Immigrazione

Al dunque. “Ius Soli” e “Fine Vita”. I nodi che non si possono tagliare

4 Dicembre 2017

In questi mesi

Ricostruire un centrosinistra in netta discontinuità con la politica e le politiche di questi anni. Un centrosinistra diverso che partisse dall’urgenza della riduzione delle diseguaglianze e della precarietà, dalla valorizzazione dell’ambiente e della green economy, da un nuovo modello di accoglienza e cittadinanza.

Una battaglia che, insieme a tanti, abbiamo spesso cercato di sintetizzare così: l’unità del centrosinistra per non consegnare l’Italia alla destra di Berlusconi/Salvini e Meloni; la discontinuità come condizione per l’unità, per cambiare l’Italia dalle fondamenta.

In questo senso le nostre aspre critiche al governo Renzi e ai governi precedenti sono sempre state assolutamente coerenti con l’idea di non rinunciare a tenere insieme il più possibile il popolo della sinistra e del centrosinistra.

Un’idea che si rende ancor più necessaria in un periodo storico in cui emerge con sempre più forza una destra xenofoba e regressiva sul piano dei diritti sociali e civili. Una destra a cui si dovrebbe anzitutto rispondere con la capacità di mettere in agenda una ricerca assidua di giustizia sociale e nuove politiche di accoglienza e cittadinanza.

 

In questi giorni

 

Dopo le ultime batoste elettorali ci saremmo aspettati una riflessione diversa e più profonda nel Partito Democratico. Ci saremmo aspettati più attenzione nel riconoscere le ragioni di quella parte importante di elettorato che si è allontanato e lo fa sempre più. Così, sinceramente, ad oggi non è stato. Nonostante le ultime elezioni amministrative, nonostante le elezioni regionali in Sicilia.

Però, al netto dei desiderata, l’avanzata delle destre più radicali oggi ci ha imposto di provare ancora e ancora a tenere aperti spazi di discussione all’interno del mondo del centrosinistra.

Siamo partiti dai contenuti, dai temi che riguardano la vita delle persone.  Si sta discutendo e qualche risultato sembra stia arrivando proprio a partire dalla legge di stabilità: su nostra insistente richiesta sono stati ridotti i superticket sanitari che impedivano le cure mediche a migliaia di persone, sapendo che per noi l’obiettivo è la loro piena eliminazione. Si lavora poi nelle seguenti direzioni:  la cassa integrazione estesa a tutti i lavoratori in crisi e non solamente a quelli delle “grandi crisi complesse” tutelando decine di migliaia di persone che vivono sulla propria pelle la crisi economica; il jobs act modificato in modo da disincentivare al massimo il dramma dei licenziamenti, obbligando le imprese a pagare di più ogni singolo licenziamento; investimenti nella tutela dell’ambiente.

Meno di quanto avremmo voluto, ma sicuramente più di quanto avremmo ottenuto se ci fossimo nascosti da un confronto pubblico con il Governo. Perché si tratta di risultati utili al Paese, non a un posizionamento elettorale.

 

Ora?

 

Personalmente ritengo che tutto questo non sia sufficiente, come non è sufficiente (anche se necessario) il fatto che il segretario del PD non sarà il candidato premier di un’eventuale coalizione.

Penso che vi siano ancora due passaggi, precondizione per qualunque ragionamento futuro. Si tratta della calendarizzazione e votazione parlamentare delle leggi sul “Fine vita” (“Testamento biologico”) e sullo “ius soli” (o più precisamente lo “ius culturae”).

In particolare sono convinto che la legge sulla cittadinanza sia una norma cardine di un sistema politico. Una legge necessaria e improrogabile: giusta e necessaria.

Il Senato deve calendarizzare il voto sullo Ius Soli perché si tratta di un’occasione storica per il nostro Paese. Non solo il diritto di oltre 800 mila bambini e bambine di vedersi riconosciuta l’uguaglianza con i loro compagni di scuola, ma l’implementazione di un principio fondamentale. Le bambine e i bambini nati e cresciuti in Italia sono italiani: la sola chiave di lettura per un’Italia, centro del mediterraneo, capace di accogliere il futuro.

Calendarizzare la discussione al Senato significa aprirla pubblicamente al Paese perché poi, davanti all’opinione pubblica ciascuno si assumerà la responsabilità di dire SI oppure NO.

Per me questo è un passaggio che segnerà un vero e proprio spartiacque. Non ritengo personalmente neanche immaginabile una coalizione condivisa con chi non voterà SI a questa legge o con chi non avrà fatto tutto il possibile perché sia approvata. Con chi l’ha fermata fino ad ora e continuerà a fermarla. Perché, intuitivamente, si tratta di visioni di Paese inconciliabili tra loro.

Se la nostra battaglia ossessiva per l’approvazione della legge avrà successo, il nostro impegno avrà permesso all’Italia di uscire dal medioevo dei diritti e allora, solo allora, ci saranno le condizioni per discutere come fronteggiare insieme le destre già nel brevissimo periodo. Perché se oggi stiamo ragionando di organizzare alle prossime elezioni un fronte contro destre e populismi, le battaglie di civiltà ne sono indubbiamente un fattore costitutivo.

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