Cinema

Dheepan abita qui

24 Ottobre 2015

Nel decimo arrondissement parigino, incastrata tra la piccola fermata metro di La Chapelle e la gigantesca stazione di gare du Nord, c’è Little Jaffna. Non un vero quartiere: solo quattro o cinque strade in tutto, ma affollate di gente e piene zeppe di negozi indiani. Little Jaffna (che prende il nome dalla più importante città tamil dello Sri Lanka) è l’epicentro culturale ed economico dei tamil srilankesi in Francia. Qui, ogni giorno, centinaia di tamil arrivano dalle banlieue per acquistare prodotti tipici, pregare nel tempio, lavorare o semplicemente per incontrarsi e discutere tra loro. Dagli anni Ottanta fino a oggi circa centomila tamil dello Sri Lanka si sono rifugiati in Francia installandosi perlopiù nelle banlieue parigine. È tra le strade di Little Jaffna che il regista Jacques Audiard ha girato alcune scene del film Dheepan, ispirato all’epopea dei tamil fuggiti in Europa da una feroce guerra civile che dal 1983 al 2009 ha contrapposto tamil e singalesi, le due principali etnie dello Sri Lanka, l’isola a forma di lacrima a sudest dell’India.

La Little Jaffna parigina comincia in rue Pajol col tempio dedicato a Ganesh, la divinità induista con quattro braccia e la testa d’elefante, e prosegue fino all’altezza della gare du Nord disegnando un triangolo sulla pianta di Parigi. Sembra di essere in uno dei tanti quartieri indiani che si trovano in giro per le città europee: le nuvolette di incenso che svolazzano attorno ai negozi di alimentari coi banconi carichi di spezie, legumi, riso e frutta; i negozi di abiti che espongono sari e collane di fiori; i commercianti di statuine hindu; la videoteca di film bollywood; i ristoranti tipici e i rivenditori di naan, il pane tipico dell’India da mangiare mentre si passeggia.

Diversamente dalle tante Little India d’Europa dove un po’ tutte le etnie del subcontinente indiano si ritrovano mescolate, nella Little Jaffna di Parigi tutto ruota intorno a una sola cultura: quella tamil. Nei manifesti appesi ai muri, incorniciata dietro i registratori di cassa dei negozi, racchiusa in piccole edicole votive tra divinità hindu e corone di fiori c’è sempre la stessa immagine di un uomo in mimetica con due grandi baffi e un sorriso bonario. Quell’uomo è Velupillai Prabhakaran, fondatore e leader dell’Ltte (Liberation Tiger Tamil Eelam), le Tigri del Tamil, il gruppo armato per l’indipendenza dello Stato del Tamil Eelam. Ucciso nel 2009 dall’esercito nazionale dello Sri Lanka, Velupillai Prabhakaran è stato un personaggio chiave nella guerra civile che per ventisei anni ha insanguinato il nordest dello Sri Lanka e di cui ancora oggi si sentono le conseguenze. L’Unione Europea e gli Stati Uniti hanno inserito le Tigri del Tamil nella lista delle organizzazioni terroristiche, ma per la maggior parte dei tamil le cose stanno diversamente.

A due passi dalla fermata metro di La Chapelle, in un monolocale nel seminterrato di un palazzo, c’è la sede dell’associazione Maison Tamil Eelam, uno dei principali nodi della rete europea di movimenti politici per l’indipendenza del Tamil Eelam messa in piedi dai migranti tamil sparsi per il continente. La fotografia di Velupillai Prabhakaran poggiata su una mensola piena di libri e materiale informativo è l’unico elemento decorativo della stanza. I soliti baffi e il solito sorriso rassicurante, questa volta però il capo delle Tigri non indossa una mimetica ma una camicia di un bianco sporco. Paul Suppuru, uno degli attivisti della Maison Tamil indica la foto e prova a spiegare: «Per noi, Prabhakaran è un martire: ha dato la vita per la causa di un Tamil Eelam libero e indipendente. Senza le Tigri i tamil sarebbero già spariti dallo Sri Lanka e tutti si sarebbero già dimenticati dello Stato del Tamil Eelam».

Per capire la storia delle Tigri del Tamil e le origini di una guerra che sembra ormai dimenticata bisogna fare un salto indietro nel tempo e tornare al 1948, anno in cui, dopo 133 anni di dominio coloniale, gli inglesi decidono di concedere l’indipendenza allo Sri Lanka. Da secoli l’isola è abitata da una maggioranza singalese e buddista e da una minoranza tamil e induista che vive nelle zone nord e nordest del Paese. La convivenza tra i due popoli è stata sempre difficile a causa delle profonde differenze culturali, linguistiche e religiose. Lasciando l’isola, gli inglesi assegnano all’istruita minoranza tamil gran parte degli incarichi di governo alimentando il risentimento tra i singalesi. Nel 1956 il governo dello Sri Lanka attua una politica chiamata “sinhala only” (solo singalesi) che costringe i cittadini tamil a imparare la lingua singalese per non perdere il posto di lavoro negli uffici governativi e negli anni Settanta una nuova legge impone ai giovani tamil un punteggio maggiore di quello richiesto ai singalesi per entrare nelle università. Le tensioni aumentano e cominciano i primi episodi di violenza da una parte e dall’altra. I tamil si organizzano in diversi gruppi armati di resistenza. Tra questi ci sono le Tigri del Tamil di Velupillai Prabhakaran il cui obiettivo è la creazione di uno Stato indipendente chiamato Tamil Eelam nelle zone nord e nordest dell’isola.

La scintilla per la guerra arriva nel 1983 quando in un’imboscata le Tigri del Tamil ammazzano tredici soldati singalesi. La ritorsione è selvaggia: per molti giorni bande di singalesi danno la caccia ai tamil. Ci sono incendi, saccheggi, pestaggi ed esecuzioni sommarie. Governo e polizia non riescono o forse non vogliono fermare la rappresaglia. Le Tigri del Tamil fagocitano tutti gli altri gruppi armati della resistenza e da questo momento lo scopo della guerra è quello di realizzare uno Stato del Tamil Eelam libero e indipendente dallo Sri Lanka. Ci sono omicidi, torture, stupri e vendette sui civili: per più di due decenni l’isola a forma di lacrima diventa il teatro di tutti gli orrori della guerra.

Il tragico atto finale arriva nel 2008 quando il governo singalese annuncia la volontà di annientare definitivamente le Tigri. Nei mesi successivi nel nordest dell’isola migliaia di persone muoiono sotto i bombardamenti. Jaffna è rasa al suolo. Il governo crea una “no fire zone” per proteggere i civili che si trasforma in campo di detenzione per i tamil. Le bombe piovono anche all’interno della “no fire zone” distruggendo ospedali da campo e tendopoli. Le Tigri cadono una a una. Velupillai Prabhakaran viene ammazzato e per vendetta anche la moglie e i suoi tre bambini vengono assassinati. Altri leader Ltte si arrendono ma vengono giustiziati lo stesso. Il massacro termina nel 2009 con la mediazione della Norvegia e la firma di un trattato di pace. Sono passati sei anni dalla fine della guerra e ancora non esistono dati ufficiali sul numero totale delle vittime. Secondo gli attivisti della Maison Tamil Eelam di Little Jaffna quasi 700mila persone sono morte in ventisei anni di guerra, di questi quasi 600mila sarebbero civili, quasi tutti tamil.

Le menti dei tamil che popolano Little Jaffna, come quella di Dheepan, il protagonista del film di Audiard, sono ancora abitate dalle mostruosità della guerra. «Direttamente o indirettamente – racconta Paul Suppuru – ognuno di noi ha vissuto violenze, torture e morte, ma quello che ci preoccupa di più è pensare ai parenti e agli amici che sono rimasti in Sri Lanka. Anche se la guerra è finita il nostro territorio continua a essere presidiato dai militari singalesi. Nessun diritto e nessuna libertà è concessa alla nostra gente. Molti vivono ancora in campi di detenzione e per noi è parecchio difficile riuscire a entrare in contatto con loro e avere notizie attendibili».

Il 16 settembre scorso il consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani ha pubblicato un rapporto sui crimini commessi durante la guerra tra l’esercito singalese e le Tigri del Tamil. La relazione dell’Onu si concentra in particolare sulle atrocità commesse da entrambe le parti negli ultimi mesi del conflitto e chiede l’istituzione di un tribunale speciale internazionale. La notizia è stata accolta con gioia dagli attivisti della Maison Tamil Eelam, ma la strada da percorrere è ancora lunga. Secondo Paul Suppuru «ricostruire la verità è giusto e indispensabile, ma è solo un primo passo. Per noi l’unica soluzione alla questione dei tamil in Sri Lanka resta la creazione di uno Stato indipendente del Tamil Eelam».

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