Giornalismo
Orsù, alle armi! (Pamphlet in tono minore)
“Dove sono, ormai, i guerrieri d’Europa?”- grida, Antonio Scurati, su “la Repubblica”. La domanda non è affatto retorica in quanto viene formulata dal nostro fine pensatore con una punta di rammarico, come a dire: «Ah, se solo i giovani avessero la risolutezza di una volta, correrebbero in massa a combattere il nemico russo!» Questa, chiaramente, è una interpretazione, sia pure in linea con lo spirito del quesito che pone l’illustre intellettuale, avvicinabile, a quanto pare, a “uno scemo di guerra” di travaglionesca considerazione. Già, perché il giornalista e scrittore insiste: “Per fare la guerra, anche soltanto una guerra difensiva, c’è bisogno di armi adeguate ma resta, ostinato, intrattabile, terribile, anche il bisogno di giovani uomini (e di donne, se volete) capaci, pronti e disposti ad usarle. Vale a dire di uomini risoluti a uccidere e a morire”. Per la miseria quanto coraggio! E quanto pronto interventismo! Le sue sono parole che sembrano far da preludio ad altre di consistenza ben diversa, proferite dal futurista Marinetti: «La guerra, come sola igiene del mondo!» Parole a vanvera, certo, che hanno però effetto tra gli sprovveduti, costituendo quanto basta per spingere verso una guerra a cui, lui, il pallido Scurati, non parteciperà mai, sebbene si sia proposto come ideale luogotenente di leva delle nuove generazioni europee. Vengono in mente le parole di Tolstoj: «Ma come gli uomini, sedicenti illuminati, possono essi propagare la guerra, concorrervi e (…) senza esporsi ai suoi pericoli, spingervi, mandarvi dei disgraziati fratelli ingannati?».
L’interventista che non interverrà, dunque, in un’epoca dove si affrontano, si fa per dire, i temi della crisi economica e politica, ma non quelli della crisi di significato, elargisce dalle pagine di un importante quotidiano italiano uno scritto che dà tutta l’impressione di aggiungersi ai corifei della risorta destra europea, nel tentativo di rimproverare, a chi non è allineato, il sentimento di un pacifismo diffuso, patrimonio comune del modo di stare al mondo e di guardare all’esistenza da parte di tanta gente. Scurati è uomo di lettere e se ne compiace prima di dare il meglio di sé nel suo scritto prezzolato, privo di qualsiasi premessa filosofica. E in quanto uomo di lettere, forse, si troverebbe a disagio se dovesse giudicare l’incidenza degli scrittori e delle scrittrici europee nell’evoluzione del pensiero libero e progredito, presente in tanti libri, saggi, pubblicazioni e nella mente e nel cuore di chiunque ne abbia fatto una lettura entusiasmante. Non a caso, badando a non mescolare la politica con la cultura, il nostro letterato crede ciecamente che gli uomini di testa siano diversi dalle donne e gli uomini di piazza, fino a estendere la differenza a due categorie dello spirito: da una parte, cioè, i detentori di un pensiero, creduto forte e utile, dall’altra i ricevitori di congetture di ogni sorta, proprio come l’articolo in argomento. Ecco, di fronte a un modello generale di deculturazione dell’informazione e della comunicazione, noi europei siamo “populace” maledetta dagli spiriti di Goethe, Hugo, Dickens e commiserata dalla misericordia superiore di Simone Weil, Hannah Arendt, Simone de Beauvoir.
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