Giornalismo
Buonamici: “da 32 anni entro nelle vostre case per offrirvi l’informazione migliore”
Cesara Buonamici ha alle spalle quarant’anni di carriera giornalistica. Ha fondato insieme a Mentana, Sposini, Parodi e Mimum il Tg5, che ancora oggi conduce
Quarant’anni di carriera giornalistica, fonda insieme a Mentana, Sposini, Parodi e Mimum il Tg5. Va in onda per la prima volta nel lontano 13 gennaio 1992, da allora molte cose sono cambiate, ma Cesara Buonamici continua a tenerci compagnia nelle diverse edizioni del famoso telegiornale. Anche per chi non è un fedele spettatore del Tg di Canale5, facendo zapping, non può non incontrare il volto di Cesara, per molti diventata oramai una di famiglia.
Questa è solo un’anticipazione di un’intervista integrale che sarà pubblicata nella seconda metà del 2025, in un libro intitolato “Giornaliste Italiane” un progetto nato con l’editore Luca Sossella e che comprende già un primo volume “Giornalisti Italiani” attualmente in libreria. L’idea è quella di proseguire il viaggio, iniziato con i giornalisti, attraverso la storia del giornalismo italiano e del nostro Paese, dagli anni ’70 a oggi. Come già successo per le interviste ai giornalisti, anche per questo secondo volume, alcune parti delle interviste alle giornaliste, soprattutto quelle che riguardano argomenti di attualità, saranno pubblicate in anteprima su GliStatiGenerali.
Fondatrice insieme a Enrico Mentana, Lamberto sposini, Cristina Parodi e Clemente Mimun del TG5, cosa ha significato per lei fare parte del progetto?
Tutto. È stato da una parte l’inizio della crescita, dall’altra è stato davvero sentirsi immersi nel mondo del giornalismo. La parte avventurosa degli inizi si avviava alla fine mentre quella professionale prendeva il sopravvento. Un altro mondo dove si poteva e doveva imparare a essere e fare il giornalista. Mentana ci disse subito di fare attenzione al linguaggio, essere semplici ma non poveri, comprensibili e colloquiali. Per lui il Tg5 era un piccolo agile vascello pronto a cambiare rotta in ogni minuto, seguendo gli eventi. Disse: “non usero’ il gobbo, voi fate come volete”. Naturalmente lo seguimmo. Ci aveva buttato in acqua e noi abbiamo nuotato. Non nego che sia stato entusiasmante, con tanta paura, ma si percepiva che avevamo davanti un mondo diverso che noi potevamo costruire. Eri nessuno ma ti sentivi qualcuno, facevi qualcosa che un giorno avresti potuto raccontare.
Nel 2023 è stata nominata Direttrice ad personam del TG5, cosa ha significato per lei questo riconoscimento?
Fa sempre piacere che l’azienda riconosca quanto fatto e l’impegno prodigato. Certo, sono molto soddisfatta, detto questo, resto quella di prima.
Cosa ha rappresentato Silvio Berlusconi per lei professionalmente e personalmente?
Silvio Berlusconi lo studieranno meglio gli storici. Per quello che mi riguarda ho visto una personalità unica e complessa capace di agire su più fronti, ma sempre con idee precise. Ottenendo grandi risultati, come si è visto. La sua vicenda personale ci racconta qualcosa che non avevamo mai visto prima, ci racconta che un singolo uomo da solo e dal nulla ha potuto costruire più imperi dove nessun altro si era avventurato prima. Dall’edilizia, il primo a costruire non palazzi ma città in miniatura, allo sport, alle televisioni, alla politica, una poliedricità incredibile. Con lui ho sempre avuto un rapporto eccellente e non ho mai sentito il peso della sua personalità, cosa che non sempre si riscontra negli uomini di successo. Mi ha offerto una professione, un mondo di interessi, un futuro personale. Ho solo buoni e bei ricordi.
La più grande differenza fra Silvio e Pier Silvio?
Innanzi tutto le cose in comune che ho visto io. Padre e figlio, due persone accoglienti e gentilissime, e anche questo non è poco tra persone che hanno segnato la vita di una nazione e hanno costruito un mondo di imprese. Ma in comune anche intuito, capacità organizzativa e soprattutto capacita’ di realizzazione con la cura di ogni dettaglio. Dopo di che possiamo dire che il padre era un uomo estroverso, che passava dalla guida dell’impresa alla guida dell’Italia, con naturalezza. Il figlio, anche se più riservato, sa parlare alla gente col cuore e ha una grande capacità di comunicare . È dedito all’azienda e interessato all’Italia. Sono due modi diversi di essere, come capita sempre. Inoltre, non si può parlare di vera e propria transizione generazionale: Pier Silvio è in azienda da più di 30 anni e la gestisce con capacità da 20, non solo mantenendone il prestigio e la competitività, ma addirittura facendola crescere. Un caso unico, segno che l’impresa è stata costruita nel modo giusto.
Ha detto che il GF offre squarci sui comportamenti umani. Cosa l’ha stupita di più in questi due anni?
Dopo decenni di professione ho avuto modo di stupirmi per tante situazioni. Il Gf, più che stupire, è un esperimento sociale. Persone di età, estrazione e fama diverse si ritrovano a convivere in uno spazio ristretto e sotto lo sguardo di milioni di occhi, creano un mondo a parte, senza pressioni esterne, familiari, lavorative o altro. E lì la curiosità: come reagiscono? Sono se stessi? Cosa sono pronti a fare per vincere? Ecco cosa vogliono capire gli spettatori. Quindi si ha l’impressione che alla fine siano costretti ad essere e mostrare quello che sono. Un programma che ti obbliga a rivelarti, a mostrare i tuoi obiettivi, le ambizioni, i vizi, i difetti. Basta aspettare e le verità, piccole o grandi, vengono fuori. Alla fine c’è un vincitore tecnico, quello che ha conquistato più pubblico, ma poi ci possono essere altri vincitori senza premio. Qualcuno ha capito meglio se stesso, qualcuno ha scoperto una relazione, qualcuno si è divertito. Un altro può farsi conoscere per intraprendere altre attività fuori dalla casa. È un gioco non rigido e non gerarchico. Ognuno può trovarci qualcosa.
Ha condotto lo Speciale TG5 sulle elezioni americane 2024, sperava in un finale diverso?
Quando conduci un programma come quello, devi avere un solo obiettivo e un solo desiderio: offrire allo spettatore qualcosa per capire e per riflettere. Le tue simpatie non devono influire. Lo spettatore se ne accorge e ti guarda con sospetto, non si tratta di essere genericamente obiettivi, ma soprattutto sereni nel far crescere la capacità di comprensione, specie in materie delicate come la politica e le sue passioni. Qualunque fosse stato il vincitore una domanda mi ronzava e continua a ronzarmi nella testa: ma il mondo di oggi è molto più a rischio di quello di qualche tempo fa? C’è un baratro da osservare con ansia? Perché forse è dai tempi dei missili a Cuba sotto la presidenza Kennedy, che non assistevamo a una tensione così grave da generare parole come guerra mondiale o armi atomiche minacciate. E se anche queste fossero solo parole non c’e’ dubbio che il mondo che verrà avrà qualche problema in più. Quella pace mondiale che i commerci, la globalizzazione, avrebbe potuto portare, è ad alto rischio. Si torna a parlare di dazi, di ritorsioni, mentre l’emigrazione che è sempre esistita al mondo, è diventato un tema comune che mette paura. E poi non sappiamo se la prossima America vorrà e potrà essere ancora una guida nel mondo o se, con un vecchio tic politico, penserà che è molto meglio dedicarsi a se stessa. E l’Europa si darà un ruolo? E come resterà collegata agli USA? Domande difficili tutte sottintese nelle analisi del voto americano. Il voto di un popolo che ha una sua visione della democrazia che peraltro non è mai nominata nella sua costituzione. E la Cina, l’India, la Russia, solo per citare alcuni paesi, come agiranno per conquistarsi un ruolo più importante sulla scena mondiale? Ci toccherà aspettare ancora per capire meglio.
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