Immigrazione
Anàbasi: l’immigrazione da problema a risorsa
Dopo un anno di sperimentazione in Piemonte, il progetto di inserimento lavorativo dei migranti finanziato sulla base della Legge Treu (e delle sue successive evoluzioni) può vantare un bilancio davvero eccellente: ecco come chi arriva in Italia può diventare una risorsa per l’economia, uscendo dal circuito Sprar
Anàbasi è una parola greca che indica la trasmigrazione di masse di esseri umani dalla costa verso un interno sconosciuto, disagevole e rischioso, percepito, tuttavia, come promessa e attesa di una vita migliore. Da un anno, è anche il nome di un interessantissimo progetto legato all’inserimento lavorativo dei migranti che arrivano in Italia, seguendo proprio questa rotta.
L’impatto socio-culturale determinato da un afflusso ormai costante rappresenta uno dei principali temi di discussione non solo per la politica, ma tutta la comunità. Particolarmente significativa è l’analisi di Enzo Mattina, ex parlamentare socialista italiano e europeo, nonché esperto di questioni sindacali e già vicepresidente del Gruppo Quanta e presidente di Ebitemp (ente bilaterale per il lavoro temporaneo): “176.000 migranti accolti nel nostro Paese nel 2016, che hanno assorbito una spesa pubblica di 3,3 miliardi di euro, rappresentano un sovraccarico di responsabilità civile ed economica che una vasta parte dei nostri concittadini considera non alla portata delle nostre possibilità. Tanto più se lo si condisce con forti dosi di intolleranza, sospetto, vero e proprio razzismo, alimentate da correnti di pensiero e politiche dilaganti in Europa e fuori”.
“Senza concedere nulla a tanta regressione culturale e civica, dobbiamo avere l’onestà di riconoscere che un’accoglienza esclusivamente passiva, che, a fronte della messa a disposizione di un ricovero e di un piatto di cibo, impone l’ozio e l’emarginazione sociale, finisce per essere fonte di turbamento e, piaccia o meno, di rigetto”.
Ma come si passa a una forma efficace di politica attiva? Una case-history davvero interessante è quella, appunto, di Anàbasi, progetto nato dalla collaborazione tra Quanta, (l’agenzia specializzata in figure professionali qualificate, con sedi anche in USA, Brasile, Svizzera e Romania), Assolavoro, Croce Rossa Italiana e CNOS/FAP (storica istituzione per la formazione professionale che fa capo all’ordine dei salesiani).
Fabio Campidoglio, a.d. di Quanta Risorse Umane, è stato tra i principali promotori dell’iniziativa, che è finanziata grazie a una quota delle risorse del Fondo bilaterale Formatemp, costituito nel 2000 in applicazione della Legge n.196/1997 (c.d. Legge Treu) che introdusse nel nostro ordinamento la fornitura di lavoro temporaneo. L’iter di questo provvedimento fu particolarmente faticoso e solo a seguito delle sette risistemazioni successive (ivi comprese la Legge Biagi del 2003 e il Jobs Act del 2016), la somministrazione di lavoro ha vinto resistenze e sospetti, cambiando pelle. “Grazie ad un accordo sindacale, abbiamo esteso l’applicazione del fondo ai candidati svantaggiati, quali donne, lavoratori in età avanzata e, appunto, migranti, che sono la fascia più difficile” – ci spiega Campidoglio – “Abbiamo scelto di investire in particolare proprio su di loro, sviluppando la collaborazione con il Centro Polifunzionale C.R.I. Teobaldo Fenoglio di Settimo Torinese, centro di accoglienza tra i più accreditati ed attivi d’Italia. Siamo partiti nel febbraio 2016, con una sperimentazione centrata su 80 persone, giunte in Italia dopo una migrazione dai Paesi coinvolti nelle principali crisi di questo periodo storico e che avevano chiesto il permesso di soggiorno a vario titolo, la maggioranza sotto forma di asilo politico”.
A poco più di un anno di distanza, il bilancio di questa fase di sperimentazione è davvero incoraggiante. Il placement dei candidati sfiora l’80%, a valle di un percorso molto intenso e curato nei minimi particolari. Il primo step è stato la verifica delle competenze linguistiche: la conoscenza dell’italiano pari al livello A2 è stata considerata propedeutica alla partecipazione ad un progetto partito dalla formazione sui diritti e doveri sia dei cittadini europei, sia dei lavoratori, necessaria per conformare gli aspetti culturali derivanti dalle origini dei candidati. Quindi, si è passati alle attività di orientamento al lavoro e al bilancio delle competenze, con l’impiego di formatori e psicologi del lavoro. I candidati sono poi stati suddivisi in diversi gruppi, ognuno dei quali è stato formato per un profilo professionale specifico, tra quelli più richiesti dal mercato.
“Abbiamo scelto il settore della cantieristica navale” – continua Campidoglio – “sia per via di una nostra consolidata expertise, sia perché si tratta di un ambito nel quale l’inserimento dei lavoratori stranieri non crea alcun tipo di problema culturale, anzi: la maggioranza del personale è formato proprio da extracomunitari”.
Proprio qui sta l’elemento vincente di questo progetto che, dopo aver ottenuto il sostegno del Comune di Settimo Torinese, è stato recentemente sottoposto all’attenzione anche della giunta milanese. “La cantieristica è un settore nel quale gli italiani non sono molto disponibili a lavorare, perché è molto pesante, si svolge in ambienti poco confortevoli e richiede spostamenti”, spiega Campidoglio. “Si può sicuramente dire che il progetto Anàbasi ha trasformato l’immigrazione, solitamente percepita come un problema, in un’opportunità. Anche dal punto di vista economico, l’inserimento di questi lavoratori ha comportato una contribuzione fiscale che ha già recuperato gli investimenti fatti sulla loro formazione. Inoltre, l’aspetto più importante da sottolineare è che quando i migranti trovano lavoro escono dal circuito Sprar, alleggerendo così il sistema assistenziale italiano”.
Dietro a risultati così significativi c’è anche la scelta di Quanta, che ha scelto di rinunciare al bonus offerto per l’inserimento di ciascun lavoratore, girandolo al cliente sotto forma di sconto sulla tariffa oraria: “In questo modo, le aziende sono state ulteriormente incentivate a testare i lavoratori, scoprendone le competenze e il livello di preparazione al quale li abbiamo portati, attraverso una formazione che comprende anche i patentini e le certificazioni di sicurezza necessarie per lavorare nei cantieri navali. Abbiamo certificato la formazione di carpentieri, tubisti, elettricisti, posacavi e altri profili di grande utilità, che oggi hanno un curriculum spendibile anche al di là di questa esperienza condotta con noi”.
Le attività di accompagnamento al lavoro non terminano quando il candidato si presenta in cantiere. Il progetto Anàbasi prevede l’assistenza nei confronti del cliente in tutto e per tutto, fino alla realizzazione della busta paga. Infatti, secondo lo schema tipico delle agenzie del lavoro, l’assunzione viene fatta da Quanta, che poi colloca i lavoratori in somministrazione per tre o quattro mesi presso le aziende. L’efficacia di questo approccio si dimostra nella pratica quando i clienti chiedono la proroga di questi inserimenti o quando, addirittura, decidono di assumere direttamente il lavoratore. Nel gruppo sperimentale di 80 migranti, è già successo in cinque casi.
Enzo Mattina si dice pronto a estendere e sviluppare il progetto: “Credo sia giusto riflettere sul fatto che i 38 individui che in un anno hanno lavorato da due a nove mesi hanno goduto nell’insieme di retribuzioni nette per le prestazioni eseguite pari a € 178.748,54, su cui hanno gravato prelievi fiscali per € 23.255,28 e contributivi all’INPS, all’INAIL e alla Bilateralità per € 108.586,81 (€ 18.736,29 a carico dei lavoratori più € 89.850,52 a carico dei datori di lavoro), dato aggiornato a febbraio 2017. I dati certificano che, se si gestisce un fenomeno, anche il più complesso, alla fine lo si può trasformare in opportunità, senza far danno ad alcuno”.
“Mi sembra un buon inizio e ci sentiamo impegnati ad accompagnare ancora i nostri allievi per assicurare loro le prestazioni dei due Enti bilaterali della somministrazione Formatemp ed Ebitemp, per farli rimanere nel mercato del lavoro italiano o per sostenerli qualora decidessero di andare verso altri Paesi europei o di tornare nei luoghi di origine. Forti di questa esperienza, confermo la volontà di svilupparla”.
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