Immigrazione
Il secolo islamico della futura Europa
Il calo demografico e le correnti migratorie provenienti dal Vicino Oriente lasciano presupporre un’Europa a maggioranza islamica che potrebbe compromettere la laicità delle sue istituzioni
Al di là dei tanti altri che incombono, il più grave problema che si pone all’Europa, considerata ancora il luogo regno delle libertà e dei diritti, è quello della sempre più invasiva della presenza musulmana. Un problema, da tempo denunciato da raffinati intellettuali, da Michel Onfray a Michel Houellebecq (per non parlare della nostra Fallaci) ma, anche, con indubbia lucidità di pensiero, il papa Benedetto XVI nel suo discorso di Ratisbona. Intellettuali troppo spesso snobbati e, perfino, considerati nemici della convivenza interculturale, bollati indelebilmente con l’infamante marchio di “islamofobi”. Il richiamo all’islamofobia è divenuto, infatti, un’arma troppo spesso usata, come rozza forma di censura, per mettere fine ad ogni opportuna riflessione critica sul fenomeno Islam e sulle sue ripercussioni non solo sul piano culturale ma anche su quello sociale. In molti tendono a sminuire il problema e a considerare esagerati gli allarmismi e, fra questi, ci sono alcuni sacerdoti del marxismo-leninismo che immaginano un uso strumentale dell’islamismo, cioè di farne un buon alleato nella lotta contro l’odiato capitalismo. l’Islam, però, continua ad essere l’avversario tradizionale della civiltà Occidentale che, con la disattenzione, nella migliore delle ipotesi, ma più frequentemente, con la complicità di tanti – e fra questi un pezzo di mondo cattolico speranzoso anch’esso di utilizzarlo in modo strumentale, e in questo caso, per mettere in crisi la esasperata laicità dell’Occidente – sta infatti, sempre più rapidamente, radicando nei nostri territori al punto che non si fa scrupolo di pretendere, quasi mai direttamente, ma più spesso a mezzo di minoranze intrise di una preconcetta cultura antioccidentale, l’abbandono dei simboli delle nostre tradizioni e di quegli stessi fondamenti che hanno spinto la nostra civiltà, soprattutto a partire dal secolo dei lumi, a cogliere traguardi impensabili nel campo dei diritti e delle libertà umane. È la forza del numero che sta dietro questi orizzonti scuri. Bernard Lewis, grande conoscitore del mondo mediorientale, già prima dell’attentato alle Torri gemelle dell’11 settembre 2001, mettendo in guardia chi di dovere, non aveva avuto remore ad evidenziare un esito da molti esorcizzato in modo sbrigativo e cioè che, entro la fine del secolo, l’Europa sarebbe divenuta islamica, con la conseguenza della messa in discussione delle conquiste di civiltà che hanno caratterizzato e caratterizzano la sua stessa cultura. E sempre Lewis, a proposito dell’incremento dell’arrivo dei migranti, sfidando l’ignoranza buonista e la poca lucidità degli opinion leader che battevano la grancassa delle frontiere aperte, individuava negli attuali flussi migratori provenienti dai Paesi islamici, la causa di tale deriva. Migrazioni che interpretava come la “terza ondata”, cioè la terza invasione musulmana in Europa dall’avvio della espansione islamica. Terza ondata dopo quella, convenzionalmente, fermata da Carlo Martello a Poitiers nel 732 e quella, ancor più pericolosa, arrestata dalla Lega Santa prima a Lepanto nel 1571 e poi, definitivamente scongiurata, da Marco D’Aviano e Giovanni Sobieski, sotto le mura di Vienna nel 1683. Una “terza ondata” con caratteristiche tuttavia profondamente diverse, che non aveva più bisogno della spada per vincere ma che si affida alla forza della crescita demografica. Un prospettiva, quest’ultima, riscontrabile nelle minacce di alcuni leader islamici. “Vi conquisteremo col ventre delle nostre donne” affermava, nel 1974, il leader algerino Houari Boumédiènne rivolto ai delegati europei nel corso di un’assemblea delle Nazioni Unite, senza dimenticare l’invito dell’ambiguo leader turco Recep Erdogan che, ai musulmani residenti in Europa, consigliava di fare cinque figli per assicurare un futuro islamico al vecchio continente. Minacce concrete visto che il tasso di natalità delle famiglie musulmane risulta, allo stato, immensamente superiore a quello della media degli europei con conseguenze, mi si permetta di dire, allarmanti che solo chi ha idee molto confuse non riesce a intuire. La sfacciata evidenza dei leader musulmani trova, tuttavia, purtroppo nello scomposto sostegno in qualche intellettuale teso a minimizzare il problema, e che insiste su interpretazioni, paradossalmente accettate anche dal mondo cattolico, che sarebbe la prima vittima di quella che il filosofo algerino Hamid Zanaz definisce “religione contro la vita”, che non sia l’Islam da temere ma il suo travisamento fondamentalista, che ne falserebbe i contenuti e i principi fondanti. Un modo questo di tranquillizzare i tanti ingenui esegeti vocati all’autolesionismo, incredibilmente disposti a farsi truffare. Una sottigliezza, questa, che appare una vera e propria impostura e c che Oriana Fallaci ha fulminato con queste parole, giudicate esagerate da chi si rifiuta di ascoltare: “non esiste un Islam buono e un Islam cattivo, C’è solo un Islam, una marea che ci sommergerà.” L’Islam, contrariamente alla vulgata corrente non è infatti religione della “pace”, almeno come la intendiamo in questa parte del mondo, né tanto più è una religione della “tolleranza”, a meno di scambiare per tolleranza quello statuto di sottomissione assicurato a chi pratica le cosiddette religioni del libro. Perché, diciamolo senza ipocrisie, l’Islam è, infatti, soprattutto un credo fondamentalista che ambisce, con ogni mezzo, compreso l’uso della violenza, ad all’allargare il dar al-Islam a spese del dar al-harb, cioè gli spazi dove non si esercita il suo dominio e, proprio per questo motivo, non può che essere percepito, ma anche considerato, alternativo all’Occidente e incompatibile con le sue istituzioni democratiche.
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