Governo
Le minacce alle Ong ci sono. La Guardia Costiera smentisce il Viminale
«Non ci risultano minacce» alle Ong dice il Viminale. Il virgolettato, fatto titolone a pagina 2 del Corriere della Sera, è del vice ministro dell’Interno Filippo Bubbico intervistato in risposta all’annunciata interruzione di MSF e altre Ong delle missioni di ricerca e soccorso nelle acque internazionali della SAR zone. La sospensione di MSF e di altre due ONG (tra cui Save The Children e Sea Eye) non è tuttavia un capriccio dai connotati infantili però. Tanto meno una diserzione da aut-aut “o così o pomì”, sulla falsa riga dell’assenza di un Minniti al consiglio dei ministri dei giorni scorsi. E’ qualcosa di più serio, eccome. La decisione di MSF di lasciare la nave Prudence ormeggiata al porto di Catania è supportata da un dispaccio del Mrcc di Roma, il centro di coordinamento operazioni in mare della Guardia Costiera, con tanto di carta intestata del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti retto da Graziano Delrio.
«Oggetto: Possibile rischio security» è l’avviso del mittente Mrcc, inviato a MSF e Save The Children per le navi Vos Prudence e Vos Hestia, che battono bandiera italiana ed appartengono alla flotta dell’armatore Vroon. «Questo MRCC è venuto a conoscenza, tramite fonti aperte di cui si allega uno stralcio, che le Autorità Libiche hanno manifestato minacce nei confronti di tutte le unità ONG operanti nella Sar Rescue Region Libica. Tanto si rappresenta per le valutazioni e le misure di competenza di codesti CSOO». Detto in parole povere, “stàteve accuort”, insomma. Non poteva essere altrimenti, benché le “fonti aperte” citate dal dispaccio non siano comunicati ufficiali ma organi di stampa italiani e non.
Che la zona SAR non sia proprio un Cantone Svizzero e che i libici abbiano il grilletto facile non è una novità. Già un anno fa la Bourbon Argos di MSF subì un agguato portato a compimento da un commando di uomini al servizio di Serraj, sparando ad altezza d’uomo coi mitragliatori verso la crew di MSF e con pure una incursione a bordo. L’equipaggio si mise in salvo rinchiudendosi nella “sentinelle”, struttura blindata che molte navi hanno come dispositivo antipirateria. L’incursione venne poi rivendicata da una emittente ufficiale dell’improvvido governo libico retto dal cartonato Serraj che aveva appena ricevuto il bollino blu da ONU, UE e Italia (nonostante la Libia, dai tempi di Re Idris passando per Gheddafi, non ha mai sottoscritto la convenzione per i diritti dell’uomo delle Nazioni Unite). Dietro a quel gesto non furono pochi a pensare ad un avvertimento verso l’Italia. Ma è un giochino, quello degli avvertimenti in stile mafioso, che in terra libica viene messo in campo dai tempi di Gheddafi, né più né meno come il racket del pizzo.
La Bourbon venne poi portata dopo l’agguato al porto di Augusta, dove rimase all’ormeggio per gli accertamenti del caso. La procura di Siracusa girò il “fascicolo” alla procura di Catania. Ma delle indagini della giurisdizione italiana non se ne è saputo più nulla. Nel giro delle sette chiese parlamentari del procuratore capo di Catania, il deputato di SI Erasmo Palazzotto membro della commissione d’inchiesta migranti, in audizione chiese proprio al procuratore Carmelo Zuccaro che fine avesse fatto l’inchiesta su quell’agguato a MSF. “È stata inviata ad altra autorità giudiziaria” fu la risposta, deficitaria di dettagli, del procuratore di Catania in una commissione parlamentare peraltro tra le poche con poteri d’inchiesta. Quale ufficio sia non è dato sapere. Viene da domandarsi – a questo punto – se non occorra pure altrettanta attività di Search And Rescue per indagini che evidentemente non si vogliono approfondire quando ad essere parte lesa è una ONG.
Ma la lista degli episodi con i libici dal grilletto facile in mare è lunga ed è poi proseguita fino ai giorni nostri. L’episodio – tra i più gravi – si è consumato proprio davanti la nave Aquarius di SOS Mediterranee/MSF e la Iuventa di Jugend retted, oggi confiscata dalla procura di Trapani ed ora pure indagata a Catania – addirittura – con la qualificazione di reato per Associazione Mafiosa (di stampo umanitario?) notificata a mezzo cartaceo, via Fatto Quotidiano. Con centinaia di migranti e un bel tot di gommoni usa&getta in mare, una imbarcazione libica esplode colpi di arma da fuoco. Comincia il panico nella scena dei soccorsi. Molte persone, migranti che non hanno mai visto l’acqua in vita loro, si gettano a mare. L’Aquarius riesce a prenderli e salvarli comunque, nonostante il contesto già drammatico e non facile di suo. Non è un caso che proprio a partire da un episodio come questo, il Tribunale Penale Internazionale ha giusto aperto un fascicolo a carico della Libia per crimini contro l’umanità.
Il far west acquatico è poi proseguito anche con motovedette libiche, peraltro fornite dalla cantieristica navale italiana nell’ambito del c.d. Memorandum Minniti. Una spericolatissima manovra d’imbardata davanti la prua della nave Ong Sea Watch un paio di giorni prima ed una sparatoria che ha raggiunto pure una delle nostre “Charlie Papa” della Guardia Costiera un paio di giorni dopo. “Ci siamo sbagliati, pensavamo fosse una barca di immigrati” risposero le “Autorità Libiche” alla nostra Guardia Costiera. Peccato però che le nostre unità CP della Guardia Costiera – sempre straordinarie per abnegazione, impegno, sacrificio e professionalità, va detto e ricordato sempre – siano più che riconoscibili dalle effige bianco-rosse che richiamano le Coast Guard di tutto il mondo. Non ultimo, a pari episodi di minacce, la nave Golfo Azzurro della Ong Proactiva/Open Arms un paio di giorni fa.
Condotte criminali da parte dei libici non ne mancano dunque. L’inventario di magazzino è talmente lungo e ricco di inconfutabili prove da riempire un deposito di armadi giudiziari che un megastore svedese non basterebbe. L’unica giurisdizione che indaga su questi fatti è il Tribunale Internazionale per i crimini contro l’umanità, non gli Zuccaro, le Trapani o altre magistrature italiane impegnate in mirabolanti indagini sul blocco terracqueo, salvo poi far sfociare le inchieste in “reati umanitari” a carico delle ONG. Resta da capire, davanti a questo dispaccio dell’Mrcc inviato a MSF e Save The Children, se le minacce nella SAR zone riguardano anche le imbarcazioni della nostra Guardia Costiera, dal momento che “l’Autorità Libica” ha spalmato minacce e interdittive verso “navi straniere”, senza uno specifico riferimento alle Ong.
A leggere il riconoscimento dell’«Autorità Libica», autoproclamatasi con propria “Sar Rescue Region Libica” che abita nel testo del dispaccio Mrcc, sembrerebbe proprio di sì. Ma qui il cronista vorrebbe tanto sperare di averne mal colto il riferimento. Confidando che un paese della UE e membro del G7, protegga suoi uomini e donne istituzionali – e non – che operano in mare, le proprie navi di bandiera istituzionali – e non – senza farsi condizionare da avvertimenti e metodi che ricordano fastidiose categorie e archetipi noti in sicula terra. Senza magari farsi pure dettare simili condizioni da una fantomatica “Marina Libica” manco fosse la Royal Navy.
Twitter @scandura
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