono stata una clandestina con i documenti falsi, una richiedente asilo respinta, e una lavoratrice minorile schiava”. E oggi divento senatrice?!».
E alla fine del suo discorso: «Non stupiamoci se delle persone vengono da noi a cercare fortuna e una vita migliore…».

Tra 75 anni il tribunale della storia cosa dirà di chi in questi anni si è riempito la bocca con slogan come “blocco navale, porti chiusi”? Chi ha progettato di deportare richiedenti asilo in Albania?
Chi si è preso la grave responsabilità di dichiarare e poi agire di conseguenza secondo il principio: «Respingere i clandestini un crimine? No, un dovere». Chi davvero oggi è all’opera perché si chiuda la porta del passato su pratiche vergognose di respingimento?

Sempre Liliana Segre: «Quando vengono compiute violenze, ci sono sempre modalità analoghe. Ma c’è una cosa che, a differenza di altri, trovo identica ad allora: il distacco, il disinteresse collettivo verso persone che, pur con storie diverse, decidono di mettere pochi oggetti in valigia, lasciare le proprie case e lasciarsi alle spalle la vita intera, la propria città, pur sapendo di rischiare la morte, di farla rischiare ai figli piccoli […] Va sottolineata l’analogia tragica dell’indifferenza e bisogna aiutare gli italiani a respingere la tentazione di voltarsi dall’altra parte»

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