Giornalismo

Il Royal Baby di Giuliano Ferrara. #lavoltabuona?

16 Febbraio 2015

                                                                              Illustrazione di Federico Monzani

A Giuliano Ferrara piace la politica fatta da uomini pragmatici, decisionisti (almeno a parole) che vivacizzano la vita istituzionale e mediatica anche attraverso l’atto ludico. Competitivi giocherelloni, bontemponi incoerenti che affermano e poi dopo negano, ma sanno fare il proprio mestiere, #enricostaisereno.

“La leadership personale (bandana, chiodo, tv, vanità, narcisismo) è questo: non ci sono più i partiti come sistema, non c’è un ceto produttivo e borghese, non c’è l’intellighenzia, non c’è la classe con la sua rappresentanza, il populazzo è come in Guicciardini «mille volte uno pazzo», si muove flessuoso tra un’elezione e l’altra, è disponibile all’avventura, al fidanzamento, non appartiene più, non resta che la persona, l’uomo solo al comando di se stesso […]”.

E l’abbiamo visto proprio in questi giorni alla Camera dei Deputati “perché il ragazzo fattosi uomo di Stato è un parricida nato”: approvati tutti gli articoli della riforma costituzionale in un’aula priva di opposizioni politiche. Qualcuno parla di “deriva autoritaria e plebiscitaria” e di offesa alle istituzioni. Ma Renzi tira dritto, #italiariparte #lavoltabuona.

Insomma anche oggi come vent’anni fa siamo davanti ad un’anomalia politica che ha preso il potere. Renzi è l’erede di Berlusconi secondo Ferrara, “ha dalla sua l’imprevisto, la burla, la commedia, una sorpresa politica da palcoscenico, ancora una volta priva di riflessività, di anima, di interiorità ideologica, ancora una volta spettacolare, vaga, improbabile”. Li lega la forte volizione carismatica, il modo di gestione caratteriale del potere. Ma Renzi è un bravo ragazzo, pochi vizi e chissà quante virtù. Chi vivrà vedrà.

Nel Royal Baby leggiamo un Ferrara curioso e impaziente, felice per il nuovo nato e ghiotto dei travestimenti, le frodi, i segreti e le imposture di cui è fatta la politica e di cui continuerà a godere e scrivere. Ben pensanti e difensori dell’onestà come contropotere, manettari giustizialisti sono di mortale noia.

Mi sono chiesto: ma all’uomo italiano basta così poco per invaghirsi di un leader politico? La risposta è sì.

Ecco il ragionamento dell’uomo comune, estraneo a sofisticazioni di poteri e contropoteri: “È uno tosto, ha coraggio […] ha rotto gli schemi di una sinistra infelice e incapace, con i suoi competitori della destra ha un rapporto sano, vuole emulare il meglio che è in loro e sconfiggere quanto hanno di alternativo alla sua visione del paese, viene da una tradizione moderata, cattolica, e risente dell’influenza travolgente del berlusconismo, della comunicazione e informazione televisiva, dell’uso non legnoso della lingua in politica, di una cultura non imbacuccata nell’omaggio alle vecchie ideologie, per quanto ormai da tutti dissimulato in altro. L’uomo comune sente un’occasione. Niente di più”.

È un ragionamento che fila non c’è dubbio. Io stesso non vedo altra scelta oggi se non dare fiducia a questa nuova “anomalia politica” come la chiama Giuliano. In fondo il Paese ha bisogno di stabilità per rimettersi in piedi e dunque di un governo a maggioranza larga (attento Presidente al lavoro di diplomazia con le opposizioni). “Può anche darsi che vada a finire male, è il destino di tutte le avventure, ma intanto ce lo saremo goduti, il fenomeno, il baraccone, prima la massaia e poi il pupo alla guida dello Stato”.

Alla fine di Matteo Renzi sono tutti un po’ invaghiti e curiosi, anche chi rosica. Gli unici forse sono gli attivisti da collettivo sinistrorso, ma a quelli non piace nessuno perché non amano i costruttori ma solo i distruttori. Hanno pruriti ideologici adolescenziali, non riescono a crescere.

Il Presidente invece incarna lo Zeitgeist (con qualche errore, ma la politica non è tale se non nel compromesso) che oggi significa realismo politico e pragmatismo duro senza ideologia, schiaffato su tutto l’universo mediatico. La strategia di sviluppo del paese? #passodopopasso che è #lavoltabuona.

Il Royal Baby termina così: “Largo ai giovani e bando ai tromboni: non ho mai pensato che potesse essere questo un programma civile, invece lo è”. Detto fatto. Ferrara ha lasciato da poco la direzione de Il Foglio a Claudio Cerasa, un giovanotto talentuoso di classe 1982.

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