Giornalismo

Battocletti (Sole24Ore): “I giovani hanno paura del futuro e la politica non offre loro una soluzione”

1 Aprile 2025

Nata e cresciuta in Friuli, da sempre terra di confine, da dove nasce e si sviluppa il suo amore per la letteratura mitteleuropea e balcanica. Si laurea in giurisprudenza, come da tradizione familiare, ma fin da piccola la sua vera passione è scrivere, entra alla scuola di giornalismo di Milano e da lì inizia la sua carriera. Cristina Battocletti, scrittrice e giornalista, muove i suoi primi passi nel mondo del giornalismo alla rivista “Diario della settimana”, dove impara a fare i reportage e le inchieste; passa poi alla redazione di IoDonna, dove scopre la sua passione per il cinema e quando viene fondata Radio24 passa le selezioni e inizia a realizzare dei documentari sulla sua terra d’origine. Oggi è nella redazione di Domenica, il supplemento culturale del Sole24Ore, dove si occupa principalmente di letteratura e cinema. La incontro a Milano, parliamo del rapporto fra cultura e informazione, del ruolo dell’intelligenza artificiale, di immigrazione e di come la politica di Trump sta influenzando il mondo dell’entertainment.

Questa è solo un’anticipazione di un’intervista integrale che sarà pubblicata nella seconda metà del 2025, in un libro intitolato “Giornaliste Italiane” un progetto nato con l’editore Luca Sossella e che comprende già un primo volume “Giornalisti Italiani” attualmente in libreria. L’idea è quella di proseguire il viaggio, iniziato con i giornalisti, attraverso la storia del giornalismo italiano e del nostro Paese, dagli anni ’70 ad oggi. Come già successo per le interviste ai giornalisti, anche per questo secondo volume, alcune parti delle interviste alle giornaliste, soprattutto quelle che riguardano argomenti di attualità, saranno pubblicate in anteprima su Gli Stati Generali.

Nel tuo ultimo libro, Epigenetica, racconti una storia che parla di eredità emotiva trasmessa di generazione in generazione, in altri tuoi scritti parli anche di come il legame con un territorio può influenzare lo sviluppo emotivo e il percorso di crescita di una persona (lo dici per Strehler, per Pasolini), del resto anche la tua passione per la letteratura mitteleuropea e balcanica deriva dalle tue origini. Come si interseca tutto questo nelle nuove generazioni che includono sempre di più figli/e di immigrati, provenienti da diverse parti del mondo e che, anche se nati in Italia, si portano dietro un bagaglio multiculturale?

 Credo fortemente che quando una persona nasce in un posto, appartiene a quel posto. Le mie figlie sono nate a Milano, sono milanesi ma conservano una radice forte che molto dipende dall’educazione ricevuta. I ragazzi emigrati di seconda generazione, da ovunque provengano i loro genitori, sono assolutamente italiani, perché assorbono prima di tutto la lingua, perché i bambini vogliono essere accolti e omologati ai loro coetanei. Con la facilità di apprendimento che hanno, saranno subito e soltanto italiani. La radice di diversità che conservano sarà la loro forza, perché con tutta probabilità avranno un’educazione abbastanza rigida, una forza legata alla fatica, figlia delle difficoltà e dei sacrifici dei propri genitori per arrivare fin qui. Il problema di alcune seconde generazioni è l’estremismo, spesso rappresentato tra coloro che non riescono ad integrarsi. Ho assistito l’anno scorso alle giornate del welfare a Milano e il sindaco e l’assessore all’integrazione raccontavano di molti ragazzi che arrivano da noi a 17-18 anni, e sono considerati i più delicati, perché portatori di una cultura di rabbia, di feroce maschilismo che deve essere integrata. La fascia dì età più pericolosa è quella tra i 12 e i 18 anni, è in quella fase che bisogna insistere nel trasmettere un’educazione a rispettare la società che li ospita. Sono circa 20.000 i minori non accompagnati in Italia, solo a Milano circa 1.300, questa è una fascia di fragilità molto forte, che se si insedia nella società metropolitana ha una grandissima possibilità di venire espulsa, buttata fuori, anche colpevolmente, creando un’enclave di valori antitetici a quelli della società in cui si pongono. Ci sono due generi di immigrazione, l’immigrazione della povera gente che arriva per lavorare e generalmente si integra subito e l’immigrazione malavitosa che non riuscirà mai ad integrarsi, soprattutto se si tratta di ragazzi che hanno più rabbia, più energia e quindi sono anche i più violenti. Questa è la grande criticità soprattutto nelle grandi città, riuscire ad accogliere e integrare questi minori non accompagnati.  Il rapper Amir Issaa, oggi anche educatore, racconta la sua riconversione da ragazzo pieno di rabbia delle borgate romane al rapper che è diventato. Da musicista ed educatore spiega il perché noi demonizziamo i nuovi rapper che parlano solo di soldi e usano un vocabolario pieno di parolacce in genere. E li giustifica in parte, perché raccontano quello che vedono, il messaggio che portano nelle loro canzoni è: “abbi tanti soldi, la cosa più bella della tua vita è avere tanti soldi”, questo è quello che trasmette la società e questo è quello che dicono questi giovani rapper, un messaggio esplosivo.

Come si inseriscono in questo processo le politiche anti immigrazione e l’avanzamento delle nuove destre, sempre più votate dai giovani, come sottolinei anche tu quando parli del film “Noi e loro” di Delphine e Muriel Coulin?

La sinistra non riesce a coinvolgere nuovi elettori, votano a sinistra le persone nate negli anni 50-60-70 che credevano in un genere di valori vicini alla cristianità anche laica, ovvero alla solidarietà: la Democrazia Cristiana, il partito comunista e quello socialista. La prima è morta con tangentopoli, i secondi si sono sgretolati pian piano dopo il crollo del muro di Berlino. I comunisti hanno creduto in una mitigazione della formula sovietica, che invece è stata una vera e propria dittatura: è una cosa orribile impedire ad una persona di manifestare il proprio talento e la propria capacità imprenditoriale. C’è anche da dire, che per quanto la sinistra tenti di trovare soluzioni, soffia un vento di nazionalismo difficile da contrastare. Io credo molto nella solidarietà, nella società solidale, anche per mera sopravvivenza, l’uomo vive in comunità quindi la solidarietà è necessaria. Questa sinistra non è capace di “bucare” i ragazzi, perché non riesce a trovare una soluzione alle loro paure per il futuro, anche se la battaglia per il salario minimo è giusta. Usa formule e schemi vecchi che sono troppo lontani da loro. Esistono altre forme di sfruttamento in lavori nuovi sempre in evoluzione che vanno tutelate, oltre a quelle degli operai. Se racconto alle mie figlie cosa sono i partiti, certo possono averli studiati a scuola, ma sono concetti assolutamente lontani dai loro interessi. La destra, invece, sa cogliere le fragilità dei ragazzi sull’incertezza del loro avvenire, soprattutto sul piano economico, e le cavalca, insiste sulla paura dell’immigrato, che rappresenta un cerotto su una ferita molto profonda: l’immigrato arriverà inevitabilmente per questioni ambientali e geografiche. Bisognerebbe, invece, costruire positivamente sull’immigrazione. Il nostro Paese senza immigrati non andrebbe avanti, per prima lo dice l’industria che ha bisogno di forza lavoro. Andrebbero utilizzate le tante strutture dismesse, penso a scuole e caserme, soprattutto al Sud Italia, utilizzando i fondi del Pnrr che rischiano di rimanere inutilizzati (preservando naturalmente quelli sacrosanti destinati a infrastrutture, mobilità, salute, scuola) riconvertendole in centri di formazione per gli immigrati, favorendo il percorso di integrazione e accompagnando anche quelli che non vogliono restare in Italia verso altre destinazioni. Così anche molte fasce sociali deboli del Mezzogiorno potrebbero “salvarsi” dall’abbruttimento della disoccupazione. Le radici vanno coltivate, se tu non coltivi le radici non hai identità. I ragazzi che arriveranno nella nostra città saranno milanesi, ma resteranno sempre un po’ anche marocchini, egiziani, tunisini… Gli immigrati di seconda generazione saranno gli italiani più entusiasti, così come si sentono più milanesi i milanesi di seconda generazione. Credo che la destra faccia bene a preservare una certa idea di nazionalità perché le radici sono fondamentali, ma la paura che calcano del “diverso” è negativissima. Sono reduce dalla manifestazione di Roma, di sabato 15 marzo, a favore dell’Europa di cui sono convinta sostenitrice, dove ho visto pochissimi giovani: i ragazzi hanno bisogno di sentirsi partecipi, non potranno mai sentirsi partecipi nella loro fragilità, se li si tiene in pugno dicendo loro costantemente che non c’è lavoro, che non c’è futuro. Dall’altra parte se la destra continua a dire che chiuderemo le frontiere, che torneremo alla vecchia moneta, ciascuno con la propria bandiera, li terrorizzeremo ancora di più. Perché vogliamo annientare la fiducia dei giovani? Oggi i giovani sono abituati a lavorare a Bruxelles, ad aver fatto uno stage a Parigi, a recarsi in Cina, una chiusura è impossibile. La sinistra non riesce a parlare con i giovani perché offre a loro dei valori a cui non possono credere, cerca di trovare soluzione ai ceti più sofferenti, senza poter capire davvero la loro condizione perché ormai la maggior parte di chi milita nelle file del partito proviene da un ceto medio alto. I valori che tenta di trasmettere, fondati sulla solidarietà, sono corretti, così come sono corretti i valori della destra sul mantenere le proprie radici. Come possono i ragazzi essere vicini a Elly Schlein, una donna ben educata che ha vissuto in maniera internazionale? Si sentono più rassicurati da chi dice loro: “occhio, noi ti preserviamo da chi viene a rubarti il lavoro”, il che è falso! Non sto dicendo che chi guida un partito non debba avere una cultura internazionale, anzi, però deve recarsi nelle periferie non solamente dieci giorni prima delle elezioni, deve trascinare e far sentire l’entusiasmo di andare avanti, con carisma e umiltà. Non ho la ricetta, continuo a votare a sinistra perché ho sempre votato a sinistra, nel ricordo dei valori di quando ero piccola, ma ultimamente faccio molta fatica. Siamo un paese che passa il tempo a lamentarsi, senza rendersi conto dei grandissimi passi che abbiamo fatto dal dopoguerra in poi, in tema di diritti, conquiste sociali, scuola, sanità. Certo, vanno preservati e bisogna sempre vegliare che lo siano. Certo vogliamo buttare via la sanità pubblica? Ma tu pensi che in Francia o in Inghilterra sia migliore? Io sono laica, teniamoci questa radice cristiana che abbiamo, di cura e di solidarietà; nei Paesi anglosassoni la cura è un servizio non è un diritto, da noi invece è un diritto, smettiamola di lamentarci sempre.

La serie M. il figlio del secolo di Wright non trova distributori in America, lo stesso è stato per il documentario No Other Land realizzato da un collettivo palestinese-israeliano, nonostante la vittoria agli Oscar… Trump ha già intentato cause per diffamazione a importanti organizzazioni giornalistiche, come la CBS, che ha lo stesso CEO di Paramount+. Insomma oggi negli USA il rischio che venga messa a tacere l’informazione di un’emittente che comprenda anche una piattaforma di streaming è alta. Tutto questo come influenzerà l’industria del cinema e dell’informazione, non solo in America?

 Tutto ciò che viene proibito fa benissimo al prodotto, pensa ad esempio al film “L’ultimo tango a Parigi” che venne censurato, diventa una grande pubblicità. Trump cerca veramente di raccogliere l’acqua con un cucchiaio. “No Other Land” è importantissimo anche se non verrà distribuito, una vera stupidaggine, visto che oggi puoi craccare come vuoi le piattaforme e vederlo gratuitamente. Quindi chi lo vuole vedere ha la possibilità di farlo, sicuramente i soldi li troveranno da altre parti per fare un secondo film, questa ostruzione non creerà nulla, se non un volano pubblicitario. La piattaforma troverà un altro modo di vivere magari sotto un altro nome, ci sarà sempre qualcuno che finanzierà l’opposizione. “M” l’ho trovato bellissimo, Richard Wright è bravissimo, come è stato bravissimo Marinelli perché ha iniziato gradatamente a creare il personaggio, poi ha spiegato esattamente il pericolo attuale del populismo spiccio. (lasciamo perdere i problemi di tipo storico, se non c’è stata aderenza alla storia, se ci sono stati dei falsi… ) Se ci pensi Mussolini è un instagrammer pazzesco. “M” non ha spiegato soltanto che cosa Mussolini è stato negli anni 20-30 e poi 40, in un’Italia in cui c’era un altro popolo, un’altra economia, c’era tutt’altro, ma ha spiegato quali sono i pericoli di adesso. È pericoloso Instagram, è pericoloso YouTube? Certo che sono pericolosi, vanno usati con responsabilità. Se tu hai 18 milioni di follower e dici una cosa tipo: “la sanità italiana è in pericolo”, oppure, “verranno chiusi tutti i conti correnti bancari perché le banche stanno fallendo”, un sacco di gente potrebbe crederti e correrà a prelevare in banca i propri risparmi. Ma allo stesso modo non si torna indietro: i nuovi messi di comunicazione esistono. “M”, il figlio del secolo” ha spiegato il pericolo di questo. Il Mussolini instagrammer è al centro, gli altri sono tutti succedanei, dice tutto e il contrario di tutto, esattamente come può dire un instagrammer o uno youtuber spregiudicato. “No Other Land” racconta come un popolo non si possa spodestare dalla propria terra, manca l’aspetto israeliano di quello che è successo, Netaniyahu sta approfittando della strage orribile del 7 ottobre per trasformare Israele in uno stato invasore.

Foto di copertina di Maria Cristina Vimercati
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