Immigrazione

Tutto quel che sappiamo sulla scomparsa di Ani Laurent

5 Febbraio 2020

Cos’è successo dopo l’uscita del nostro reportage sulla visita alla famiglia di Prince Ani Guibahi Laurent Barthélemy, nel villaggio di Yopougon, Abidjan, Costa D’Avorio, il 25 gennaio 2020.

Uno. Alle 21 di sabato 25 gennaio, 12 ore dopo la mia visita di cui ho raccontato qui, il padre di Ani Laurent, a seguito di una richiesta del Ministro del Trasporto ivoriano, si è recato in un ufficio alla presenza di un funzionario che lo ha rassicurato sul rientro del corpo del bambino. “Deve stare tranquillo”: questo è quanto mi è stato riferito direttamente dalla famiglia su quell’incontro. Nulla di più. Sulla pagina Facebook del Ministero compariva contestualmente un avviso in cui si dichiarava che le procedure per il rientro della salma erano complete. Il post era corredato da alcune immagini di strette di mano, in cui l’unico soggetto che sono riuscita a riconoscere è il padre. C’è anche una donna nelle foto, che però non corrisponde alla madre adottiva che ho incontrato e sulla quale ho posto l’attenzione nell’appello rispetto all’urgenza di una visita medica, che non è ancora stata fatta. Non è stato detto alla famiglia però dove si trovi il corpo di preciso in questo momento, né sono stati dati aggiornamenti rispetto alle indagini che, se effettivamente le procedure per il rimpatrio della salma fossero complete come è stato dichiarato, a loro volta dovrebbe essere concluse.

Due. Un’altra notizia che abbiamo appreso, nel frattempo, cercando gli articoli nelle agenzie di stampa internazionali relative al caso, è un pezzo di Reuters ripreso da Business Insider il giovedì 20 gennaio, nel quale si riferiva che il governo ivoriano, a seguito dell’incidente che ha coinvolto Prince Ani Guibahi Laurent Barthélemy, sarebbe intervenuto con procedure d’urgenza al rafforzamento delle misure di sicurezza relative all’aeroporto di Abidjan, capitale della Costa D’Avorio dalla quale è partito l’aereo Air France sul quale è stato trovato il corpo del ragazzo. Tra questi interventi, lo sgombero immediato di uno slum adiacente all’aeroporto, popolato da 200.000 persone alle quali è stato ingiunto di spostarsi da quel territorio.

Tre. Dall’uscita del nostro articolo di mercoledì 29, sentiamo quotidianamente i famigliari che ci chiedono di tenere alta per loro la soglia di attenzione su questa vicenda, poiché da sabato 25 scorso non hanno più avuto alcun segnale dal Ministero sul rientro del corpo. Fino a venerdì 31 gennaio, quando un rappresentante del governo si è recato da loro con la richiesta di firmare la dichiarazione di decesso del figlio. Ricordiamo che il “riconoscimento” è avvenuto su uno zainetto contenente la divisa scolastica e un cambio di vestiario del ragazzino, che effettivamente corrispondono a quelli di Prince Ani Guibahi Laurent Barthélemy ma, da quanto apprendo direttamente da loro, non hanno avuto evidenze di una prova del DNA e, come sappiamo, non hanno mai visto il corpo. Anche dello zainetto non viene detto loro se sia stato trovato addosso al ragazzino in Francia e riportato in Costa D’Avorio per essere mostrato al padre, oppure? Non si sa. Ma, in ogni caso, come possono firmare una dichiarazione di decesso senza un cadavere? E infatti la famiglia decide di non firmare. Teme che se firma non avrà più diritto a chiedere un riesame del corpo.

Quattro. Ci siamo confrontati con la dottoressa Raffaella Rinaldi, medico legale, sul processo di assideramento del corpicino di un quattordicenne, sena rinforzo adiposo, poco vestito, che dimostrava non più di dieci anni, esposto a quella temperatura e all’assenza di ossigeno che si ha in un vano non depressurizzato come quello che ospita il carrello. Più velocemente è stata raggiunta la temperatura mortale, più è probabile che in pochi minuti Prince Ani Guibahi Laurent Barthélemy abbia perso i sensi: “il cervello attiva un meccanismo di difesa con la perdita di coscienza che mette in stand by il corpo, risparmiandone energie”. Questa la causa di morte che ci hanno detto: assideramento. “Ma poi c’è l’autopsia giudiziaria, che prevede che il corpo venga interamente esaminato in tutte le sue parti, compresi eventuali graffi, escoriazioni che potrebbero risultare dalle manovre di scavalco di una recinzione aeroportuale?”. Ricordiamo che la famiglia non solo non ha visto il corpo, ma non ha nemmeno ricevuto gli esiti di questa autopsia.

Cinque. In molti si sono attivati in Italia per la storia di Ani Guibahi Laurent e ringraziamo tutte le persone che, a vario titolo e professionalità, si sono sentite privatamente chiamate a dare una mano, a cercare contatti, a sensibilizzare, a tenere alta l’attenzione. Domenica sera, durante la trasmissione “Che tempo che fa”, Roberto Saviano ha ripercorso la storia dei tanti (sempre troppi) ragazzini che hanno tentato la disperata fuga nascosti nei vani degli aerei e ha concluso con un appello al Presidente Macron per concedere almeno un visto e un biglietto aereo andata e ritorno per la famiglia in modo tale che possa effettivamente riconoscere il corpo del ragazzino, prima di riportare la salma in patria. Lunedi 3 febbraio, Johannes Bückler, lo pseudonimo twitter sotto cui si cela il più famoso narratore social di storie di vittime dimenticate, ha lanciato un thread sulla storia di Ani, invitando le sue migliaia di follower a taggare Macron per chiedere “Dov’è Ani?”. #OuEstAni è stato trendtopic per tutto il giorno successivo all’uscita del tweet di Bückler, grazie a numerosissimi che hanno partecipato all’appello al Presidente francese.

Sei. Dall’Eliseo, l’unico segnale ricevuto è questa risposta di giovedi 30 gennaio in cui sostanzialmente si apprende la notizia e si dice che verrà portata all’attenzione del ministero degli esteri. Nonostante i tentativi di mettersi in contatto con le ambasciate locali, nessun altro ha risposto al nostro appello. La famiglia continua a dire che nessun rappresentante del governo francese si è mai fatto vivo con loro. Solo sul sito di Abidjan Tv è stato riportato l’annuncio che il ministro della cultura francese si recherà prossimamente ad Abidjan dalla famiglia per una cerimonia di commemorazione e l’inaugurazione di un murales con la foto di Ani Laurent Barthelemy nel villaggio di Youpugon. La famiglia sostiene di aver parlato solo con l’amministrazione locale per consegnare delle foto da cui derivare l’immagine per il muro.

Sette. Un rappresentante del governo ivoriano ieri, 4 febbraio, si è nuovamente recato dalla famiglia per chiedere la firma della dichiarazione di decesso ai genitori, sostenendo che si tratti di un passaggio necessario per il rimpatrio della salma e che è una procedura direttamente richiesta dalla Francia. La famiglia, nonostante il ricatto e la minaccia di non rivedere il corpo, coraggiosamente non firma.

Otto. Invece la famiglia firma oggi, 5 febbraio, la procura di incarico a un avvocato che abbiamo coinvolto e che seguirà personalmente e a titolo gratuito gli sviluppi legali della storia di Ani Laurent Guibahi tutelando i diritti della famiglia di conoscere tutto il possibile sulla la verità di questa drammatica storia e rivedere, riconoscere, un’ultima volta il corpo del loro bambino. E questa è finalmente una buona notizia.

Nove. Oggi, 5 febbraio 2020, Prince Ani Guibahi Laurent Barthélemy avrebbe compiuto 15 anni.

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