Geopolitica

I migranti al confine portati dai social

25 Novembre 2021

Quello che accade ai confini tra Polonia e Bielorussia non è certo un qualcosa di momentaneo o eccezionale, è un qualcosa che procede lentamente da anni, su cui la politica internazionale del presidente bielorusso Aleksandr Grigor’evič Lukašenko “gioca” nel tentativo di impensierire l’Europa.

Al potere dal 1994, Lukašenko ha avuto il suo bel da fare lo scorso anno, dopo l’ennesima rielezione e l’acuirsi di tensioni interne sfociate in proteste molto vivaci da parte della popolazione. La rivoluzione chiamata “delle ciabatte” era propriamente contraria al sesto mandato consecutivo del governo in carica, tornato nuovamente al potere il 9 agosto 2020. I fattori scatenanti erano diversi: corruzione, cattiva gestione della pandemia, sicurezza e hanno dato il via a proteste iniziate nella capitale, Minsk, e poi diffuse in varie parti del paese, proseguite con arresti di dissidenti e blogger.

Con il sostegno di Vladimir Putin, Lukašenko ha resistito agli scontri e alle manifestazioni per poi iniziare una severa campagna intimidatoria nei confronti degli oppositori, causando morti, feriti, rapimenti, torture e maltrattamenti, tanto da indurre l’ONU a condannare il governo bielorusso per violazione dei diritti umani.

Molti tra i dissidenti sono stati costretti a fuggire all’estero, nei paesi vicini come Lituania ed Estonia e anche in altre parti d’Europa. Dobbiamo tuttavia prendere come punto focale un evento che ha rappresentato il cardine attorno a cui ha funzionato la strategia del del governo bielorusso.

Il 23 maggio 2021, il volo Ryanair FR4978 era decollato da Atene alle 10:28 ed era diretto a Vilnius in Lituania, a bordo, tra i passeggeri vi era anche Roman Protasevič un giornalista ritenuto molto vicino all’opposizione, assieme alla sua compagna Sofia Sapega. Alcuni aerei dell’aeronautica militare bielorussa hanno intercettato la rotta del volo civile e – con la scusa di un allarme bomba – hanno fatto atterrare l’aereo a Minsk. Una volta fermato il volo, Protasevic è stato arrestato. Da quel momento la condanna della comunità europea e internazionale è stata quasi unanime, considerando l’atto della Bielorussia come un dirottamento di stato, minaccia alla sicurezza internazionale.


Lukašenko, dal canto suo, ha risposto aprendo una rotta migratoria verso Polonia e Lituania e non solo. “Stavamo fermando migranti e droga per l’Unione Europea – ha detto il leader bielorusso – ma ora non possiamo più farci carico di questo lavoro, ci penserà l’UE”. In questo modo la diplomazia è diventata una minaccia a spesa dei migranti. I paesi ai confini hanno infatti dichiarato che migliaia di persone sono entrate illegalmente senza essere state minimamente contenute dalle autorità bielorusse, in certi casi venendo addirittura facilitate.

L’UE ha sostenuto la linea dura della Polonia contro i migranti, contenendo l’autorità di Lukašenko, sospendendo anche aiuti economici per 3 miliardi di euro, che torneranno disponibili solo quando il paese ritroverà una non meglio definita “democrazia”, ma non ha potuto fare molto contro i social, Facebook e Telegram in primis, che hanno giocato un ruolo fondamentale per l’aumento dei migranti sulla rotta nord europea.

Occorre specificare una cosa: non sappiamo se sia direttamente il governo bielorusso a creare campagne ad hoc, ma di certo sappiamo con certezza che l’attività in lingua araba e curda è aumentata esponenzialmente negli ultimi mesi, derubando e fuorviando le persone che avevano in mente di intraprendere un viaggio della speranza e magari ricongiungersi con propri amici o parenti nei paesi scandinavi.

Monika Richter, capo della ricerca e dell’analisi per Semantic Visions ha affermato, in un documento reso disponibile in Rete, che i “contrabbandieri di uomini” hanno condiviso apertamente i loro numeri di telefono e pubblicizzato i loro servizi su Facebook, comprese testimonianze video di persone che si dice avessero raggiunto con successo la Germania attraverso la Bielorussia e la Polonia. In un post, ad esempio, un contrabbandiere reclamizzava “viaggi giornalieri da Minsk alla Germania a soli 20 km a piedi”. Il viaggio tuttavia, avvertiva un utente in un altro post del 19 ottobre, “non è adatto ai bambini a causa del freddo”.

Venerdì scorso, nonostante la scoraggiante esperienza di tante promesse su Facebook che si sono rivelate false, diversi migranti hanno ricevuto la notizia (ovviamente lontana dal vero) che era ancora possibile entrare in Europa pagando 7000 dollari a una guida che sosteneva di conoscere un percorso facile e alternativo che attraversava la frontiera tra Bielorussia e Polonia, scartando soldati polacchi e guardie di frontiera posizionate da Minsk.

“Le persone sono disperate, quindi credono a qualsiasi cosa”, ha detto Richter raccontando l’accaduto.

Da luglio, Semantic Visions ha identificato decine di gruppi Facebook creati per condividere informazioni sulle rotte migratorie e utilizzati dai trafficanti per pubblicizzare i propri servizi. Molti di essi condividevano notizie false su ipotetiche vie di passaggio o comodi tour attraverso i confini Europei.

Facebook, ora ufficialmente noto, a livello societario, come Meta, dopo un cambio di nome aziendale, ha affermato di aver vietato il materiale che facilita o promuove il traffico di esseri umani e ha detto di avere a disposizione team dedicati per monitorare e rilevare materiale relativo alla crisi. Ha aggiunto che la società stava lavorando con le forze dell’ordine e le organizzazioni non governative per contrastare l’ondata di notizie false relative alla migrazione. Dalle immagini recenti è facile però comprendere come Facebook abbia ancora parecchi problemi a gestire un certo tipo di materiale, soprattutto quando è in lingue diverse dall’inglese.

Nei primi di novembre, ad esempio, sono stati pubblicati su diverse pagine in lingua curda diversi messaggi che chiedevano ai migranti in Bielorussia di unirsi per tentare un “attraversamento di massa”. Il 6 novembre, una pagina chiamata Ranj Pzhdary Journalist ha condiviso un video che mostra un migrante che invita i giovani migranti in Bielorussia a radunarsi “domani tra mezzogiorno e le 15:00 per spostarsi verso il confine”. La didascalia del video include un collegamento a Google Maps che mostra una stazione di servizio situata a circa due chilometri dal posto di Kuznica-Bruzgi. È lì che sono stati girati i video che mostrano il grande gruppo che tenta di attraversare. Il post ha raccolto 195.000 visualizzazioni e ha ricevuto più di 1.500 commenti. Il video è stato poi condiviso sul canale Telegram dell’opposizione bielorussa Nexta TV.

 

Un’analisi compiuta da DFRLab e pubblicata su Medium ha rivelato che almeno 23 su 46 gruppi Facebook in lingua araba e incentrati sulla migrazione da Bielorussia a Unione Europea sono stati creati nella scorsa estate. All’interno, le discussioni (un esempio nell’immagine qui sopra) riguardavano i prezzi per i visti bielorussi, consigli per viaggiare nell’UE, aggiornamenti sulla situazione alle frontiere. I gruppi a volte erano come un forum per i rifugiati in cui chiedere aiuto anche mentre erano già in viaggio. Gli amministratori dei gruppi Facebook pubblici creati nell’estate del 2021 avevano pochi dettagli su se stessi sui loro profili pubblici e scrivevano in arabo fluente, come valutato dall’oratore arabo consultato dal DFRLab. Non c’erano prove che i gruppi fossero controllati dalle autorità bielorusse ma molti analisti hanno ipotizzato che sia direttamente il governo di Lukašenko a sfruttare i rifugiati e i migranti dal Medio Oriente e dal Nord Africa come mezzo per bilanciare la situazione geopolitica. L’agevolazione da parte della Bielorussia del loro transito verso l’UE ha colpito, ad esempio, particolarmente la Lituania, dove Sviatlana Tsikhanouskaya — principale oppositrice politica del presidente bielorusso — è fuggita in esilio all’indomani delle contestate elezioni presidenziali di metà 2020. Le tre repubbliche baltiche hanno tutte dichiarato emergenze ai rispettivi confini, il che consente alle loro guardie di frontiera di respingere i migranti nella zona di confine neutrale con la Bielorussia, dove i migranti rimangono bloccati perché anche le guardie di frontiera dirette da Minsk non consentono loro di tornare in territorio bielorusso. Le persone che finiscono in questa terra di nessuno non possono ricevere assistenza umanitaria vitale. Sono come in un limbo.

Ad essere controllate sono le informazioni, un flusso incessante che viene veicolato da diversi attori in una stessa tragica situazione. Governi che gestiscono immagini e video che poi vengono condivisi da persone disperate. La verifica e il controllo da parte dei social media viene facilmente superata, i paesi da raggiungere assumono una prospettiva ignota, su una rotta sempre più complessa, umanamente e politicamente, su cui grava la spada di Damocle dell’inverno polacco.

 

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