Giornalismo
Furlanetto (Radio24): “Ho avuto paura a Gerusalemme durante un bombardamento e nella baraccopoli di Rosarno”
A pochi giorni dalla liberazione di Cecilia Sala vi propongo un estratto dell’intervista fatta agli inizi di dicembre a Valentina Furlanetto, giornalista di Radio24, esperta di flussi migratori e spesso inviata all’estero. La incontro in redazione a circa un mese dalla vincita di Trump e a pochi giorni dalla caduta di Assad e con lei affronto il tema del giornalismo da inviata all’estero, in situazioni instabili che potrebbero rivelarsi pericolose.
Questa è solo un’anticipazione di un’intervista integrale che sarà pubblicata nella seconda metà del 2025, in un libro intitolato “Giornaliste Italiane” un progetto nato con l’editore Luca Sossella e che comprende già un primo volume “Giornalisti Italiani” attualmente in libreria. L’idea è quella di proseguire il viaggio, iniziato con i giornalisti, attraverso la storia del giornalismo italiano e del nostro Paese, dagli anni ’70 a oggi. Come già successo per le interviste ai giornalisti, anche per questo secondo volume, alcune parti delle interviste alle giornaliste, soprattutto quelle che riguardano argomenti di attualità, saranno pubblicate in anteprima su Gli Stati Generali.
Come ti sei appassionata di flussi migratori?
Quando nel 2014-2015 hanno cominciato ad intensificarsi i flussi migratori in Italia, in particolare c’era stato quel terribile naufragio nel 2013 a Lampedusa, il più grande nel Mediterraneo, ho iniziato a seguire il tema, L’anno successivo sono andata a Lampedusa in occasione dell’anniversario, lì ho incontrato alcuni sopravvissuti, familiari delle vittime, lampedusani che avevano aiutato quelle persone, in quel momento ho cominciato ad appassionarmi ad un tema per me rappresentativo dell’essere umano. Spostarsi e ricominciare da capo, è un po’ quello che fanno le persone che si esprimono in tutta la loro complessità, rimanere nel proprio ambiente, nella propria confort zone è facile, recarsi in un posto completamente diverso, senza una famiglia Spostarsi e iniziare un nuovo percorso significa costruire se stessi e secondo me è quello che tutti gli esseri umani affrontano quando migrano, anche nelle piccole migrazioni, per esempio da sud al nord Italia. In questi ultimi 10 anni il tema è diventato gigante, ho seguito tutte le crisi umanitarie dei flussi migratori, la passione per queste situazioni difficili è cresciuta, campi profughi, baraccopoli, situazioni di tensione, mi hanno sempre trasmesso una grande energia. Quando torno spesso mi chiedono se l’esperienza è stata triste, in realtà rispondo di aver ricevuto tanta energia, di aver visto posti pieni di giovani, di bambini, di gente che sta andando verso il futuro e questo si percepisce in maniera forte. Ricordo una volta che ero a Idomeni, in Grecia, stavo seguendo i profughi siriani che, attraverso la rotta balcanica, salivano dalla Grecia e avevano trovato il confine con la Macedonia chiuso, si era formato quindi spontaneamente un campo profughi, con le tende dei campi, pioveva, era pieno di fango, le persone non avevano nulla con cui scaldarsi. Bruciavano i copertoni e altre cose di plastica, non avevano altro, una situazione disastrosa, donne e bambini esposti al freddo e ai fumi tossici, nonostante questo, c’era una grande energia positiva, i bambini giocavano con qualsiasi cosa, aspettavano con pazienza, guardando all’Europa con ammirazione, con slancio verso il futuro. Avevano un’immagine dell’Europa che forse noi oggi non riconosciamo più, quella dei diritti, l’Europa nobile, che la storia ci ha consegnato. Ecco osservare questo specchio in queste persone mi è sempre piaciuto molto.
In che cosa la tua gavetta è stata differente dai giovani che si approcciano oggi al mestiere?
Completamente diversa, il mondo era diverso. Quando ho iniziato c’era la rete, ma non c’erano ancora i social, il giornalismo si faceva per strada. Ho l’impressione che adesso i ragazzi si illudano di trovare le fonti su internet, senza controllarle, senza andare alla fonte diretta, tutto è diventato più veloce, anche più competitivo, una volta lo era meno. Noi avevamo delle difficoltà che loro non hanno e allo stesso tempo avevamo dei vantaggi che loro non hanno, oggi tutti possono scrivere dappertutto, la competizione si è fatta più forte, c’è il problema di distinguere il vero dal falso e con l’intelligenza artificiale lo sarà sempre di più, come faremo a distinguere se la foto di Meloni che bacia Musk, uscita in questi giorni, è vera oppure no? È pieno di notizie e di immagini verosimili, siamo tutti spinti in questo mestiere a fare più veloce a pubblicare sempre più velocemente, farlo per primi e questo può portare ad errori grossolani anche pericolosi, ecco perché la prudenza e il controllo delle fonti è importante. Poco tempo fa c’è stato un dibattito sulle immagini video della ragazza iraniana che si era spogliata all’università di Teheran, la notizia era che si trattasse di un’attivista per la libertà delle donne in Iran, come Massa Amini, solo successivamente apparvero notizie che attestavano una sua fragilità mentale. La mia giovane collega, Cecilia Sala, che stimo molto, ha avuto delle riserve nella pubblicazione di questa notizia, dicendo appunto che bisognava informarsi bene e per questo è stata molto criticata, l’hanno addirittura accusata di voler accreditare che questa ragazza fosse pazza, mentre Cecilia stava solo cercando di far passare il messaggio del controllo delle fonti e dell’essere prudenti.
Per IlSole24 e Radio24 fai delle inchieste da inviata all’estero, quanto è importante per un giornalista fare questo tipo di esperienza? È vero che sempre meno redazioni danno questa opportunità ai giovani?
È un po’ vero, per quanto mi riguarda ultimamente mi hanno mandata spesso, sono stata di recente a Gerusalemme, al confine con Gaza, Al-haram, in Cisgiordania. Andare nei posti è fondamentale, il conflitto a Gaza lo seguo da oltre un anno, certo anche dalla scrivania facendo telefonate, interviste, seguo i fatti, ma se tu non vai sul posto e non vedi quello che accade, in primo luogo non hai la credibilità per parlarne, poi ti confesso che si parte sempre con delle certezze e si ritorna a casa con molte domande. Andando nei posti si ha la convinzione di sapere come vanno le cose, da che parte stanno i buoni e da che parte stanno i cattivi, poi arrivi sul posto e ti accorgi che è molto più complicato di come pensavi, ci sono molte sfaccettature e andarci consente di vederle, di raccontarle. Purtroppo noi della radio non possiamo far vedere le immagini, quindi questo diventa un ostacolo; a volte il vice direttore mi dice: “ma che tu sia li oppure no che cosa cambia? Qual è il valore aggiunto?” Perché per un’azienda editoriale il fatto di muovere una persona, diventa un costo. Il valore aggiunto secondo me è la credibilità. Quando hanno bombardato Gerusalemme io ero in un rifugio e abbiamo fatto il collegamento con Radio24 mentre il bombardamento era in corso, esseri lì in quel momento, con il tuo corpo fa la differenza, in quel preciso momento sei la notizia, stai raccontando di te, della tua sensazione, della tua paura. Un altro valore aggiunto, sempre per la radio, è l’accesso alle fonti, nel momento in cui tu passi intere giornate ad Al-haram con delle fonti palestinesi, instauri un rapporto tale che ti consente di chiamarle in un momento successivo, loro ti possono dire quello che sta accadendo al telefono, perché le conosci ci hai passato del tempo insieme, sanno chi sei.
Hai qualche aneddoto particolare da raccontarci relativo ai tuoi giorni da inviata? Hai mai avuto paura?
Sicuramente il bombardamento di cui ti ho parlato, è durato un’ora siamo stati sempre nel rifugio, suonavano gli allarmi, non sapevo quando sarebbe finito, se potevo ripartire, mi avevano annullato già due voli, avevo due ragazzini a casa, abbastanza grandi per capire le notizie, ma non così grandi da essere rassicurati che la mamma stesse bene, per cui si, un po’ di paura l’ho avuta. Un’altra situazione in cui ho avuto paura, è stata in Italia, a Rosarno, avendo seguito i flussi migratori all’estero, ho seguito poi l’accoglienza in Italia. Nelle baraccopoli di Rosarno c’era una una situazione di degrado, si venivano a creare slum veri e propri. Nel giugno del 2018 proprio lì avevano sparato, uccidendolo, a Soumaila Sacko, un bracciante agricolo, che stava portando via della lamiera da un’area, io ero in questa baraccopoli per raccontare lo sfruttamento di questi braccianti agricoli e appunto la storia di quest’uomo che aveva un permesso di soggiorno, era un sindacalista. È stata la prima volta che sono entrata in una baraccopoli con un po’ di timore, infatti mi ero fatta accompagnare da un’attivista di Medu (Medici per i Diritti Umani) perché c’era un po’ di tensione. Loro erano molto arrabbiati, non volevano microfoni, niente fotografie, perché era morto da poco questo ragazzo e avevano paura, non ho mai avuto paura in altri campi profughi, sono stata a Za’atari in Giordania, ad Azraq vicino alla Siria, a Lesbo, a Melilla, ho fatto anche un pezzetto di Claviere, il passo dall’Italia alla Francia con la neve, in tutte queste situazioni non ho mai avuto paura come quella volta a Rosarno.
Secondo te come è cambiato il modo di fare reportage e inchieste con la trasformazione digitale?
Da un certo punto di vista è migliorato, non tutto è peggiorato, non sono una passatista, mi piacciono le nuove tecnologie, ora sto seguendo un collega del Corriere della Sera, Andrea Nicastro, che si trova in Siria e posta molte cose su Instagram, per cui trovo che i social siano preziosi, io stessa quando sono stata in medio oriente, e in altre trasferte, ho pubblicato delle cose, le ho rese note direttamente. C’è un’immediatezza che secondo me non guasta, ti permette anche di bypassare il tuo ruolo istituzionale dentro una redazione, ma allo stesso tempo c’è l’insidia che “tutto è vero, niente è vero” viene pubblicato tanto, troppo, viene decontestualizzato, si perde un po’ di vista l’dea che per raccontare un mondo ci vuole il contesto. Ad esempio c’è questa idea, molto diffusa dal proprietario di X, che la disintermediazione sia giornalismo, questo mi fa un po’ paura, perché in realtà gli intermediatori è vero che sono un filtro, ma si tratta di persone che hanno studiato quei temi, quindi spiegano anche il contesto, invece raccontare una situazione senza conoscere il contesto, senza averlo studiato, l’illusione che un video social sia la realtà, senza spiegare il contesto, trovo che sia un po’ pericolosa.
Con la caduta di Assad e la vittoria di Trump, cosa succederà ora in Medio Oriente?
Sono stata a Za’atari che è il campo profughi più grande di siriani in Giordania e nel 2015 ad Azraq al confine tra la Giordania e la Siria, la guerra in Siria era iniziata 4 anni prima, Assad aveva già gasato i suoi stessi concittadini. Mi ricordo che incontrai tantissimi amputati, feriti, tra i dissidenti che erano fuggiti e ricordo che dall’Italia per la radio mi chiedevano di parlare dell’Isis e di avere testimonianze di feriti, di persone che fuggivano dall’Isis, di questi ce n’erano uno ogni 20, gli altri 19 fuggivano da Assad. Allora facevamo fatica a capirlo e fatichiamo ancora anche oggi, i festeggiamenti in Siria per la caduta di Assad, nonostante abbiamo visto le immagini terribili delle prigioni, sono comprensibili perché Assad voleva dire violenza e torture, quindi comprendo molto la felicità dei siriani, nonostante l’incertezza dell’oggi, che resta un grande punto di domanda, ma tra il punto di domanda e la sicurezza di essere silenziati, perseguiti, di non vivere in un Paese libero è normale scegliere il punto di domanda. Anche Trump è un grande punto interrogativo, sicuramente la caduta di Assad dimostra tutta la debolezza di Putin che si trova evidentemente in difficoltà, anche sul fronte ucraino, dove penso si troverà un accordo e anche Trump penso vada verso quella direzione. Gli ucraini stessi oramai fanno fatica, hanno esaurito gli uomini, le munizioni, di contro anche i russi arrancano, hanno chiamato i nord coreani proprio per questo. Trump è la grande incognita, quanto e in che maniera questa scheggia impazzita influirà? Saranno tempi giornalistici interessanti.
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