Costume
Aiutiamoci a casa nostra
Breve prontuario per difendersi dal contagio delle affermazioni razziste che – da tempo – animano le conversioni “social” dal reale al virtuale. Da somministrarsi all’interlocutore, secondo le dosi consigliate, ogniqualvolta si creino le premesse per una crisi di ignoranza di piccola, media o grave entità.
1) “Questi arrivano, prendono più di trenta euro al giorno per non fare nulla e poi finisce che ci rubano il lavoro. Hanno fatto bene a fermare quei barconi”
Perfetto. Quindi ora che abbiamo arginato il problema sbarchi possiamo tranquillamente sederci alla scrivania e attendere la chiamata per quel posto di lavoro che da tempo aspettiamo. Magari a tempo indeterminato e perfettamente in linea con le nostre qualifiche. Nel caso non arrivasse in tempo utile potremmo sempre ripiegare su uno degli impieghi riccamente retribuiti e di scarsa fatica che, di media, cerchiamo di delegare ai “neo sbarcati”. Quelli per i quali siamo eccessivamente qualificati.
2) “Sotto casa mia è pieno di spacciatori e – sai cosa? – sono tutti stranieri”
Il mercato ha spesso dinamiche complesse da decifrare, ma – di base – si fonda sul principio banale della domanda/offerta. Quindi se ci sono tanti spacciatori sotto casa tua evidentemente sotto casa tua ci sono anche tanti acquirenti. Altrimenti cambierebbero mestiere. Sono poi quasi tutti stranieri perché i posti di coordinamento (tornare al punto 1, ovvero inquadramento professionale per gradi), sono stati presi da chi ha maggiori qualifiche. Tornassimo ad occuparci delle organizzazioni criminali “autoctone” potremmo scoprire cose molto interessanti sulle infiltrazioni mafiose sotto casa. In effetti qualcuno l’ha già notato. [Attenzione: Parlare di mafia però fa tanto “raduno di Libera” e qualcuno potrebbe trovarvi poco chic o – peggio – demodè]
3) “Vivono in un appartamento anche in dieci! Hai idea della confusione? E poi l’igiene! E il decoro del palazzo!”
Quando parliamo delle “sistemazioni” degli stranieri spesso ci dimentichiamo che, nella maggior parte dei casi, queste persone vivono in affitto. Affitto che pagano (più o meno regolarmente) a proprietari italiani i quali, a loro discrezione, decidono di affittare in nero o con regolare contratto, aprendo e chiudendo gli occhi, sempre a discrezione (o secondo coscienza), sul numero di persone effettivamente all’interno dello stabile e sulle condizioni dello stabile stesso. Spesso discrezione e coscienza si legano strettamente non tanto all’apertura mentale di questi soggetti, ma al loro desiderio guadagno. Quindi se dieci persone vivono in un appartamento destinato a cinque, significa che nessuno ha veramente interesse a far emergere la cosa. Il proprietario in primis.
4) “Poi i lavori che fanno, saranno anche di basso profilo, ma quando vanno a fare le scale, ad esempio, prendono la cifra pulita! Dieci euro l’ora per cinque ore son cinquanta euro al giorno e se lavorano al sabato…”
Tornare al punto 3. Chi paga in nero queste persone? Altri stranieri? No, spesso siamo noi. Perché è più comodo e meno costoso, perché ci sono meno problemi in caso di fine del rapporto di lavoro, perché così – fondamentalmente – possiamo fare come ci viene più comodo. Un po’ come quando chiediamo lo sconto accettando che in cambio non ci venga rilasciata la fattura. Avete presente no? Però siamo un popolo di onesti lavoratori.
5) “Dovrebbero aiutarli a casa loro!”
Già, perché a casa nostra loro già ci aiutano abbastanza. Ne sanno qualcosa le famiglie con la badante straniera per il nonno che, diversamente, nessuno potrebbe curare e finirebbe i ospizio. Ne sanno qualcosa tutti coloro che hanno un aiuto domestico (la colf che stira le camice, la signora che pulisce la casa o il giardiniere che pota le siepi in cortile). Ne sanno qualcosa quelli che riescono a barcamenarsi fra lavoro e famiglia grazie a una tata o baby sitter che tutti i giorni si prende cura dei loro figli quando escono da scuola. Ne sanno qualcosa tutti coloro che ordinano cibo cinese, thailandese, vietnamita, giapponese, che mangiano un kebab, un riso al curry o un cous cous. Imparate a stirare, pulire, cucinare, accudire i figli, accudire gli anziani, tenere il giardino, rammendarvi le cose a casa vostra. Poi se vi avanza del tempo potete continuare con il vostro stile di vita attuale o, magari, così facendo, avreste meno tempo per le chiacchiere razziste da bar. Prezioso effetto collaterale.
Facciamoci tutti un favore: smettiamola di “lasciar correre” e iniziamo ad aiutarci a casa nostra, perché l’ignoranza rivendicata non solo è una malattia, ma se ci entri in contatto e sei già affetto da indifferenza è anche incredibilmente contagiosa.
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