Geopolitica
Germania: torta in faccia alla leader di sinistra che non vuole troppi migranti
Se l’episodio è piuttosto grottesco, non lo è lo scontro politico richiamato dal gesto, che tocca uno dei nervi scoperti della sinistra europea. In diverse occasioni Sahra Wagenknecht, capogruppo al Bundestag della Linke, ha dichiarato che la Germania dovrebbe porre un limite all’accoglienza dei migranti. Per queste posizioni un attivista l’ha colpita in pieno volto con una torta al cioccolato. Il tutto è accaduto sabato scorso a Magdeburgo, durante il congresso federale del partito.
Il gruppo responsabile dell’azione si autodefinisce “Iniziativa antifascista – Torte per i misantropi” (“Antifaschistische Initiative Torten für Menschenfeinde”). Subito dopo il lancio, il giovane autore si è lasciato accompagnare fuori dalla sala, per poi essere consegnato dai membri della sicurezza alla Polizei. L’uomo apparterrebbe all’area antifa e il gruppo ha spiegato l’iniziativa con un volantino. Poco dopo essersi ripulita, Wagenknecht ha definito l’azione come “incredibilmente imbecille” e opera di “analfabeti della politica”.
Fin qui i fatti, per certi versi buffi. Non è invece così buffo e banale il contesto politico in cui si è generata la protesta ai danni della parlamentare. Un contesto che porta il segno di posizioni discordanti di fronte a un profondo mutamento dell’orientamento politico degli strati sociali più popolari della Germania, a partire da quella dell’Est, storico bacino elettorale della Linke.
Nel volantino del gruppo dei lanciatori di torte (come altro chiamarli?) vengono apertamente attaccate le recenti dichiarazioni di Wagenknecht sull’immigrazione. Un attacco che, al di là delle modalità, va a riaprire un dibattito che aveva già causato non pochi malcontenti all’interno della Linke.
Il partito è nato nel 2007, dall’unione dei fuoriusciti di sinistra della socialdemocratica SPD, da un lato, e dei membri del PDS post-comunista dell’ex DDR, dall’altro. Nel corso degli anni, la Linke ha raggiunto anche risultati elettorali storici, conquistando lo spazio politico per sviluppare varie correnti interne, che vanno dal femminismo all’antimilitarismo, da posizioni più liberal al marxismo più ortodosso. Oggi, però, le molteplici anime politiche della Linke sembrano reagire in disaccordo di fronte alle emergenze della contemporaneità.
SAHRA WAGENKNECHT CONTRO L’IMMIGRAZIONE SENZA LIMITI
Ma, tornando al punto di partenza, quali sono le dichiarazioni di Sahra Wagenknecht che le sono valse una torta in faccia?
La più importante delle sue dichiarazioni risale a un paio di mesi fa, quando il capogruppo della Linke ha detto che è necessario porre un limite al flusso di migranti, a causa di quelli che ha definito “limiti della preparazione all’accoglienza nella popolazione (tedesca)”. Wagenknecht ha anche definito quella che era la politica delle porte aperte della Cancelliera Merkel come un “totale fallimento di Stato” sia “sul piano sociale che su quello della sicurezza”. La parlamentare della Linke aveva anche aggiunto che, se dovesse arrivare un nuovo milione di migranti, la Germania si “strapperebbe”, concludendo che “è naturale che ci siano limiti alla capacità di accoglienza, chi lo nega è fuori dal mondo”.
Non solo. Già a gennaio, commentando gli assalti sessuali della notte di San Silvestro a Colonia, in cui la Polizei ha indicato numerosi uomini di “origine nord-africana o araba” come autori delle molestie, Sahra Wagenknecht ha dichiarato: “Chi abusa del proprio diritto di asilo, lo ha anche perso”.
Posizioni, quelle di Wagenknecht, che non hanno solo causato la reazione di gruppi dell’area antifa e della sinistra più o meno extraparlamentare. Anche all’interno della stessa Linke, la maggioranza dei parlamentari e membri del partito si è dissociata dalle posizioni della Capogruppo. Soprattutto in merito alle dichiarazioni su Colonia, diversi suoi colleghi hanno rifiutato il legame tra crimine e perdita del diritto d’asilo, che, a loro avviso, dovrebbe rimanere comunque e sempre innegabile.
In quanto al limite all’immigrazione, proprio durante il congresso di Magdeburgo, il documento finale della Linke ha espresso il rifiuto completo di qualsiasi tipo di tetto all’accoglienza di migranti in Germania, riaffermando le posizioni di accoglienza e difesa dei migranti in nome dei principi di antirazzismo e solidarietà, definiti come cruciali oltre che irrinunciabili da numerosi partecipanti del congresso.
LA CRISI DI VOTI E L’INSEGUIMENTO DELLA DESTRA POPULISTA
Malgrado lo scarso seguito ufficiale delle sue posizioni, sarebbe comunque un errore considerare le dichiarazioni di Wagenknecht come esclusivamente personali e isolate, in un universo politico di sinistra sempre più in crisi, in cui la questione dell’immigrazione è il grande tabù della perdita generale di consenso elettorale.
Scopo dello stesso convegno di Magdeburgo era trovare una via di uscita dalla caduta libera dei consensi del partito. Le ultime elezioni regionali hanno suggerito un’emorragia di voti dalla sinistra sociale verso i Verdi e, ancora di più, verso AfD – Alternative für Deutschland, il partito della destra populista.
Dai sondaggi elettorali, al momento la Linke passerebbe da terzo partito del Bundestag a quinta forza politica del paese, dietro a CDU, SPD, Grünen e AfD.
Uno scenario che, secondo diversi analisti, significa che i voti Linke del ceto medio idealista si stanno orientando verso i Verdi, mentre quelli popolari, soprattutto nell’area della ex DDR, sembrano essere sempre più attratti dall’AfD.
Proprio a quest’ultima circostanza sembra volgere lo sguardo Sahra Wagenknecht. Dichiarare che la politica dell’accoglienza senza limiti vada soprattutto a impattare socialmente gli strati più poveri della popolazione, è anche un modo per posizionarsi rispetto a gruppi sociali che sembrano oggi molti inclini a seguire il nazionalismo della nuova destra tedesca.
Senza ombra di dubbio, Wagenknech parla a gruppi sociali esistenti e reali. Quello che può essere definito un “proletariato bianco” della Germania vede concretamente l’arrivo di centinaia di migliaia di migranti come l’ingresso nel paese di diretti concorrenti nell’accesso al welfare e ai lavori meno retribuiti. A questo si aggiunge che, da un punto di vista urbano e di presenza sul territorio, sono spesso gli strati sociali meno abbienti a dover vivere il processo d’incontro-scontro dell’integrazione dei migranti.
Trascurando alcuni principi della sinistra radicale tedesco-occidentale, da sempre aperta all’accoglienza e al multiculturalismo, Wagenknecht sembra piuttosto orientata a cercare di riprendere contatto con la base elettorale che sta voltando le spalle alla sinistra post-comunista. In particolare, questo vale per quelle regioni dell’ex DDR dove il voto alla Linke, prima ancora che un voto classicamente di sinistra, è un voto nostalgico e difensivo di elettori che non sono eredi dell’internazionalismo terzomondista occidentale e, piuttosto, sono mossi da una concreta, istintiva e urgente insoddisfazione sociale.
Si potrebbe semplificare la questione dicendo che la Linke dell’est, quella del tedeschissimo PDS in cui la stessa Wagenknecht ha mosso i primi passi, sia ora di fronte a uno scontro con la Linke d’ispirazione socialdemocratica ed eurocomunista, più sensibile sui temi dei diritti globali.
Ma si rischierebbe di fare una semplificazione eccessiva. Basti pensare che nello stesso volantino di rivendicazione “del lancio della torta” (sì, bisogna continuare a chiamarla così) viene anche fatto un diretto riferimento alle posizioni di Oskar Lafontaine.
Storico leader della Linke, ex socialdemocratico di sinistra, Lafontaine è anche, dettaglio non del tutto trascurabile, l’attuale marito di Sahra Wagenknecht. Il vecchio leader, però, viene criticato nel merito, per aver espresso posizioni di protezione dei lavoratori tedeschi in competizione con quelli stranieri.
Quella di Lafontaine è una posizione che, a ben guardare, non farebbe altro che ricalcare alcune basi del marxismo, applicando il concetto di “esercito industriale di riserva” agli attuali fenomeni d’immigrazione di massa. Di simile ispirazione sono alcune delle stesse posizioni di Wagenknecht, che offre una delle diverse prospettive anticapitaliste di critica dei flussi migratori.
Accusata dalla sinistra extraparlamentare di comportarsi come l’AfD, “sfruttando politicamente la rabbia popolare”, Wagenknecht rimanda sempre al mittente il paragone. Ma, in verità, sembra davvero intenzionata a riprendersi il consenso popolare dall’AfD, andandola ad affrontare sul campo del disagio sociale e dell’insoddisfazione politica. Questo sarebbe, secondo la parlamentare, il solo modo per sottrarre gli strati più popolari alla guerra tra poveri del populismo di destra.
Una ricetta, quella di Wagenknecht, che fa parte di una posizione strategicamente ben più ampia, in cui rientra anche una serrata lotta contro le burocrazie dell’UE e una costante richiesta di riallacciare i rapporti tedeschi con la Russia, anche sul piano della collaborazione militare in Medio Oriente.
CAMBIARE O SCOMPARIRE
Piacciano o no, le posizioni di Sahra Wagenknecht non sembrano erodere molto il suo protagonismo all’interno del partito, a dimostrazione del fatto che non vengano rigettate da tutti. Del resto, la sola speranza politica della Linke sembra proprio essere quella di un riposizionamento forte e distinguibile sullo scacchiere politico tedesco.
L’altro storico leader del partito, Gregor Gysi, ha attaccato pochi giorni fa il proprio stesso partito, definendolo “moscio e privo di forze” e criticando apertamente il gruppo dirigente, di cui Wagenknecht fa parte.
Al momento, per la Linke sembrano esserci solo due opzioni: agganciarsi ai partiti della sinistra governativa, SPD e Verdi, proponendosi come garante dei valori radicalmente democratici e dei diritti umani, oppure scegliere una svolta profondamente anti-capitalista, potenzialmente anti-istituzionale e, fattore decisamente delicato, di nuovo apertamente e ufficialmente ostile alle logiche internazionali della Nato.
Se la prima strategia rischia, così com’è avvenuto in tanti paesi europei, di consegnare la Linke all’irrilevanza politica, la seconda può forse ravvivarne il ruolo sociale. Tuttavia, come dimostrano proprio le controversie su alcune posizioni di Wagenknecht, la seconda strategia porterebbe il partito su un piano di confronto al proprio interno, con il mondo politico di riferimento, e verso l’esterno, con forze di populismo identitario e con i partiti governativi.
In quanto alla torta lanciata contro il volto della Capogruppo, bisogna notare che l’impatto spettacolare dell’azione rimarrà, purtroppo per Sahra Wagenknecht, a lungo negli archivi digitali. Non a caso, pochi secondi dopo il lancio, i colleghi della parlamentare hanno subito cercato di farle scudo dai fotografi, provando a evitare che video e immagini dell’episodio diventassero troppe (andando subito a tappezzare i social media di tutto il mondo). Il gruppo di militanti che ha organizzato l’attacco a base di torta è forse riuscito, come spesso accade, a posizionarsi attivamente all’interno delle micro-realtà politiche di riferimento. Tuttavia, dall’altro lato, l’azione non sembra aver fatto altro che sottolineare l’esistenza e il peso teorico delle posizioni di Wagenknecht.
Nel momento dell’assalto, sul palco del congresso di Magdeburgo stava parlando Bernd Riexinger, uno dei due Segretari a capo del partito, che ha subito espresso la propria assoluta solidarietà a Wagenknecht, sottolineando anche il fatto che l’assalto sia stato compiuto nei confronti di una donna. Poco dopo, l’altro Segretario, Katja Kipping, ha aggiunto che si era appena compiuto un “attacco a tutta la Linke”. Il Capogruppo parlamentare della Linke che condivide il ruolo con Wagenknecht, Dietmar Bartsch, ha invece dichiarato che l’azione compiuta con il lancio della torta “non è di sinistra, non è antifascista, è solo asociale”. Quando Sahra Wagenknecht è poi salita sul palco per il suo intervento, è stata accolta da continui applausi, con standing ovation finale.
Paradossalmente, la torta volante al cioccolato è riuscita a portare un po’ di coesione e tregua tra le varie correnti di un partito ai ferri corti con se stesso e con la contemporaneità.
Ma nessuno crede che la tregua possa durare a lungo.
Così come in tutto il resto d’Europa, anche la sinistra tedesca è di fronte a un bivio: trovare un’identià chiara o scomparire.
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