Germania

Germania: SPD e CDU più soldi per sè, ma lesinandone ai controlli dei migranti?

9 Giugno 2018

Due fatti stanno alimentando il dibattito nazionale tedesco. Il modo in cui i partiti di Governo SPD e CDU/CSU intendono aumentare il finanziamento pubblico a loro favore di 25 milioni di euro, cioè un buon 15% in più, senza quasi dibattito parlamentare. Incassando per ora critiche dalle opposizioni e soprattutto dalla FDP, ma quasi sicuramente riuscendo a suon di maggioranza a cambiare la legge e consolidare le proprie richieste la settimana prossima.

Il motivo addotto è che la digitalizzazione imporrebbe ai partiti maggiori costi per essere presenti in sempre maggiori forum. L’obiezione più pregnante è venuta dal liberale Otto Solms: meglio sarebbe visto che entrambi i partiti della Groβe Koalition hanno in effetti subito un calo di voti che piuttosto governassero bene e alle prossime elezioni risalissero la china delle preferenze, perché è chi più prende voti che più riceve soldi pubblici.

L’altra è la sempre più intricata vicenda dello scandalo della Agenzia per la migrazione ed i rifugiati (BAMF). L’ex direttore dell’ente è passato al contrattacco, così pure la deposta direttrice dell’Ufficio di Brema ed a loro si è aggiunta una nuova ricerca giornalistica di due delle testate che avevano reso pubblico l’affaire.

L’ex direttore del BAMF Frank-Jürgen Weise interrogato dalla Commissione parlamentare degli affari interni ha evidenziato che già da anni aveva segnalato le necessità di aumento di organico ed i problemi dell’Agenzia, ma la politica non volle ascoltarlo. Così non ci si dovrebbe stupire che si sia addivenuto a concessioni di asilo in casi non adeguatamente esaminati. L’ex direttrice dell’ufficio di Brema Ulrike B., investita in prima persona dallo scandalo insieme ad altri 4 indagati, per bocca del suo legale Erich Joester nei giorni scorsi aveva evidenziato che la sua sede era stata tenuta a farsi carico di casi della Bassa Sassonia di non propria diretta competenza perché ne era stata sobbarcata espressamente per disposizione della centrale del BAMF di Norimberga. La circostanza, ha ricostruito la tedesca ARD, è stata espressamente confermata dall’ufficio di Cuxhaven che ha ammesso che i comuni si facevano carico del trasferimento dei rifugiati a Brema. Del pari il fatto che su alcune domande si sia deciso senza un doppio controllo, ha rintuzzato l’avvocato Joester, è perché solo dal 1° settembre 2017 esso fu previsto e la sua stessa assistita si sarebbe impegnata per la sua introduzione, mentre non lo era prima nei casi in discussione dal marzo 2013 all’agosto 2017. L’avvocato Henning Sonnenberg, che difende invece l’avvocato Irfan C. di Hildesheim interessato anch’egli dall’inchiesta, ha affermato che non c’è da stupirsi neppure che in molti casi i rifugiati non dovessero neppure presentarsi ad un colloquio ma la domanda fosse evasa attraverso un formulario: era una prassi prevista dal BAMF di Norimberga per persone provenienti da Paesi in cui era prevista un’alta probabilità di riconoscimento del diritto d’asilo. Uno studio del BAMF dal titolo “Le modifiche nella migrazione negli anni 2014 e 2016: reazioni e misure in Germania” in effetti esplicita per iscritto l’esistenza dell’uso di rinunciare ad un colloquio, per certi gruppi di provenienza, ed accelerare la procedura.

Se pure può apparire scontato che la ex dirigente Ulrike B. respinga l’accusa di aver percepito denaro ed avere favorito degli avvocati, pure nuova luce sulle circostanze che hanno portato alle perquisizioni degli uffici di 2 dei 3 professionisti sospetti emerge da una nuova inchiesta delle testate SZ e NDR secondo cui gli inquirenti avrebbero agito in base a mere voci raccolte da un giornalista di Radio Brema che attraverso interviste a richiedenti asilo nel 2016 sentì che ci sarebbe stata la possibilità di accelerare la pratica per un permesso dietro pagamento di 500 euro. Le indagini non furono confortate da risultanze e nell’estate del 2016 vennero chiuse. Anche un’altra persona d’altronde avrebbe riferito nel 2016 ad un ufficio di polizia della Bassa Sassonia che dei rifugiati gli avrebbero raccontato di un interprete che avrebbe affermato che i dati dei richiedenti asilo potessero essere manipolati per 500 euro ed avrebbe fatto il nome della dirigente Ulrike B. di Brema. Anche in questo caso si trattava di sentito dire ed il teste d’altronde decise di non testimoniare ed il caso fu chiuso. Ma nel novembre 2017 il BAMF ha presentato una denuncia nei confronti di ignoti: l’indagine prese in effetti il via dal rinvenimento nell’ufficio di Gießen di una concessione d’asilo falsa con la firma della dirigente del BAMF di Brema sospesa. Alla luce della nuova denuncia le inchieste del 2016 hanno spinto la procura ad insistere presso il tribunale di Brema che, rivedendo l’istanza inferiore, ha concesso il provvedimento di perquisizione nei confronti di due avvocati. Radio Brema ha ammesso -ha riportato la ARD– che ci sarebbe stato un contatto informale con gli investigatori senza però venire meno all’obbligo della riservatezza delle fonti. La Procura di Brema d’altronde ha confermato che ci potrebbero essere dei punti di contatto con le voci raccolte due anni fa.

Il BAMF sta riesaminando 2,2 milioni di casi tra il 2005 ed il 2018 ha riferito la dirigente Jutta Cordt, ha riportato l’emittente ARD, e nel riesame di oltre 30.000 casi non è chiaro se siano state raccolte o meno foto ed impronte dei richiedenti. Quantomeno non appaiono correttamente registrate nel sistema informatico e si deve verificare se mancano anche negli atti. In circa 35.000 casi non risultano poi esserci notazioni dell’ufficio sul riconoscimento dei richiedenti.

Il ministro degli interni Horst Seehofer (CSU) intenderebbe presentare un proprio piano di ristrutturazione dell’ente mercoledì prossimo, ha riferito l’emittente già citata. In nuovi piani dovranno liberare il BAMF anche da problemi scaturenti da diversi contratti di lavoro per organico avventizio.

Non risulta invece nessuna responsabilità dell’Agenzia per la migrazione ed i rifugiati nella permanenza dell’iracheno 20enne Ali B. in Germania, cui pure il diritto d’asilo era stato negato nel 2016, che avrebbe confessato di avere violentato e strangolato una ragazza 14enne di religione ebraica di Magonza a cavallo tra il 22 ed il 23 maggio. La giovane Susanna frequentava la sede del suo dormitorio per rifugiati dopo essere entrata in confidenza col fratello maggiore. Anche se Ali B. era già noto alla polizia in connessione ad una rapina con un coltello, una rissa nel cento di Wiesbaden, ingiurie ad una poliziotta, nonché una sospetta violenza carnale di una rifugiata 11enne, le indagini non fornirono mai elementi sufficienti per una carcerazione preventiva, come ha ricostruito la tedesca ARD. Egli era quindi ancora in territorio tedesco perché pendeva ancora il ricorso fatto dal suo legale contro la decisione di rifiuto d’asilo. Era riuscito a fuggire nel nord Iraq con sette persone della propria famiglia via aerea con dei lascia passare regolari, ma a nome falso, probabilmente rilasciati dall’Ambasciata irachena, anche perché non era ancora stato iscritto nelle liste internazionali dei ricercati e le identità dei passeggeri sono nominativamente verificate solo per Paesi di destinazione che lo pretendano come gli USA o le società aeree stesse lo dispongano per la sicurezza dei loro aeromobili, ma è stato arrestato dalle forze di sicurezza curde. La Germania ne ha chiesto l’estradizione, non può invece ammettere che venga processato in Iraq perché nel Paese vige la possibilità di condanna a morte. L’episodio ha mosso all’annuncio di diverse manifestazioni a Magonza contro l’immigrazione, così come contro il razzismo e la violenza sessuale; anche la AfD della Renania-Palatinato lo ha preso ad occasione per indire una dimostrazione fuori dalla Cancelleria di Stato dal motto “Adesso basta! Finalmente trarre conseguenze!”. Seppure anche l’Unione delle Comunità Ebraiche tedesche ha espresso preoccupazioni per l’aumento di casi di intolleranza antisemita che ha visto come protagonisti dei profughi da Paesi Arabi, pare tuttavia che nel caso specifico l’appartenenza religiosa della vittima non avrebbe giocato alcun ruolo.

Insomma, anche nell’ordinata Germania ci sono episodi che scatenano un’evidente insofferenza nei confronti del mondo politico.

 

Immagine di copertina: Pixabay, https://pixabay.com/it/reichstag-berlino-1358937/

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