Immigrazione

Immigrati regolari, il 20 per cento vive in una casa di proprietà

26 Luglio 2017

Sono circa cinque milioni gli stranieri regolarmente residenti in Italia secondo gli ultimi dati Istat relativi al 2016, lo 0,2 per cento in più rispetto all’anno precedente, circa il 46 per cento in più rispetto al 2008. Per molti di loro la casa, insieme al lavoro, rappresenta l’obiettivo principale da conseguire per poter restare nel Paese.

Secondo la stima redatta da Scenari Immobiliari sulla condizione abitativa degli immigrati, il 64,7 per cento vive in affitto, mentre l’8,9 per cento abita presso il luogo di lavoro e il 7,3 per cento alloggia presso parenti o altri connazionali. Il 19,1 per cento vive in una casa di proprietà.

Nel rapporto si sottolinea la mancanza di una politica di affitto sociale promossa dalla pubblica amministrazione che riesca a fornire l’assistenza necessaria alle fasce più basse di reddito che non sono in grado di accedere al mutuo. Una valida alternativa si va costituendo da pochi anni a questa parte, con l’edilizia sociale di iniziativa privata rivolta proprio ad un mercato in espansione come forma di diversificazione degli investimenti. Il settore è già radicato all’estero e si sta affacciando recentemente in Italia.

L’acquisto di un’abitazione rappresenta per il lavoratore immigrato non solo l’uscita dall’incertezza dell’affitto, ma anche la possibilità di una maggiore integrazione (agevolando il ricongiungimento familiare), oltre che un vero e proprio investimento (a parità di spesa mensile con il canone). Ma soprattutto un traguardo sociale oltre che strettamente economico.

Negli ultimi dieci anni sono stati circa 800mila gli acquisti di abitazione che hanno avuto come compratore un lavoratore straniero immigrato, ma con trend calante a partire dal 2009. Solo a partire dal 2016 si è registrano un ritorno in campo positivo delle transazioni, in sintonia con l’andamento del mercato residenziale italiano. Le famiglie straniere rappresentano una realtà sempre più consolidata nel mercato residenziale italiano.

Dal 2004 al 2007 le compravendite di case degli immigrati sono cresciute sia in termini assoluti che relativi, mantenendo quote, sul mercato residenziale nazionale, tra il 12,6 per cento del 2004 e il 17 per cento del 2007. Questa situazione di grande fermento è stata aiutata dalla facilità di accesso al credito bancario, con finanziamenti che arrivavano a coprire tra il 90 e il cento per cento della cifra d’acquisto.

A partire dal 2008, a causa della crisi economica e della contrazione del credito, gli acquisti degli immigrati hanno perso progressivamente peso sul volume complessivo degli scambi arrivando, nel 2010, a rappresentarne solo il nove per cento. Nel 2011 il trend si è invertito e agli stranieri è possibile attribuire il 10,5 per cento degli scambi residenziali in Italia. I lavoratori immigrati hanno acquistato circa quattromila case in più rispetto all’anno precedente.

La leggera ripresa avvertita nel 2011 si è però bloccata nel 2012. Le transazioni in quell’anno sono diminuite del 21,7 per cento rispetto al 2011, con 47.mila unità oggetto di compravendita. Il fatturato scende a 4,7 miliardi di euro, con una diminuzione del 24,2 per cento in un anno.

A determinare questa forte contrazione sono soprattutto le difficoltà di accesso al credito. Un iter che è difficile per gli italiani, diventa quasi insormontabile per gli stranieri, che raramente hanno il cinquanta per cento del prezzo in contanti necessario per l’acquisto. Inoltre non sempre ci sono sufficienti garanzie per il pagamento del mutuo. Anche perché, nella realtà, è spesso il nucleo familiare che aiuta chi ha sottoscritto il prestito.

Nel 2015, dopo tre anni di costante calo, si è registrato un aumento dell’8,3 per cento delle transazioni, che è proseguito nel 2016 con il 7,7 per cento in più, ovvero 42mila transazioni per un fatturato totale di 3,7 miliardi di euro, incrementato di 5,7 punti percentuali rispetto all’anno precedente. La casa media, in questo frangente, ha un valore di 88mila euro. Tuttavia è ancora in calo la percentuale di incidenza delle compravendite di stranieri immigrati sul totale di quelle effettuate in Italia. Dal 10,5 per cento del 2011 il valore è calato costantemente fino ad arrivare a rappresentare l’8,1 per cento delle compravendite totali.

Secondo le stile a fine anno le compravendite nel 2017 dovrebbero continuare il trend positivo, arrivando a 45mila transazioni, cioè il 7,1 per cento in più rispetto al 2016 e un fatturato di quattro miliardi di euro che segna un incremento dell’8,1 per cento. La quota del comparto sul residenziale totale italiano dovrebbe rimanere sostanzialmente stabile.

I protagonisti assoluti degli acquisti sono i lavoratori immigrati di lunga residenza, con alle spalle almeno una decina d’anni di soggiorno in Italia e una situazione lavorativa stabile già da qualche anno, che permetta loro di accedere ad una forma di finanziamento ed abbandonare la precarietà dell’affitto.

Oltre la metà degli scambi nel 2016 è stata effettuata da immigrati di provenienza est-europea, il cui ruolo crescente sul mercato degli acquisti è sostenuto dalla crescente integrazione di queste nazionalità. Seguono gli asiatici dell’area indiana (India e Pakistan), che ricoprono il 13,1 per cento degli scambi, mentre i cinesi si aggiudicano il terzo posto con il 12,9 per cento. In calo la quota di abitazioni acquistate da cittadini immigrati dai Paesi del nord Africa, che dal quattordici per cento del 2006 scendono ad appena il cinque per cento del 2016. Vista la composizione dei flussi migratori degli ultimi anni si può stimare un aumento della quota di acquisti da parte degli immigrati provenienti dall’Europa orientale, che salirà quasi ai due terzi del totale.

Le case acquistate sono nell’87 per cento dei casi appartamenti in condominio in contesti residenziali di tipo economico, con uno stato di conservazione discreto, specie quando si parla di acquisto di prima casa, mentre la qualità dell’immobile migliora in caso di sostituzione. La forbice dei prezzi va da 75mila a 130mila euro. I tagli più frequenti sono i bilocali e i trilocali, con prevalenza, negli ultimi due anni, dei primi sui secondi.

Continua ad esserci una buona domanda per case di dimensione compresa fra 75 e 100 metri quadrati, ma soltanto un acquisto su cinque rientra in questa fascia. La superficie media acquistata, a livello nazionale, è passata da 46 metri quadrati nel 2012 a 49 metri quadrati nel 2016.

Gli acquisti sono localizzati prevalentemente fuori dalle città (55,3 per cento), secondo un trend che si è consolidato dal 2006 coinvolgendo anche i comuni più periferici, caratterizzati da un’offerta di usato più abbondante e a basso costo. Per quando riguarda i comuni capoluogo di provincia, si nota che dal 2011 si sta uscendo da una situazione di “ghettizzazione” precedentemente diffusasi soprattutto nelle grandi metropoli. Anche se si continuano a preferire le periferie, una quota crescente di immigrati orienta la scelta della localizzazione dell’immobile verso il centro cittadino. Meno gettonate le zone intermedie.

Relativamente alla distribuzione sul territorio nazionale, al nord è localizzato il 71 per cento degli acquisti (in testa la Lombardia, che ricopre quasi un quinto del mercato), al centro il 25 per cento, mentre soltanto il quattro per cento è localizzato al sud e nelle isole.

Le dieci province dove si concentra il maggior numero di acquisti sono Milano, Roma, Bari, Torino, Prato, Brescia, Cremona, Vicenza, Ragusa, Modena e Treviso.

L’ultima indagine di Scenari Immobiliari è stata effettuata a inizio 2017 estrapolando i dati dalle interviste telefoniche e sondaggi online che hanno coinvolto un campione di 450 agenzie immobiliari dislocate in dieci province rappresentative del territorio nazionale.

Gli agenti immobiliari intervistati riferiscono che nell’ultimo anno la domanda presso di loro è stata in prevalenza orientata alla ricerca di un alloggio in affitto, ma che anche questa soluzione comporta problematiche notevoli, che vanno dalla difficoltà di reperimento degli alloggi (a causa dei pregiudizi, ma soprattutto a causa della mancanza di tipologie che soddisfino le esigenze della domanda), ai canoni elevati (per gli immigrati spesso ritoccati verso l’alto), ai contratti irregolari, alla scarsa qualità degli immobili e anche alla difficoltà ad avere garanzie come la fideljussione.

Una domanda d’acquisto da parte delle famiglie straniere esiste ed è stimata in almeno un milione di persone che, in affitto o coabitazione, avrebbe un reddito sufficiente per pagare un mutuo per la casa tra i 600 e gli 800 euro mensili, ma poca disponibilità di risparmi.

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